intervista di Marta Ajò
Maria Gisella Catuogno, poetessa e scrittrice, è nata e vive all’isola d’Elba. Laureata in Lettere all’università di Firenze, ha insegnato, fino a due anni fa, Italiano e Storia nelle scuole superiori di Portoferraio. E’ sposata, ha tre figli e tre nipotine.
Per definirsi, preferisce ricorrere a questi versi:
Gabbiani
Negli stormi dei gabbiani/incombenti sulla marina,/nella loro perenne sospensione/tra finito e infinito,/nell'orgoglioso sguardo/specchio e memoria/di sconfinati orizzonti/placide bonacce/rabbiosi fortunali,/nell'inquieto cercare/e instabile sostare,/leggo la mia stessa natura:/la costanza irrequieta/l'indagine perpetua/l'incapacità/ di voltarmi/ a guardare/appagata/il volo già compiuto.
Per Anna Maria Curci, “la sua poesia ha la grazia innata dei movimenti e la precisione esperta di termini e ritmi, tende con slancio autentico alla natura e ne conosce, tuttavia, la fragilità della “promessa vagheggiata” e destinata a infrangersi, non senza aver prima danzato, incantando e incantandosi, al ritmo di un rondò”.
Per conoscerla meglio, le poniamo alcune domande.
1 – Nell’ immaginario collettivo, la creazione di poesie deriva da un profondo distacco interiore dalla quotidianità. A te, che hai una famiglia e hai insegnato ai giovani, vorrei chiedere se è vero e come è stato possibile conciliare questi ruoli con il poetare.
La poesia, almeno in me, nasce dall’incontro/scontro tra quello che, nel bene e nel male, la realtà ci offre tutti i giorni a piene mani e il mio mondo interiore, il mio “giardino dell’anima”, come mi piace chiamarlo, in cui coltivo i valori in cui credo – l’uguaglianza tra gli esseri umani e di genere, la pace, la giustizia sociale, la democrazia, l’educazione e la cultura, il rispetto dell’ambiente, l’inclusione – insomma, la speranza di un’umanità migliore e di un rapporto armonioso tra il soggetto – noi! – e l’oggetto – ciò che ci circonda –. I versi, quando scaturiscono, trovano la loro origine in tale confronto; dunque la quotidianità è essenziale alla riflessione poetica.
2 –Natura e persona al centro. Potremmo definire i tuoi versi veristi?
Sì, direi di sì, perché appunto l’humus che li nutre nasce dalla realtà, dal vero: dagli affetti, dalla contemplazione del paesaggio – specialmente marino – dato che sono nata e vivo in un’isola; oppure dallo scontro tra la realtà, nella sua cruda durezza, e l’aspirazione ad un altrove morale, culturale e spirituale che si colloca ai suoi antipodi.
3- Le tue poesie sembrano sgorgare da un ruscello sempre in movimento. Partiti dalla stessa fonte ispiratrice non sono mai uguali. Vissuto, stato d’animo, osservazione o che altro?
Direi canto, nel senso di celebrazione del bello che mi circonda: la perfezione di un fiore, di una coccinella, di una rondine; l’incanto struggente di un’alba, il trascolorare del cielo e del mare, il mutare delle stagioni, la maestosità della volta stellata mi commuovono, nel senso che mi “muovono” a cantarli in versi naturalmente indegni della loro sublimità. Ma a spingermi alla poesia c’è anche l’urgenza della denuncia di ingiustizie insopportabili (il trattamento dei migranti o la morte nel Mediterraneo – in Le vostre dune, Lenzuoli sulla spiaggia, Bambino mio) o la riflessione sulla condizione esistenziale (in Stelle frante, La quercia e il torrente, Levità).
4 – Poetessa ma anche scrittrice di romanzi. Come convivono questi due modalità di scrittura?
La poesia, nasce da una sollecitazione estemporanea, da un impulso a dare forma scritta a emozioni che sembrano traboccare dall’animo; la prosa, per la scrittura di racconti e romanzi , è invece lo strumento per l’attuazione di un progetto d’ampio respiro – talvolta di carattere storico – che comprende vicende e personaggi inseriti in una dimensione spazio temporale ben articolata. Le due modalità di scrittura – poesia e prosa – non entrano però in conflitto tra di loro, perché, almeno nel mio caso, esiste un tempo per la poesia e uno per la prosa; ma l’apprendistato poetico, da cui è cominciata la mia “avventura” di scrittrice, serve molto anche a sorvegliare formalmente il linguaggio narrativo, perché affina l’orecchio al “suono” e alla “risonanza” del significante, e quindi anche all’armonia, alla cura e alla scorrevolezza dei periodi sintattici in prosa.
5 – Nelle tue poesie come nei tuoi romanzi emerge il profondo sentimento che ti lega alla tua isola, tanto da dedicare un omaggio al tuo paese “Il mio Cavo tra immagini e memoria”. Quanto ha contato il legame con la tua terra?
Il legame con la mia terra è forte, anche perché si tratta di un’isola, quindi di un’entità circoscritta e ben identificata. D’altra parte credo che, per tutti, i luoghi in cui si è trascorsa l’infanzia e l’adolescenza siano particolarmente importanti e cari, a meno che non si siano vissute esperienze traumatiche e “respingenti”. Dal mio paese natale mi sono allontanata a quattordici anni, in un’età in cui la formazione, pur in evoluzione, ha già piantato solide radici: è per questo che lo considero il mio “luogo dell’anima” e il mio “buen retiro”.
6 – Nell’ultimo romanzo pubblicato “Ofelia. Un’elbana alla corte dei Windsor” (Persephone ed.) hai raccontato la storia di una giovane donna spinta dal desiderio di partire, di fare altre esperienze, di andare per il mondo. Hai mai avuto il desiderio di allontanarti da quel luogo?
Dal mio paese, dall’isola d’Elba, mi sono allontanata all’inizio del Liceo e vi sono ritornata dieci anni dopo, finita l’università, più per motivi contingenti che per scelta. Vivere in un’isola infatti non è per niente facile: occorre sempre fare i conti con il mare e i suoi capricci, essere disposti a partire per curarsi, per studiare, per “assaggiare” il mondo… Il ritorno dunque non è stato indolore: poi hanno prevalso gli impegni di famiglia e quelli legati all’insegnamento, che ho sempre amato: le riserve verso l’insularità col tempo si sono attenuate ed ha prevalso l’amore per un luogo bellissimo, come l’Elba indubbiamente è.
7 – Hai faticato a fare pubblicare i tuoi lavori?
In realtà no, ma questo dipende, credo, dalla scelta di piccole o medie case editrici, che mi hanno apprezzato e valorizzato, seppure nei limiti di una distribuzione meno capillare ed estesa. Ho evitato la pubblicazione a pagamento che è una piaga dell’editoria italiana e che prescinde quasi sempre dal valore dell’opera.
8 – Non credi che la cultura femminile determini una diversità nel poetare?
Secondo me la cultura e la sensibilità femminili, nel passato come nel presente, sono state e sono particolarmente vocate alla poesia, che è espressione di sentimento ed emozione; inoltre l’affidarsi alla carta e alla penna era, ieri, più che uno strumento di comunicazione, una modalità di “decantazione” dell’animo femminile dalle sofferenze legate alle discriminazioni e ai pregiudizi di cui la donna era vittima: da qui il ricorso ai diari, ai versi, che spesso venivano tenuti nascosti. Ne è un esempio Emily Dickinson, che non pubblicava, e che è diventata, dopo la morte, e grazie ad altre donne della sua famiglia, che hanno fatto conoscere al mondo il suo valore, una delle più grandi interpreti della letteratura americana.
9 – Le scrittrici sono discriminate dalle case editrici? E il pubblico si avvicina loro senza pregiudizi?
Sappiamo bene la discriminazione femminile nel campo delle lettere, almeno nel passato: Cristina Trivulzio di Belgioioso (1808 – 1871), patriota risorgimentale, riformatrice sociale e finissima intellettuale, giornalista e fondatrice di giornali, traduttrice de La scienza nuova di Vico e di opere teologiche, spesso e volentieri ricorreva a pseudonimi maschili per essere letta. Nelle antologie scolastiche le letterate proposte all’attenzione degli studenti sono pochissime e anche quelle che, come Grazia Deledda, hanno vinto il Nobel, sono confinate in due – tre pagine, contro le venti o trenta dedicate agli scrittori uomini.
Oggi, a parte il canone letterario scolastico, nell’editoria “normale” credo che la situazione sia molto migliorata e non penso che ci siano particolari discriminazioni da parte delle case editrici nella pubblicazione di testi narrativi o poetici al femminili, così come anche premi letterari importanti vengono non di rado assegnati a donne. Però, occorre non stancarsi di vigilare, qui, come in tutti gli altri contesti, perché la tentazione della “normalizzazione” misogina è sempre in agguato.
Il pubblico tende forse ancora ad aspettarsi dalle donne scrittrici romanzi soprattutto sentimentali, o sillogi poetiche che scavino nell’interiorità individuale, piuttosto che trame storiche, trattati scientifici o saggi d’economia. Per questo va costantemente educato e persuaso del contrario.
10 – La scrittura è una dote naturale o va esercitata, allenata, e adeguata alle circostanze?
Sicuramente esiste un predisposizione alle scrittura, così come al canto, alla danza e alla pittura; insomma l’elemento “talento naturale” non lo escluderei. Però, anche questo va continuamente esercitato per passare dalla potenzialità all’atto. Per saper scrivere, anzitutto, però, bisogna leggere, molto. Soltanto dopo si può passare a vergare versi o parole, con molta umiltà e desiderio di imparare, sempre.
11- Alle persone che hanno poesie, romanzi nel cassetto che suggerimenti dai?
Di cercare sul web persone con le stesse “affinità elettive” e confrontarsi con loro. Io ho cominciato tardi, sia per gli impegni personali che per il fatto di non sapere con chi entrare in contatto. Poi un’amica poetessa, eravamo nel 2004, mi suggerì di iscrivermi al blog genovese Liberodiscrivere: fu una rivelazione e una vera palestra, oltre che la condizione per la nascita di amicizie, non solo virtuali, che si sono protratte nel tempo.
I testi di MGC
La prima pubblicazione di poesie “Parole per amore” (Libroitaliano) risale al 2003; sono seguiti: “Il mio Cavo tra immagini e memoria” (Nidiaci), dedicato al suo paese natale; “Mare, more e colibrì” (Liberodiscrivere), testo misto di liriche e racconti, e altre raccolte poetiche: “Brezza di mare” (Ibiskus-Ulivieri), “Fiori di campo” (Montedit) e “Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni”(Onirica), titolo di ispirazione pascoliana. Ha ricevuto per il suo impegno poetico premi e riconoscimenti (tra cui il Premio Anna Maria Salerno 2006, Roma, con la poesia Dal mare s’impara e Montegrotto Terme 2007 con Stillano i giorni).
Per la narrativa, dopo “Riviere” (Aletti), raccolta di racconti edita nel 2009 e varie esperienze di scrittura collettiva, tra cui “Malta femmina”(Zona) e “In territorio nemico”, (Minimum fax) nel 2015 ha pubblicato il romanzo storico “Passioni”(Il Foglio Letterario), ispirato all’affascinante figura dell’eroina risorgimentale e raffinata intellettuale Cristina Trivulzio di Belgioioso, opera che ha ricevuto il Premio Casentino 2017; nello stesso anno ha pubblicato il romanzo “D’amore e d’acqua” (Il Foglio Letteraio), che ripercorre gli anni giovanili, dediti ai viaggi su fiumi, canali e mari, della turbolenta coppia Georges e Tigy Simenon, soffermandosi in particolare sulla loro crociera nel Mediterraneo del 1934, che ebbe come tappa privilegiata l’Isola d’Elba. Con la casa editrice elbana Persephone di Angela Galli, ha pubblicato, insieme a Marisa Sardi “Le donne di Napoleone all’Elba”. Nel luglio 2020, sempre per Persephone edizioni, è uscito l’ultimo romanzo “Ofelia/Un’elbana alla corte di Windsor”.
Collabora ai trimestrale elbani Lo Scoglio e La Piaggia.