Tra le due rive
di Irma Kurti
Casa Editrice Kimerik
Irma Kurti, giornalista, autrice di testi musicali, poetessa, e ora anche scrittrice. È nel 2010 infatti, in Albania – il suo paese natale -, che ha dato alle stampe “Midis dy brigjeve” (Tra le due rive), libro intensamente autobiografico e denso di lirismo, con cui ora si presenta al pubblico italiano.
Albania e Italia, “le due rive”: in esse vivono i ricordi dell’autrice, la cui anima è perennemente divisa tra la voglia di partire, il desiderio di lasciare il proprio paese e la nostalgia struggente, il malinconico tormento di tornare a casa. Uno stato di perenne inquietudine che ne segna l’educazione sentimentale, la formazione spirituale, e che le fa vivere ogni esperienza – che sia in Italia, in Albania, o in uno qualunque dei numerosi brevi viaggi all’estero, – con un senso perenne di “fuga”. Così anche nel desiderio di trovare il lavoro giusto, la realizzazione professionale in accordo alle aspirazioni più profonde, e nella ricerca dell’amore, in ossequio al più puro ideale. E tutto questo fino a quando un evento doloroso non giunge improvviso a sconvolgerne l’esistenza: la malattia prima, e la morte poi, dell’amatissima madre, Sherife, di cui percorre gli ultimi mesi di vita, e a cui l’autrice ha già dedicato una raccolta di poesie, Puthja e fundit (“L’ultimo bacio”). Ed è qui, in questa circostanza luttuosa, nel dramma dell’angoscia, che il libro rivela la sua forza e la sua identità.
Un canto di dolore, un urlo straziante, un pianto soffocato che si stempera nei ghiacci del silenzio, un inno d’amore alla persona più cara; un flusso ininterrotto di avvenimenti, sentimenti, emozioni, sogni infranti che si mescola nei ricordi d’una vita, che cerca dentro di sé le ragioni della propria sopravvivenza e insieme ripete all’infinito la sua disperazione. In questa fluttuazione di stati d’animo che la squarcia in due, tra la ricerca di sé e dell’amore e l’incapacità a provare il piacere di vivere ed amare ancora, l’autrice ripercorre i tratti salienti della propria vita, attraverso un itinerario emotivo tutto interiore. I fatti non sono narrati in successione ma come evocati, l’uno dopo l’altro, da una parola, da un suono, da un ricordo che torna alla mente più vivo e apre la via alla corrente dei pensieri. Tanti sono gli accadimenti passati al vaglio, alcuni piccoli, trascurabili, eppure quanto toccanti nella loro disarmante semplicità, nel loro aspetto così quotidiano da colpire il lettore per l’immediatezza! Altri invece di più ampio respiro, per il delinearsi degli snodi fondamentali in ambito lavorativo – i primi passi come autrice di testi, le partecipazioni ai festival, i fallimenti e le vittorie, le delusioni e i trionfi – e in quello sentimentale, la prima storia d’amore – le paure e i freni dell’adolescenza, la forza del sentimento, il rimpianto per non averlo vissuto – e poi l’amore vero, la passione e la sofferenza di una “storia senza storia”. E tutto questo dentro la cornice di un’epoca storica, quella del regime comunista, d’una mentalità chiusa, tradizionalista, ideologizzata, di cui l’autrice porta i segni sulla propria pelle, e di cui traccia un crudo ritratto, con il coraggio di raccontare la propria esperienza anche là dove può far discutere (ma proprio per questo stimola il dibattito).
In questo lungo “viaggio” la perdita della madre fa da leitmotiv, ritornando a più riprese nella trama tristemente sofferta del testo; ed è in virtù di questa perdita che sorge tuttavia un equilibrio, certo ancora precario, non privo di dubbi e incertezze, ma del tutto nuovo: la scelta di rimanere in Italia per restare accanto alla tomba materna, e la nascita di un sentimento d’amore diverso da quelli già sperimentati.
Ad accompagnare l’intensità di questo cammino, una scrittura commovente e accorata, semplice e diretta, che arriva dritta al cuore del lettore; una scrittura intrisa d’una musicalità dolente che esprime l’universalità della pena e regala alla prosa un inconfondibile tono di vibrante poesia.