di Isa Maggi – Stati Generali delle Donne
Con il PNRR, è arrivato il momento per il Governo in carica di voltare pagina, con coraggio.
Le nostre speranze di futuro sono raccolte in queste quattro lettere: PNRR che ormai noi italiane/i abbiamo imparato a riconoscere e a declinare. Il Piano Nazionale di ripresa e di resilienza si deve prefigurare sempre più come una vera strategia per il nostro Paese e deve mettere in atto un metodo di lavoro per definire e raggiungere obiettivi raggiungibili, creando innanzitutto una lista di priorità. Occorre essere più selettivi, perché è necessario concentrare le forze sulle sfide che insieme possiamo ancora vincere.
Il mondo sta cambiando a gran velocità e stanno venendo meno le certezze sulle quali avevamo costruito le nostre aspettative di futuro. La pandemia ce lo ha insegnato: se si guarda ai numeri, alla dimensione e alla qualità degli investimenti, agli assetti che si stanno formando sui mercati globali, sappiamo che le donne potranno con concretezza mettersi al lavoro per giocare la partita del cambiamento puntando su innovazione, territori, vera transizione ecologica, nuova imprenditoria.
Il PNRR è un'opportunità di finanziamenti enorme; il rischio è quello di non accedervi o di non cogliere a fondo le opportunità per una mancanza di visione rispetto al futuro.
Prima di guardare alle singole missioni del PNRR e ai progetti da candidare è fondamentale soffermarsi sulle strategie per approcciarsi ai finanziamenti e per sviluppare i progetti che altrimenti non sarebbe possibile realizzare.
Dialogheremo attorno al PNRR, partendo dal presupposto che sia l'occasione di sviluppo e di crescita per ciascun territorio e per ciascuna comunità che lo abita.
Nel Piano ci sono progetti avveniristici come – Energy Storage, -Robotica, – Intelligenza Artificiale, – Blockchain e – Genome Sequencing, cioè la possibilità di mappare le sequenze del DNA a costi contenuti e scala massiva.
Se a fine Piano, una volta finalizzati gli investimenti del PNRR, non avremo dei/delle “campioni” nazionali in grado di avere una dimensione globale in questi settori, allora vuol dire che avremo mancato l’obiettivo e saremo relegati ad una posizione irreversibilmente ai margini del cambiamento.
Occorre adesso abbandonare la “comfort zone” delle “non scelte” o delle scelte facili.
Dobbiamo augurarci che grazie agli investimenti del PNRR si riesca ad affermare una nuova generazione di imprenditori/ici e di manager capaci di stare al passo con il cambiamento e posti in condizioni di giocare su scala globale.
Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è il programma di ripresa post pandemia finanziato dall’Europa è il piano di intervento europeo chiamato «Next Generation EU» (NGEU), spesso definito dai media «Recovery Fund» (Fondo per la ripresa).
Il Pnrr italiano è il 10, 61%del PIL, dietro alla Grecia, alla Romania e alla Croazia ma siamo il Paese che riceverà più fondi: di 191,5 milardi, 68,9 sono grants e 122, 6 sono loans, oltre ai fondi complementari e quelli del Reaction Eu.
Esiste un cambio di paradigma rispetto al passato: gli esborsi finanziari sono condizionati al raggiungimento dei milestones e dei risultati intermedi quantitativi.
Il cambio di paradigma si basa essenzialmente sulla performance.
La valutazione positiva da parte della Ue si baserà sulle Raccomandazioni specifiche di ogni Paese ed anche su alcuni principi base che sono il principio DNHS e il rafforzamento del potenziale di crescita e la coesione sociale, cioè la parità di genere
Il nostro obiettivo come Stati Generali delle Donne è quello di valutare l’impatto che avranno le risorse del PNRR per i Cittadini/e e per le Amministrazioni che devono erogare loro i servizi pubblici essenziali ed anche di sostenere i Comuni nelle loro progettazioni, in particolare i Comuni che sono Città delle Donne.
In particolare ci soffermeremo a valutare l’impatto sull’occupazione femminile. Perchè?
Mentre la crisi finanziaria del 2008 non aveva penalizzato in maniera cosi forte le donne, la crisi da Covid2019 ha penalizzato soprattutto le donne dal punto di vista del lavoro, del loro fare impresa e dell’aumento dei casi di violenza che è avvenuto nelle proprie case.
Nel 2020 il tasso di occupazione femminile è diminuito al 49%, dopo che nel 2019 aveva superato per la prima volta la soglia del 50%. Le donne maggiormente penalizzate sono le mamme, occupate il 25% in meno delle donne senza figli.Ed anche le donne più giovani vivono il dramma occupazionale in maniera rilevante: nel 2020 il tasso di occupazione delle donne tra i 15-34 anni è pari al 33,5%, mentre nel 2019 era pari al 35,9% (-2,4). Per donne tra i 35 e i 44 anni e tra i 45-54, il tasso si attesta, invece, al 61,7 e al 61,8% nel 2020, in riduzione rispetto al 2019 quando erano pari al 62,4 e al 62,3%.
La pandemia ha costretto molte donne a rinunciare al posto di lavoro e,in molti casi, a chiedere una trasformazione del proprio contratto di lavoro in un part time al proprio datore di lavoro. Per il 60% delle lavoratrici la riduzione dell'orario è stata una condizione subìta e non una libera scelta. La quota di donne costrette al part time è passata, tra il 2019 e il 2020, dal 60,8 al 61,2% contro una media Ue del 21,6%.
Il divario tra tasso di occupazione femminile e quello maschile arriva ora a 18,2 punti percentuali. In termini assoluti sono 1.866.000 le donne con contratto part time involontario contro 849 mila uomini.
I 300 mila minori interessati dai congedi Covid sono stati presi in carico per il 79% dalle madri e per il 21% dai padri. Questo dato va letto insieme a quello dei congedi parentali: qui assistiamo a un miglioramento della quota di padri beneficiari che, nel periodo 2011-2020, è cresciuta dal 10,8 al 22,3 per cento. E’ evidente che il recente obbligo del congedo parentale per i padri (10 giorni!) non migliorerà questa situazione.
La situazione è maggiormente penalizzata là dove esistono anche grosse difficoltà territoriali, ancora una volta il Sud e le aree interne.
Rallenta anche la crescita delle imprese femminili, dopo un aumento costante dal 2014.
Ma in questi ultimi giorni i dati Istat ci stanno dando un segnale positivo per quanto riguarda l’aumento dell’occupazione femminile.
Occorrerà quindi lavorare su
– sostegno alle imprese femminili
– certificazione della parità di genere
– finanziamento di progetti di ricerca con riserva del 40% di assunzioni a tempo determinato per ricercatrici
– gender procurement per i progetti finanziati dal Pnrr.