di Linda Laura Sabbadini*
Lo stallo crea squilibri e diseguaglianze l'obiettivo è una crescita con più equità.
Una doppia buona notizia.
Il dato Istat di dicembre ci dice che abbiamo raggiunto il tasso di occupazione che avevamo nel febbraio 2020, il 59%. Prima della pandemia. Non solo. Il tasso di occupazione femminile è superiore a quello di allora di 0,5 punti.
E quello dei giovani di 25-34 anni di 2 punti. Certo, dovremo vedere se il dato si consoliderà nei prossimi mesi. Ma, attenzione, accanto alla doppia buona notizia vanno considerate tre criticità che dobbiamo saper affrontare.
La prima riguarda il volume di occupazione, cioè il numero di occupati. A causa del calo della
popolazione sempre più accentuato, il numero di occupati è ancora parecchio più basso di
quel febbraio 2020. Non basta, dunque, recuperare il tasso di occupazione, cioè la porzione di
popolazione occupata, ma è necessario incrementare molto il numero di occupati. Anche perché
il peso della popolazione in età pensionabile cresce a ritmi elevati con le generazioni dei baby
boomers. Obiettivo delle politiche deve essere, quindi, il numero di occupati, non basta il tasso di
occupazione.
Bisogna partire dalla componente femminile , non solo per un motivo di equità, ma anche
perché è quella che presenta un sottoutilizzo di capitale umano enormemente più accentuato.
Ricordiamoci che siamo ultimi in Europa per tasso di occupazione femminile delle 25-34enni, più
istruite delle altre generazioni.
Seconda criticità. Gli squilibri di popolazione si accentuano tra gli occupati. I lavoratori giovani fino a 34 anni sono solo il 23% degli occupati. Esattamente la percentuale di 50-64enni a dicembre 2008. Peccato che il peso degli ultracinquantenni è salito al 36,8% a dicembre 2021, cioè in soli
13 anni!
Se non porremo rimedio come vinceremo le sfide del futuro? Dove troveremo le professionalità
necessarie? I giovani tra 25 e 34 anni hanno raggiunto lo stesso numero di occupati di febbraio
2020, cioè circa 4 milioni, crescendo di 2 punti percentuali di tasso di occupazione. E ciò non è
bastato: vanno recuperati ancora 7 punti di tasso di occupazione persi da dicembre 2007. Allora i giovani fino a 34 anni rappresentavano il 30% degli occupati.
Terza criticità. La crescita dell'occupazione si è realizzata con un incremento del lavoro precario e
a tempo determinato e un crollo di quello autonomo da lontano. Ciò è coerente con l'aumento di occupazione giovanile e femminile, perché sono proprio questi i segmenti di popolazione
più coinvolti nella precarietà.
E proprio i lavoratori e le lavoratrici precari e irregolari erano stati quelli più colpiti nel 2020. Sul totale degli occupati, i lavoratori a tempo determinato rappresentano il 13,5%. Erano 1110,8% a maggio 2020.
E soprattutto in un anno sono cresciuti di 434 mila unità.
In sintesi, è fondamentale sfruttare l'opportunità del Pnrr, ma non solo, per aumentare il numero di occupati e la qualità del lavoro creato. Serve una strategia di crescita dell'occupazione
femminile e giovanile strutturale, che sia sintesi di politiche attive del lavoro, sviluppo delle
infrastrutture sociali soprattutto in campo pubblico, forte sostegno all'imprenditoria femminile e
giovanile, politiche di condivisione del lavoro familiare. Serve dotarsi di un obiettivo numerico di crescita occupazionale da perseguire e utilizzare lo strumento della valutazione di impatto delle
politiche. Serve garantire un più alto livello di qualità del lavoro, conche, ahimè, viene meno precarietà e più salari, e di abbattimento del part time involontario, soprattutto
femminile, ormai triplo rispetto al livello europeo.
*Linda Laura Sabbadini è direttora centrale Istat. Le opinioni qui espresse sono esclusiva
responsabilità dell'autrice e non impegnano l'Istat.
La Repubblica, 02/02/2022