Meloni si, Meloni no

da | Lug 13, 2022 | Editoriali

Sul sito de  “le contemporànee” del 4 luglio, Flavia Perina, politica e giornalista, ha posto una questione che, in verità, si era già  posta.
Ovvero: se, per la prima volta in Italia, venisse eletta ai massimi vertici istituzionali, Presidenza del Consiglio o Presidenza della Repubblica, una donna saremmo tutte contente?
Una domanda che, oggi, ne pone subito un’altra: sareste contente se fosse Giorgia Meloni?

Non c’è dubbio che sul tappeto della presenza femminile nel quadro politico attuale, è l’unica che ha conquistato riconoscimento e ruolo necessari. Né nella destra si vedono altri leader.
Quello che si richiede ai politici, di destra o sinistra, coerenza, comunicazione, progetti, idee e quant’altro,  lei lo ha forgiato con uno stile proprio che è andato a colmare il vuoto comunicativo e l’assenza di politica-mestiere.

Lo si vede proprio in questo quadro complesso degli ultimi giorni, tirare in ballo continuamente la “gente” che : non capisce, non è d’accordo, ha altre priorità ecc.
Al contrario la Meloni con la gente ci parla da sempre.
Si obietterà “con la sua gente”, ma abbiamo visto già con il fenomeno del fallimentare Movimento 5 Stelle, che l’opinione della gente esasperata, ondeggia alla ricerca di certezze e concretezza.
Ecco, la Meloni ne è un’interprete credibile. Piaccia o non piaccia, lei non cambia linea, è solida nel suo partito e riconosciuta dalle  altre forze della destra. Ciò può travalicare la formula dell’appartenenza.

Sostiene ancora Perina, che la meloni rappresenta la “concreta possibilità di premier donna” anche se, il frutto delle suo successo non deriva minimamente dall’avere fatto politica in modo diverso”, s’intende dagli uomini come da sempre vanno predicando femministe e altre.

“E’ innegabile che Giorgia Meloni debba il suo successo non a una rupture dell’esperienza maschile ma a una sua più efficace interpretazione: è una comiziante più brava del suo concorrente Salvini e persino degli ultras del grillismo; le sue pause recitative sono più azzeccate; il suo urlo – Sono Giorgia, sono una donna, etc – ha più decibel; il suo cipiglio è più efficace. Insomma, ha prevalso sui suoi competitori di area perché interpreta meglio un modello decisamente “macho”. Il comizio per Vox che di recente ha fatto tanto scalpore è paradigmatico in questo senso: più che i contenuti (sempre gli stessi nella storia della destra, dagli anni ’60 a oggi) colpisce il salto di qualità nell’intensità verbale, il Giovannadarchismo del tono. Giorgia Meloni frega gli uomini del populismo italiano sul loro stesso terreno: non so se possa essere un simbolo di empowerment femminile, ma è più che lecito domandarselo anche perché, in Italia, è la prima che ci riesce”

Un altro punto, sottolinea la giornalista non a torto, è quello per cui “ Il mondo che racconta la leader di Fratelli d’Italia non sembra molto ospitale per le donne”, in quanto forza conservatrice.

Lo snodo centrale della battaglia per la parità – le azioni positive per incrementare il ruolo e la presenza femminile, a cominciare dalle quote – è respinto alla radice:  Noi puntiamo al merito – dice Giorgia Meloni – perché parità è competere ad armi pari per poter eventualmente dimostrare di essere più capaci e meritevoli dei colleghi maschi”

Allora Perina si chiede “Cosa aspettarsi da una premier così? Quantomeno disinteresse per ogni incentivo alla promozione delle donne, se non addirittura uno smantellamento del poco che c’è in nome di un’astratta meritocrazia”?

E affondando ancora di più il dito nella piaga dell’utopia  di ‘una per tutte’, in caso di un suo successo, cosa diranno tutte le altre?
“Sarà chi la ama a dire “finalmente una donna” e chi la detesta dovrà arrampicarsi sugli specchi per giustificare la sua ostilità. Posso anticiparvi fin d’ora i titoli dei giornali di destra: “Vince Meloni, il silenzio delle femministe”; “La destra incorona la prima donna premier”.
Vogliamo concordare con lei ricordando, purtroppo, che queste domande ci hanno visto divise molte volte.

Inoltre, Perina, ci mette in guardia, perché “anche durante la campagna elettorale, bisognerà che il mondo ostile alla Meloni si difenda dalla possibilità che quell’antico “ci vorrebbe una donna” gli si ritorca contro. E comunque vada, in futuro sarà meglio soprattutto per le donne dei partiti e dei movimenti rinunciare del tutto all’espressione: se davvero crediamo che una donna sia meglio, toccherà prendere il coraggio a due mani e darle un nome e un cognome”.

Cosa resta da ragionare ancora nel merito?
Donna si-donna no, di sinistra si-di destra no,  quella merita-quella no ecc.
Insomma se inseguiamo una candidatura perfetta che vada ben a tutte/tutti, ci stiamo intestando una battaglia persa. In politica le regole non funzionano così.

“Speriamo che sia femmina “ era un buon titolo per un film ma,  non per caso, anche in quella commedia le protagoniste, donne che cercano di contrapporsi alla immaturità, incapacità maschile, alla fine si ritrovano tutte insieme intorno allo stesso tavolo ma in una splendida solitudine di un emblematico inno alla solidarietà femminile.
La realtà è un’altra cosa.
Forse dovremmo rivedere alcuni stereotipi su di noi, creati da noi stesse.

https://lecontemporanee.it/contributor/flavia-perina/

E brave, donne!