Dal 1 settembre 2022 alle ore 18 gli Stati Generali delle Donne iniziano una nuova rubrica dedicata alle elezioni politiche del 25 settembre per capire cosa pensano le donne, chi voteranno e se è davvero grande “l’astensionismo “che serpeggia nel mondo femminile.
Ogni giorno avremo una candidata o un candidato e con loro dialogheremo intorno ad una serie di domande.
Ogni giorno scriveremo una riflessione da condividere verso le elezioni.
5 settembre ore 18
Margherita Cogo dialoga con Teresa Bellanova
e metteremo a fuoco anche i sondaggi con Raffaele Settimio, le “parole della cittadinanza “con Alessia Micoli.
Parleremo di diritti con Maria Lippiello e di economia delle imprese, di fiscalità e di semplificazione con Isa Maggi.
Il collegamento su zoom:
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ed anche sul canale youtube degli stati generali delle donne, in diretta streaming qui:
TERESA BELLANOVA
Senatrice uscente di Italia Viva, di cui è Presidente Nazionale, candidata al Senato per il Terzo Polo #italiasulserio, nelle liste plurinominali, in Puglia come capolista e in Sicilia, Collegio 1.
Attualmente è Viceministra delle “Infrastrutture e delle mobilità sostenibili”, nel governo di Mario Draghi.
Viene eletta per la prima volta nel 2006, quale componente della Camera dei Deputati, tra le liste dell’Ulivo. Nel 2008 viene ricandidata alle elezioni politiche anticipate e viene riletta alla Camera dei deputati. Nella 16ª legislatura della Repubblica è componente dell’11ª “Commissione lavoro pubblico e privato”, della “Commissione parlamentare per le questioni regionali” e del “comitato parlamentare per i procedimenti di accusa”.
Alle politiche del 2013 viene rieletta alla Camera, tra le file del PD.
Il 28 febbraio 2014 viene nominata dal Consiglio dei Ministri Sottosegretaria di Stato, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel governo Renzi.
Il 29 gennaio 2016 viene nominata Viceministra dello Sviluppo Economico, incarico mantenuto sia nel governo Renzi che nel governo Gentiloni.
Alle elezioni politiche del 4 marzo il 2018 viene ricandidata e rieletta Senatrice.
Nel 2019 è Ministra delle “Politiche agricole alimentari e forestali” nel secondo governo Conte.
Il 13 gennaio 2021 si dimette dal governo insieme ad altri due esponenti di Italia Viva.
Infine, il 25 febbraio 20 21 viene indicata come Viceministra delle “Infrastrutture e delle mobilità sostenibili”, nel governo di Mario Draghi.
Prima di essere parlamentare, ha svolto incarichi importanti in campo sindacale.
Nel 1988 viene nominata Segretaria provinciale della FLAI (Federazione Lavoratori Agroindustria) CGIL di Lecce.
1996 diventa Segretaria provinciale della FILTEA (Federazione Italiana Tessile Abbigliamento Calzaturiero) Cgil, incarico che ricopre fino al 2000, quando entra a far parte della segreteria nazionale della FILTEA con delega alle politiche per il Mezzogiorno, politiche industriali, mercato del lavoro e formazione professionale.
Seguendo le vicende che la riguardano ho pensato che Lei sia una donna che accetta le sfide e cerca di affrontarle al meglio, che non si fa intimidire e che se proprio deve, contrattacca.
Riflessione politica a cura di Margherita Cogo, Comitato Scientifico degli Stati generali delle Donne
Il Mezzogiorno o “questione meridionale” pare di complessa soluzione e il PNRR potrebbe e dovrebbe ridurre il gap storico esistente.
Claudio De Vincenti, della Fondazione Merita-Meridione Italia, afferma che il momento attuale offre straordinarie opportunità, perché l’Europa e l’Italia guardano per forza di cose a sud e il Mezzogiorno può davvero diventare la piattaforma logistica dell’Europa nel Mediterraneo.
Antonio Accentauro, di Bankitalia, evidenzia che il 25% del valore aggiunto al Sud arriva dei servizi pubblici (14% al Nord) e che oggi, come trent’anni fa, non vi sono meccanismi di mercato capaci di favorire il riequilibrio territoriale fra Nord e sud, quindi la qualità dell’azione pubblica resta la prima leva per recuperare il divario e il PNRR è un’occasione storica. È necessario rafforzare i segnali positivi: la crescita della dimensione media delle imprese, la crescita dell’export agli stessi livelli del Centro-Nord, la quota di energie rinnovabili al Sud passata dal 26% dal 2007 al 40% del 2019.
Marco Zigon, del gruppo Getra, sostiene che il Sud ha una vocazione come hub strategico per la produzione e la trasmissione di energie rinnovabili (sesto settore “manifatturiero” competitivo insieme ad automotive, abbigliamento aerospazio, agroalimentare e farmaceutico). Inoltre, il Sud produce il 97% dell’energia eolica e il 41% dell’energia solare. Vero è che gli impianti solari ed eolici si possono installare ovunque, ma è anche vero che non hanno la stessa efficacia e la stessa efficienza ovunque: il Sud ha un vantaggio competitivo.
A fronte di tutto ciò, si può realisticamente pensare di giungere in tempi brevi all’attuazione del “regionalismo differenziato”?
Regionalismo differenziato
La Puglia, la Basilicata e la Calabria, a norma dell’art.116, comma 3, della Costituzione, introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, pur non avendo avviato dal punto di vista formale i negoziati, hanno assunto iniziative ad essi prodromiche, consistenti nell’approvazione di «atti di indirizzo» volti ad impegnare la Giunta regionale in tal senso.
Scendendo più nel dettaglio, dieci Regioni hanno avviato il procedimento previsto dall’art. 116, comma 3, Cost., tre (Lombardia, Veneto ed Emilia- Romagna) hanno concluso con il Governo, all’inizio del 2018, un «accordo preliminare» alla stipula dell’«intesa» e sono perciò ad uno stadio di trattative più avanzato (sebbene ancora lontano dal concludersi); le altre sette (Campania, Liguria, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria) hanno presentato una proposta di differenziazione che, a sua volta, è in corso di esame congiunto nel “tavolo tecnico» istituito presso il Dipartimento degli Affari regionali.
Ad oggi solo l’ Abruzzo e il Molise non hanno mosso alcun passo nella direzione della differenziazione di competenze.
In conclusione, parlare oggi di “Regionalismo differenziato”, a fronte di una spesa pubblica storica che avvantaggia le regioni del nord, non pare realistico. È prima necessario che si riduca il gap economico e produttivo esistente tra le diverse regioni italiane.