Le donne: amazzoni o visionarie? A colloquio con Isa Maggi

da | Set 9, 2019 | Donne e politica

intervista di Marta Ajò

 

 

Con Isa Maggi*, promotrice e coordinatrice nazionale degli Stati Generali delle Donne, cerchiamo di fare il punto sulla nascita del nuovo esecutivo giallo-rosso a guida Conte-bis: 21 ministri di cui solo 7 donne. Dopo queste scelte politiche cambierà qualcosa? Quale il ruolo? Quale l’azione?

Certamente presidieremo gli spazi dove si genererà nuovo lavoro per noi donne, dove si creeranno strumenti e opportunità per le imprese delle donne, dove si costruiranno strumenti adeguati per contrastare la violenza di genere Saremo proattive e propositive. Non siamo né amazzoni né visionarie ma, concretamente consapevoli della nostra storia passata, viviamo fortemente ancorate al presente e volgiamo lo sguardo al futuro. Abbiamo tutte le carte in regola per puntare in alto e chiediamo lo spazio che meritiamo.

Il destino della democrazia paritaria, dal Governo del cambiamento al Governo della discontinuità e nel nome del nuovo “Umanesimo”, sappiamo che richiede ancora del tempo. Lo sforzo compiuto dal Presidente del Consiglio per raggiungere un equilibrio tutto interno alle forze politiche ha limato e implementato i punti del programma. Eppure i temi che riguardano le donne sembrano ancora una volta troppo sfumati. Quale è il tuo parere?

Il Governo Conte bis ha deciso di dare più visibilità alle Pari Opportunità ma in un Ministero abbinato alla Famiglia : ora ci attendiamo misure concrete destinate alla parità.

Le 7 ministre vanno a coprire incarichi di prestigio ma non risulta, a parte la ministra Bellanova, che abbiano espresso una particolar attenzione alle politiche di genere. Disinteresse o “ignoranza”?

Nessuna di queste Ministre rappresenta infatti il movimento delle donne, nessuna è sostenuta da un qualsivoglia visione politica votata da un elettorato femminile e/o femminista.

Quindi?

Quindi hanno bisogno di noi come noi di loro. Ma mentre noi lo chiediamo da sempre loro ce lo devono ancora chiedere. Che ce lo dicano, che ci chiamino a svolgere ruoli ed incarichi. Le donne non sono solo escluse dalle poltrone, ma le questioni che le riguardano non sembrano figurare nemmeno tra le priorità del programma della nuova coalizione: si parla di sostenere le famiglie senza richiamare la disuguaglianza nella gestione domestica e la mancanza di sostegno alle donne perché riescano ad armonizzare la vita familiare e quella professionale. Si parla di sicurezza e giustizia ma non si richiama la violenza domestica.

Nostro malgrado, le donne della politica hanno vissuto spesso la questione di genere da un lato come trampolino di lancio dall’altro come un limite. Una volta raggiunte posizioni tipicamente maschili hanno teso a smarcarsene il prima possibile. Non generalizzo ma certo come osservatrice lo rilevo.

Per molta politica “ il genere” è ancora considerato per lo più come una storia di donne e le politiche di genere non sono attuate in modo efficace. Noi siamo diventate nel tempo le custodi antiche e pasionarie di temi e criticità che non interessano a nessuno.

Certo le politiche attive hanno dei costi che bisogna considerare nel bilancio delle spese complessive. Forse anche questo ha rappresentato un problema.

I bilanci stanziati per “ le questioni di genere” nelle politiche settoriali sono cifre a volte inesistenti. Per compiere progressi decisivi, una forte volontà politica deve venire dal livello molto alto, anche da Ministeri chiave come lo Sviluppo economico, il MEF e la pianificazione strategica a capo della Presidenza del Consiglio.
Ma la debole implementazione delle politiche di genere non è solo un problema di finanziamento. Ci sono in realtà molti altri ostacoli e fattori di rischio: una forte e radicata resistenza istituzionale alle iniziative di genere, una generale sotto-rappresentanza delle donne nella sfera pubblica, la profonda diversificazione territoriale. Parlare e risolvere il problema della disoccupazione femminile in Lombardia è diverso che in Sicilia, a fronte di differenze culturali, geografiche, antropologiche, economiche.

Vuol dire che, oltre ai finanziamenti, il problema più grande è rappresentato da una mancanza di sensibilità politica, alla scarsa rappresentanza e alla mancanza di competenze corrispondenti alle questioni sollevate?

Di donne competenti ce ne sono e devono essere impiegate per risolvere le criticità che stiamo vivendo: una crisi economica con forte recessione, una guerra di dazi commerciali come mai si era vista, crisi politiche e focolai di guerre in moltissime zone del mondo, oltre ad una crisi ambientale e climatica nuova per l'intera umanità, una drammatica disoccupazione femminile.

Ovvero una presenza-partecipazione attiva che veda le donne protagoniste dirette della politica “tutta” e non solo fruitrici passive di una politica di genere?

Non possiamo più delegare e ritardare questo processo democratico: il nuovo “Umanesimo” del presidente Conte deve fare i conti una presenza attiva e numerosa delle donne nella partecipazione alla vita politica ed economica del nostro Paese.

Abbiamo detto “non visionarie” ma il futuro delle donne come può ridisegnarsi?

Oggi più che mai è necessario ribellarsi a quello che erroneamente si considera un destino
“ immutabile” delle donne e la partecipazione collettiva è necessaria per creare una rete di solidarietà e di azione oltre ogni appartenenza. Si può essere certi che da oggi la partecipazione delle donne sarà numerosa e rumorosa ma il passo successivo sarà di guardare alla costruzione di un piano B, diverso e sicuramente più impegnativo sul piano politico, mirato a pretendere futuri impegni concreti e soluzioni chiare ed inderogabili.

Dobbiamo rompere un altro muro, ben più solido di quel “tetto di cristallo” di vecchia memoria?

Con il coraggio proprio dei “disperati”, il movimento delle donne sarà in grado di elaborare ed organizzare non più una forma di resistenza attiva-passiva piuttosto quello di lotta attiva-organizzata. L’unico modo per abbattere il vecchio ma ancora resistente “tetto di cristallo” è quello di “armarsi di piccone”. E in battaglia non si vince con l’inadeguatezza delle armi ma con la forza di un battaglione agguerrito.

Diciamo che la resistenza delle donne è stata abbondantemente messa alla prova. Siamo già in ritardo se pensiamo che il mondo sta andando avanti ad un velocità alla quale stentiamo ad adeguarci. Come prendere in mano il nostro futuro?

Tutto ciò che si poteva mettere in campo con “le buone maniere” è stato fatto ma, la politica si combatte con le stesse armi dell’avversario che vuol dire forza numerica, organizzazione e sostegno economico alla causa. Ovvero realizzando ciò che è stato sempre scartato, fingendo di essere già integrate in un sistema che le ha spesso ricacciate, che non ha intercettato i nostri bisogni relegandoci in uno spazio inaccessibile a chi deve svolgere e mettere insieme più di un lavoro.

Si deve passare ad una fase successiva nella quale le donne trovino la forza per contrattare in una logica di potere elettorale e politico paritario?

Le donne non avranno mai uno spazio dentro le attuali forme di partito, costruite ed alimentate da una classe politica che non intende cedere il passo né di trasformarsi.
Per questo forse è arrivato il momento “di contrapporre ad essi un nuovo soggetto politico, un movimento ancora in embrione, con caratteristiche differenti ma con uguale diritto ad affermare valori, conquistare rappresentanza, cambiare pratiche e modalità anche di stile e di linguaggio. Un soggetto politico autonomo capace di proposte ed azioni concrete.
Forse è più facile organizzare una piazza che un soggetto politico ma se tutte le rappresentanze femminili che si muovono nel Paese, per quanto provenienti da percorsi differenti, associazioni, gruppi, movimenti, comitati, commissioni, partiti ecc., si ritrovassero a discutere insieme la nascita di questo soggetto potrebbe essere possibile.
Non è più il tempo di raccontarsi, di dialogare fra di noi, spiegarci ciò che sappiamo da tempo, ci siamo già detto tutto. Né tanto meno di lamentarci di una politica non accogliente o chiedere un cambiamento che non arriva. Piuttosto è il momento di riorganizzarsi, di portare avanti le campagne e le iniziative in modo autonomo e senza dovere compiacere, di essere riconosciute a pieno diritto di pensiero e originalità, consapevoli dell’importanza dell’unità per dare voce e sostenere il bene comune”.

Sembra strano doverlo ammettere ma spesso abbiamo dovuto constatare che la cosa più difficile è proprio realizzare un progetto comune.

Gli SGD sono il risultato dell’adesione ad un “Patto per le donne” a cui hanno aderito donne e uomini di diversa provenienza e di diversa appartenenza, istituzioni e rappresentanti di esse. Il lavoro svolto è stato enorme e gli impegni futuri sono già in costruzione. C’è tanto da raccontare e da chiedere. Da proporre e fare tutte insieme.

Se anche questa volta le speranze dovessero andare deluse, le forze dissipate, le intelligenze ignorate e le richieste inascoltate, cosa resterà infine?

Dipenderà solo da noi, dalla nostra determinazione e dalla voglia di farcela. Immagino un contenitore politico trasversale, libero e indipendente, a geometrie variabili, con alleanze differenti che basa la sua azione su tre temi fondamentali per noi donne, all'interno di un modello di sviluppo di sostenibilità:
– un piano nazionale per l'occupazione femminile
– misure di sostegno alle start up femminili e formule adeguate per l'accesso al credito
– vere misure per contrastare la violenza
I giovani ci chiedono di intervenire perché il tempo sta per scadere.
Ci chiedono un cambio di programmazione in questa nuova era digitale per creare lavoro.
Le donne ci chiedono di costruire un mondo senza violenze e sopraffazioni, di dar valore alla loro sensibilità e concretezza nella comprensione dei problemi che soffocano la creazione di un rapporto responsabile nelle famiglie e tra generazioni e luoghi diversi.
I nostri traguardi sono il futuro di lavoro per le nuove generazioni ed il superamento della retorica e della liturgia dei partiti tradizionali.
Il nostro progetto punta sul cambiamento, contro le resistenze ad un'integrazione completa.
Il nostro progetto è al fianco delle famiglie, dei bisogni delle persone, della Madre Terra e della creazione di lavoro.
Scommettiamo sulla sostenibilità, la ricerca e la costruzione del domani. La sfida è avviata.

 

 

 

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*Isa Maggi, madre di quattro figli, ha studiato Economia e svolge dal 1985 la professione di dottore commercialista. Con gli Stati Generali delle donne sta portando in tutte le regioni italiane l'attenzione sulla necessità di creare lavoro per le donne e su il Patto per le donne.

Nel 1997 ha fondato lo Sportello Donna, per sensibilizzare sui temi della parità del lavoro femminile, delle imprese rosa e dello sviluppo locale. Nel 2005 lo Sportello è stato riconosciuto primo incubatore di genere in Europa. A novembre 2011 è stata nominata Presidente della rete nazionale dei Business Innovation Center che fa parte della rete europea Ebn, casa europea delle nuove imprese, degli start up e dell'innovazione. Ora è concentrata a finire i lavori di Villa Gaia, una casa per donne vittima di violenza e in difficoltà economica e sociale in fase di riprogettazione del proprio percorso personale e lavorativo.

*Marta Ajò, giornalista e scrittrice, proprietaria del Portale delle Donne donneierioggiedomani.it di cui è direttrice editoriale e general manager