“Se la felicità… Per una critica del capitalismo a partire dall’essere donna”
di Alessandra Bocchetti, Christa Wolf, Rossana Rossanda
Edito da Vanda Edizioni, 2021
Tre donne, tre scrittrici, tre modi di “leggere” il femminismo diversamente. Due italiane, una tedesca, più oggettiva e legata alla realtà contemporanea quest’ultima, le italiane appaiono delle teoriche della personalità femminile, a tratti.
E poi cosa è la felicità per una donna? Niente di nuovo o di fondamentalmente differente da quella vissuta in una dimensione maschile. Ma perché ancora ci sentiamo diverse dal sentire dell’uomo?
Provare felicità è una dimensione umana, ma sembra che per le donne sia un’occasione più rara e difficile che le nostre madri raccontano meno frequentemente della loro infelicità. In un mondo capitalistico, dove l’utile è relegato alla produzione di gadget di lusso o di illusoria effimera rincorsa ad un ideale di bellezza che porti alla felicità.
In una società in cui la donna viene ancora sottopagata rispetto all’uomo e il mondo produttivo è in stretta coincidenza con lo sfruttamento della forza-lavoro “degli umiliati e dalle umiliate”, ovvero tutti coloro che lavorano, non uno di meno. Non solo ormai gli operai, ma anche gli impiegati, i medici, gli infermieri, le insegnanti, le manager di multinazionali, i funzionari delle istituzioni e perché no, anche gli addetti alla giustizia, carabinieri, polizia di stato, giudici che, con fatica, devono condannare i politici corrotti del governo(!), e altri lavoratori e lavoratrici, vittime del potere padronale e patriarcale. Tutti uniti nel favorire un potere accentrato e privo di dignità e rispetto ma che evita di favorire o di generare una critica della qualità della loro vita, creando infelicità e disparità sotto ogni punto di vista.
Questo potere padronale prevede un quasi silenzio-assenso nel sottomettersi alla logica della sopravvivenza, mera banale e disumana via per stare in vita, non altro. Non una vita di dignità e rispetto, di autonomia e benessere per tutti e per tutte. Che dia, insomma, una vera felicità!
E’ il 1992, anno in cui queste scrittrici si riuniscono per questo dibattito presso il Centro culturale “Virginia Woolf” di Roma. Il dibattitto ha evidenziato come la questione appartenga anche alle operaie che vengono sfruttate, anche in zone dell’Europa dell’Est o in Cina, una volta zone “rosse”, ovvero socialiste.
Questi discorsi vengono affrontati dalla Rossanda sotto la sconfitta del suo comunismo, dalla Wolf, donna che ha visto la spaccatura delle due Germanie, dell’Ovest e dell’Est risolversi a stento e con dolore, con l’ottica realistica di una società impoverita dalla mancanza di libertà e di comunanza fra le donne.
Tutte si sono interrogate sulla motivazione, sulla sete di sapere, sulla conseguente scarsa voglia di un sapere della propria condizione sociale e politica in generale, che separi questioni di, appunto, potere economico e questioni umane.
Per conto mio, nel mio dialogo interiore sulle questioni che le autrici citate portano avanti, mi sorge una domanda… Ma se al posto di un padrone, ci fosse “qualcuno” democratico e rispettoso dei diritti civili, la felicità sarebbe un’occasione e un’emozione forte più probabile? E se fosse una donna democratica a rappresentare la dirigenza del pensiero di sinistra? Rossanda ha fatto il mea culpa nel momento in cui dice che la sinistra di un tempo non ha prodotto che alienazione e impoverimento di ideali, o almeno ha favorito una destra più forte e più violenta, con l’annichilimento del valori umani, per dire le cose più immediate e urgenti da modificare e combattere come sostiene Elly Schlein, segretario del PD, partito democratico, all’opposizione di governo.
Che parla di dignità e di rispetto, di maggiori diritti, la lotta al salario minimo e al diritto alle cure mediche gratuite, un rispetto dell’ecologia. Una maggiore parità salariale tra uomini e donne, uno stage non così sottopagato, come in entrambi i casi.
Concludo affermando che la dimensione proposta nel libro, di lotta di ideali per una felicità, per una qualità di vita migliore, in altri termini, mi ha entusiasmato. Creando lo spazio per un quasi ottimismo di sinistra, o chissà, di una messa all’opera di sinistra, sperando nel futuro di una vera democrazia!