Dal 2009 lo stalking è reato. Che cosa è lo stalking? Un odioso comportamento messo in atto da un o da una ex che non accetta la fine del rapporto di coppia: questa mancanza di accettazione si traduce in telefonate fatte a tutte le ore, SMS spediti in quantità, appostamenti sotto casa ma nei casi più estremi in vere e proprie aggressioni fisiche. Una situazione di pesante condizionamento psicologico che spinge la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita e, nelle situazioni più gravi, la persona in questione vive una circostanza tanto opprimente che la può condurre alla malattia del corpo.
Nella maggior parte dei casi sono le donne ad essere vittime degli stalker, anche se esiste una percentuale di maschi tormentati da una ex: lo stalking è una piaga che emerge sempre più grazie al coraggio di molte vittime a denunciare.
Ne esiste però una forma più subdola e meno appariscente, magari nata dalla fantasia di una mente disturbata che si convince, a causa del suo delirio, di essere oggetto di interesse amoroso di qualcun altro. Può giungere l’invito a frequentarsi che, se rifiutato, da origine alla reazione crudele del tormento: la vittima sente nell’aria la presenza del suo aguzzino senza mai vederne concretamente la presenza: questo tipo di soggetto è strisciante e non si espone mai al punto da prendersi una denuncia.
Chi si sente in una simile circostanza deve raccogliere prove che seppur flebili possono aiutare a sopportare l’attesa: prima o poi lo stalker mascherato farà un passo falso ed è allora che si potrà intervenire anche legalmente, nel frattempo chi si sente minacciato deve cercare solidarietà per fare terra bruciata intorno al disturbatore.
Ho deciso di trattare questo argomento spinta dalla domanda di una lettrice che un po’ provocatoriamente mi ha chiesto se possiamo considerare Socrate il primo stalker della storia.
Domanda curiosa che non ho lasciato cadere come solo provocatoria. Socrate nella sua singolare attività di maieuta dell’anima era paragonato ad un tafano: “ronzava” intorno all’interlocutore con l’insistenza di un fastidioso insetto senza interrompere la sua azione fintanto non fosse giunto al risultato prefissato.
L’obiettivo di Socrate era sconfiggere gli stereotipi, quelle idee preconfezionate assunte senza messa in discussione dall’educazione e dalla cultura dominante, per cui le persone agiscono e pensano senza porsi domande personali ma seguendo l’onda del luogo comune. Aver cura di sé nell’ottica socratica, di cui sono una convinta sostenitrice pratica, vuol dire mettere in grado per essere in grado, significa insegnare ed imparare a porsi domande nell’ottica di darsi risposte nate appunto da una riflessione libera dal sentito dire, dal riportato, dal non imparato dalle fonti.
La cura di sé in senso filosofico-socratico significa in ultima analisi imparare l’auto-aiuto per poter scegliere, decidere, agire e vivere l’esistenza secondo una libera valutazione: diventare così capaci di non seguire dettami imposti o suggeriti da “fuori”. Significa imparare una volta per tutte.
Forse il non mollare mai di Socrate, il suo non lasciare l’interlocutore se non dopo aver tentato ogni strada possibile, può ricordare l’atteggiamento dello stalker, ma a differenza del disturbatore patologico, il Nostro filosofo importunava ed esasperava per un nobile fine: la liberazione dagli stereotipi. Chi si trovava in compagnia di un simile tafano aveva l’occasione di partorire idee personali e di liberarsi dai pregiudizi, quelle gabbie mentali che Bacone definì, molti secoli dopo, idola secondo una classificazione in idola della spelonca, della tribù, del foro e della caverna; con questa presa di coscienza egli stabilì quali fossero gli ostacoli al cammino della scienza.
Altrettanti ostacoli si interpongono anche ora sul cammino dell’uomo impedendogli di raggiungere un modo di pensare libero e produttivo. Possiamo immaginare come il fortunato interlocutore di Socrate rinascesse a vita nuova, ma ancor oggi è possibile ri-nascere grazie a tutta la ri-elaborazione del suo pensiero, ri-elaborazione e adattamento alla vita dell’umanità del terzo millennio.
Tornando al quesito sulla natura tormentatrice di Socrate, possiamo concludere affermando che nulla di così nobile si può affermare dello stalker, egli è un disturbatore sterile: produce disarmonia e malattia invece di armonia e salute dell’anima. Ma se la vittima si rifacesse al nostro filosofo mettendo in pratica la sua strategia e diventando in grado di disturbare, di stare col “fiato sul collo” al proprio aguzzino, forse qualcosa di nuovo potrebbe accadere.
Questa mia riflessone può aiutare ad una alternativa analisi del fenomeno così da cercare una possibile soluzione nella capacità di creare nello stalker la paura di continuare nella sua opera di disturbo, proprio perché anche lui potrebbe diventare la vittima di un socratico. La vittima se ben indirizzata può, almeno nei casi meno gravi, muoversi più astutamente e mettere in campo fenomeni di contro disturbo preparati ad hoc.
A volte la vittima rimane tale perché non riesce ad immaginare la propria capacità di difendersi con le stesse armi.
Maria Giovanna Farina