Commento al libro:”Con Pina Bausch”di Jo Ann Endicott
“Dance, dance, dance, otherwise we are lost”, ovvero, danza sempre altrimenti ci perdiamo, perché aveva scoperto quanto fosse importante anche attraverso la danza, parlare di sé, dei propri sentimenti ed emozioni. Fondando il teatro-danza a Wuppertal, ovvero il Tanztheater.
Questo è quello che ho sentito dire inizialmente di Pina Bausch, ballerina coreografa mondiale. Tedesca, nata a Solingen nel 1940, ma con un successo mondiale ancora vivo.
Iniziò proprio in Germania, proseguì alla Juiliard di New York la sua preparazione artistica, che comportò anni di dura vita, allenamenti difficili, che le hanno temprato anima e corpo e che hanno dato senso alla sua produzione teatrale di pezzi innovativi, dal 1962 in poi, così da fondare un nuovo concetto di fare danza. Non tanto di rappresentare delle storie classiche con protagonisti fissi, già determinati, ma con la volontà di esprimere le emozioni che entravano a far parte nell’intreccio, nel “plot” della storia da allestire.
Così i movimenti, invece che armoniosi e dolci, tutti tesi nel balletto classico a far incantare lo spettatore, nel teatro danza di Pina Bausch, chi partecipava doveva sentire la passione e la verità delle emozioni del personaggio. Anche crude, sfacciate, violente. Tuttavia ho sempre percepito nella sua arte moderna, un certo grado di perfezionismo e armonia, mai una sobrietà sdolcinata, così come ho avvertito presentarci la vita psicologica vera.
Se si guarda per esempio “Kontakthof”(ovvero il luogo dei contatti) o “Cafè Muller”, si può percepire l’espressività dei rapporti tra adolescenti, tra gli anziani e in generale, ed infine tra un uomo e una donna.
Per comunicazione personale di quando era in vita, alcune sue opere erano la rappresentazione della sua infanzia, cosa ricordava, nonostante l’amnesia infantile (che avviene entro i 6 anni d’età) della guerra in Germania. La gente in tumulto e in lotta efferata. Così il palcoscenico diventava pieno di confusione, pieno di musica quasi assordante, ma piacevole perché si avverte un senso della realtà, del vero. Con i danza-attori che correvano, si scontravano, gettavano bombe d’acqua, volti a mettere in scena la tragedia delle bombe di quel periodo del conflitto mondiale.
L’amore è centrale, ma intriso di conflitti e lacerazioni. Si intravedeva come la donna venisse, nell’immaginazione del pubblico e di Pina Bausch, maltrattata e umiliata.
Sembrava che l’amore fosse impossibile, infelice, come afferma anche Jacques Lacan. Le sue ballerine erano prive sul palcoscenico di scarpette classiche con la punta. Potevano essere trascinate dal danza-attore ma anche coperte con il loro corpo, come a voler significare la prevaricazione della danza-attrice che impersonava volta per volta un personaggio femminile.
Oltre alla guerra che fa da contesto alle sue opere, si può avvertire il bisogno di comunicare con freddezza intellettuale, ma onesta ahimè, ovvero con la lucidità della mente della grande Pina Bausch, la reciproca sconfitta tra i due sessi, la completa perdita di gioia di vita e di desiderio, nelle sue opere oppressi e bloccati entrambi, da parte sia delle donne che da parte degli uomini, nel loro incontrarsi.
Che dire, Pina Bausch è stata quasi una filosofa del femminismo, che ha messo in luce la mescolanza e contemporaneità tra la guerra tra i sessi e quella fra gli uomini.
Ricordo con commozione la serata in cui ho assistito a “Le Sacre du printemps”, mentre studiavo all’università di Padova, negli anni ’90. Credo, e non potrei sbagliarmi perché ha segnato la mia cultura personale, che fosse proprio quello il titolo. Un’opera classica, di passioni tristi, con la morte sacrificale di una fanciulla da consegnare agli dei, fautori del destino, basata sull’opera di Igor Stravinskij, autore russo molto famoso. Tesa a mettere in scena la violenza di questo sacrificio, la protagonista muore nella stagione più nuova dell’anno, la primavera, forse a trasmettere l’inevitabilità di certi drammi o traumi che appartengono all’infanzia o all’adolescenza.
Queste e altre considerazioni sono state fatte per studio mio personale ma ultimamente dalla lettura di “Con Pina Bausch” scritto da Jo Ann Endicott, un “diario di bordo”, una delle sue migliori interpreti del suo modo di intendere l’arte sublime della danza. Buona lettura, è veramente un libro affascinante e coinvolgente!