L’avvocata Silvia Lorenzino, diventata punto di riferimento per i reati da codice rosso: “Di certo non è un effetto voluto ma si è capito subito, con la nuova legge, che si sarebbe verificato questo problema”.
Ci sono due velocità nei procedimenti per le donne vittime di violenze e maltrattamenti. “Il codice rosso ha generato una grande accelerazione nella fase iniziale delle indagini, ma poi il processo si trasforma in un incubo lunghissimo e a volte le donne preferiscono uscirne per il troppo stress”, spiega Silvia Lorenzino, avvocata diventata un punto di riferimento per le donne vittime di violenza.
Il rallentamento dei processi è stato un effetto imprevisto del codice rosso?
“Certamente non era un effetto voluto, tuttavia si era capito fin dalla prima lettura del testo che queste sarebbero state le conseguenze”.
Quali sono i problemi in concreto per le vittime?
“Moltissimi processi ora sono collegiali ma la carenza di magistrati comporta una grande difficoltà a trovare tre giudici per comporre i collegi. Poi è complicato fissare le udienze perché tutti e tre a loro volta hanno impegni con altri processi quindi i rinvii sono molto lunghi se l’imputato non è sottoposto a misura cautelare. E quando si trova un giorno libero per i magistrati, per gli avvocati è praticamente impossibile chiedere un rinvio, anche di fronte a esigenze motivate. Inoltre per ottimizzare le udienze si fanno istruttorie lunghissime, che durano diverse oree sono molto difficili da affrontare per le vittime. A volte, poi, capita che un giudice debba essere sostituito per varie ragioni e l’istruttoria subisce un altro rallentamento”.
Prima del codice rosso non era così?
“Prima i maltrattamenti erano solitamente monocratici, ora quandoi c’è l’aggravante della violenza assistita dei figli sono collegiali. Inoltre il codice rosso, accompagnando maggiormente le donne a fare denuncia, ha fatto emergere anche violenze sessuali che prima restavano sommerse e anche quelle sono ovviamente collegiali”.
Come reagiscono le donne?
“Patiscono, quasi tutte si lamentano e alcune, se non supportate dai centri antiviolenza, cercano di uscire dal processo. Le parti offese vivono uno scossone quando passano dall’accelerazione durante le indagini a questi tempi che invece sono estremamente dilatati poiché dopo l’udienza preliminare passa moltissimo tempo prima della fissazione del dibattimento. Sia chiaro: per le donne il rito collegiale è una tutela maggiore piuttosto che essere esposte alla valutazione di un solo giudice, ma stando così le cose diventa un peso”.
fonte: La Repubblica, 29 agosto 2022