Le slot non sono giocattoli: quando il gioco si fa pericoloso.

da | Gen 15, 2012 | Filosofando

Il tema della dipendenza da gioco è purtroppo molto attuale. Sono    venuta a conoscenza del caso di un quindicenne con questa attitudine    e per questo possiamo fare un discorso generale rivolto a tutti i    genitori: prevenire è la strada più semplice per evitare che il    comportamento diventi patologico. È importante parlare ai ragazzi    già nella più tenera età del valore illusorio del gioco d’azzardo,    far loro comprendere come queste macchinette siano costruite per far    guadagnare non il giocatore ma il gestore e non a caso sono dette    macchinette mangiasoldi. È pura illusione pensare di arricchirsi in    questo modo. Sì, perché all’inizio chi si accosta al gioco lo fa    sperando di guadagnare facilmente cifre che con il lavoro, o la    paghetta, non potrebbe ottenere: insegnare ai figli che ciò è un    abbaglio li aiuta a crescere disincantati. La mamma che si preoccupa    per la possibile o presunta dipendenza desidera un suggerimento da    applicare al caso concreto. Se ci accorgiamo del pericolo    incombente, possiamo partire dicendo che la “confessione” di nostro    figlio è un aspetto positivo, il ragazzo mostra fiducia nei genitori    e non altera la verità. Dopo di ciò senza eliminare la paghetta, si    deve far capire al ragazzo che l’esperienza del gioco è utile, se    circostanziata e limitata, a comprenderne la pericolosità; possiamo    considerarla come la prima sbornia, indispensabile per capire il    malessere fisico che ne deriva. Molto concretamente, la mamma    dovrebbe comportarsi come quando il bambino è piccolo e per far sì    che non tocchi il fuoco lo lasci sperimentare che scotta, lasciamo    quindi che sperperi il denaro ma dimostriamogli che nessun gioco    regala soldi. Ricordo infine che l’adolescenza è un momento delicato    della vita, è un ponte verso l’età adulta vista spesso come qualcosa    che affascina ma al contempo intimorisce, da questo vissuto nasce    l’esigenza di appartenere ad un gruppo. Il gruppo dei pari età è un    luogo dove riparasi, dove l’agire insieme fa sentire mena pericolosa    qualsiasi azione. Un ragazzo probabilmente gioca per seguire il    gruppo e non sentirsi isolato: facciamo che si senta meno solo e    prima di punirlo ricordiamogli con fatti concreti che ha una    famiglia che non vuole impedirgli di crescere ma desidera evitargli    una crescita difficile. Le parole che a volte udiamo “non ho tempo    di seguirlo” sottolineano la velocità del nostro modo di vivere    contemporaneo dove è difficile conciliare il duro compito    dell’essere genitore con la necessità di dover lavorare, ma    ricordiamo che il tempo della difficoltà è ora, in questo momento.


Maria Giovanna Farina