Quando ci si trova nella sala d’attesa di un qualche professionista, dal parrucchiere, ma anche sui mezzi pubblici o per strada capita a volte di ascoltare involontariamente discorsi, confessioni che sarebbe meglio non venissero divulgati, ma per un inconscio impulso a confessare, come direbbe Theodor Reik, vengono invece fatti ascoltare ritenendo non vi sia nessun orecchio indiscreto nei dintorni. Quanto sto per narrarvi è quanto mi è capitato di assistere qualche tempo fa mentre attendevo il mio turno per una visita medica.
Un signore era stato chiamato e parlava tranquillamente al cellulare senza che nulla del contenuto di ciò che diceva trapelasse quando ad un tratto iniziò ad infervorarsi e il suo tono di voce da placido e discreto che era, gradualmente cominciò ad alzarsi. Probabilmente non si rese minimamente conto che stava rendendo partecipi oltre al suo interlocutore anche le altre persone presenti e forte anche del fatto che nessuno desse cenni di intolleranza continuò a discutere con lo stesso tono di voce. Dopo breve tutti si resero conto, tranne l’interessato, immagino, che quanto stava dicendo era di una delicatezza estrema, parlava infatti di un certo tipo di azioni al limite della legalità in cui erano coinvolte persone dell’ambiente medico conosciute ad alcuni presenti.
Tutti si guardarono in faccia con sguardi interrogativi e qualcuno se ne andò pure. Solo allora l’incauto signore si accorse della tremenda gaffe che aveva fatto e cercò inutilmente di scusarsi con i presenti, ma ormai il danno era fatto. Anche a me capita a volte di fare o ricevere telefonate al cellulare con degli estranei presenti, ma dopo quella volta, con la consapevolezza che possono accadere situazioni in cui involontariamente ci si possa trovare in condizioni come quella appena narrata, ora in pubblico, il cellulare lo uso, al massimo, per sapere le previsioni del tempo o per dire di buttare la pasta.
Mnemosine di Max Bonfanti ©Riproduzione riservata