di Michela Marzano
La parità uomo-donna è ancora molto lontana in Italia, e la politica non aiuta, nemmeno quando ci si proclama di sinistra, anzi. Nonostante il nuovo Parlamento sia il più “rosa” della storia repubblicana con il 34% di deputate e senatrici, ci sono più donne elette nel M5S e in FI di quante non ce ne siano nel PD o in LeU, facendo sorgere il sospetto che il principio di uguaglianza piaccia molto quando si tratta di rivendicarlo, ma resti poi lettera morta quando si passa dalla teoria alla pratica. Certo, la nuova legge elettorale prevedeva nelle liste l’alternanza di genere. Ma è stato facile aggirare l’ostacolo con lo stratagemma delle pluricandidature femminili: mettendo le stesse donne capolista in più collegi, una volta avuti i risultati e scelto il collegio in cui farsi eleggere, sono stati tanti i posti che si sono liberati per i colleghi maschi candidati subito dopo di loro. Per non parlare poi della situazione ai vertici del PD: gli unici nomi che circolano in questi giorni per la segreteria sono maschili, lasciando inevitabilmente le donne sullo sfondo. E quindi? Mancano le competenze? Manca la voglia? Manca il desiderio? Niente affatto, se ci si pone dal punto di vista femminile. Che rimane però marginale, come se gli uomini non ce la facessero proprio a dare spazio alle donne, permettendo loro di esistere indipendentemente da loro. Come dimenticare le interminabili discussioni all’interno del gruppo parlamentare del PD durante la scorsa legislatura quando si trattava di dare via libera alla legge sul doppio cognome? Le obiezioni maggiori non venivano proprio dai “compagni” che penavano ad ammettere che il “nome del padre” non fosse di per sé più degno, o simbolicamente più efficace, di quello della madre?
Se è vero che le violenze di genere e il sessismo possono essere contrastati solo costruendo una società in cui l’uguaglianza vada di pari passo con la libertà, e in cui il sesso di appartenenza sia solo una delle differenze esistenti tra gli esseri umani, né più né meno rilevante rispetto a tutte le altre diversità, allora la sinistra ha ancora molta strada da fare. C’è bisogno di una maggiore consapevolezza da parte delle donne delle proprie capacità e delle proprie competenze. C’è bisogno di più coraggio da parte di coloro che, prestandosi ai giochi di potere maschili, portano pregiudizio non solo a se stesse, ma anche a tutte le donne che dovrebbero essere da loro rappresentate. Ma c’è pure bisogno che gli uomini accettino di rimettersi in discussione, senza che la leadership femminile sia percepita come una minaccia alla propria virilità. Le donne non hanno bisogno di elemosina e di concessioni. Ce ne sono molte che hanno già mostrato di essere capaci (o incapaci) almeno quanto gli uomini. E poi, il problema dell’uguaglianza uomo-donna non sarà definitivamente risolto solo quando si vedrà “una donna incompetente occupare un posto di responsabilità”, come disse un giorno provocatoriamente Françoise Giroud, famosa in Francia per essere stata la prima donna a occupare il posto di Ministro delle pari opportunità negli anni Settanta?