Nessuna aggravante della crudeltà a chi uccide la moglie a martellate senza infierire
Colpire ripetutamente con veemenza e furore è un gesto finalizzato all’omicidio non alla volontà di infliggere alla vittima sofferenza gratuita
Non sussiste l’aggravante della crudeltà a chi uccide a martellate la moglie in quanto colpire ripetutamente con veemenza e furore è un gesto finalizzato alla morte non alla volontà di infliggere alla vittima sofferenza gratuita. Lo ha sancito la Cassazione con la sentenza 25835/12 pubblicata il 4 luglio, ha annullato la sentenza limitatamente alla circostanza aggravante della crudeltà nei confronti di un 35enne che ha ucciso moglie e suocera, rispettivamente con quindici e nove martellate.
La prima sezione penale ha ribaltato la decisione della Corte d’Assise d’appello di Bari, ritenendo l’insussistenza dell’aggravante dalla circostanza che entrambe le vittime erano state colpite anche quando erano a terra. Ma, secondo gli Ermellini, non era stato tenuto conto del fatto che l’azione era avvenuta in stato di assoluta concitazione mentre l’uomo era in un totale stato d’ira, ossia che la rapida successione delle martellate era avvenuta senza soluzione di continuità in un impeto di rabbia. Dunque, non era «ravvisabile nel suo comportamento un qualcosa di più rispetto all’ordinaria esplicazione dell’attività necessaria per commettere un omicidio, in quanto la reiterazione dei colpi di martello era stata sempre finalizzata alla commissione degli omicidi e non era stata tale da denotare una sua particolare malvagità e spietatezza, si da essere trasmodata in manifestazione di efferatezza».
Si legge in sentenza che «la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61 Cp, ricorre quando le modalità della condotta rendono evidente in modo obiettivo e conclamato la volontà dell’agente di infliggere alla vittima sofferenze gratuite, inutili, ulteriori e non collegabili al normale processo di causazione dell’evento morte, si da costituire un qualcosa che va oltre l’attività necessaria per consumare il reato, in tal modo rendendo la condotta dell’agente particolarmente riprovevole e ripugnante agli occhi della collettività per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima con un’azione efferata, rivelatrice di un’indole malvagia e priva dei più elementari sentimenti di umana pietà». Insomma, l’aggravante della crudeltà è stata esclusa in quanto la rapida reiterazione dei colpi di martello sulle due vittime era avvenuta per lo stato di parossistico furore nel quale si trovava, tale da non avergli consentito la percezione di quanto stava compiendo. Nella specie, Piazza Cavour, osservando che l’uomo ha solo ed esclusivamente colpito, ripetutamente con veemenza e furore, le due vittime in parti vitali (testa e volto) con un martello (dunque gesti solo finalizzati a uccidere), ha ritenuto che il suo comportamento non poteva obiettivamente ritenersi caratterizzato dalla crudeltà, perche le numerose martellate inferte alle due donne, hanno avuto solo la finalità di togliere loro la vita.