Rilevanti le rispettive eredità dei coniugi. Nel mantenimento del figlio adolescente compresa anche la ricarica del cellulare – Sentenza, 27 giugno 2017
I Palazzi di giustizia di tutta Italia iniziano ad allinearsi alle indicazioni della Cassazione sull’assegn di mantenimento: non ha infatti diritto al contributo la ex benestante del professionista che ha invece registrato a studio un forte calo di fatturato.
È quanto affermato dal Tribunale di Roma che, con la sentenza 11229/2017, ha pronunciato la separazione fra un magistrato e un notaio, negando alla prima l’assegno di mantenimento per sé e fissando un contributo per il figlio di dieci anni di 2500 euro mensili, contro i seimila chiesti dalla donna.
Determinante nella soluzione della vicenda l’indebitamento di uno degli studi del professionista, tanto grave da portare, di lì a poco, alla chiusura. Crisi dovuta a uno dei soci dell’associazione professionale. Ad ogni modo il calo di reddito ha giustificato l’assenza del contributo.
Per quanto concerne invece il mantenimento del minore i giudici hanno motivato che nel caso in esame, tenuto conto dei redditi delle parti, come sopra accertati, delle presumibili esigenze del figlio in base all'età (10 anni) e dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, appare conforme ad equità determinare in misura di euro 2.500,00 l'ammontare del contributo paterno per il mantenimento del figlio.
L'assegno di mantenimento, chiarisce ancora il Tribunale, deve ritenersi comprensivo delle seguenti voci di spesa: vitto, abbigliamento, contributo per spese dell'abitazione in cui vive il minore, spese per tasse scolastiche (eccetto quelle universitarie) e materiale scolastico di cancelleria, mensa, medicinali da banco (comprensivi anche di antibiotici, antipiretici e comunque di medicinali necessari alla cura di patologie ordinarie e/o stagionali), spese di trasporto urbano (tessera autobus e metro), ricarica cellulare, uscite didattiche organizzate dalla scuola in ambito giornaliero.