Annamaria Barbato Ricci
Venerdì prossimo si chiude la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018. Chiediamo ad Annamaria Barbato Ricci, della lista + Europa (candidata al plurinominale del Senato nei collegi Campania 1, 2, 3) come ha vissuto fino ad oggi questa competizione.
-Come prima esperienza da candidata, che idea ti sei fatta della politica vissuta in modo così diretto?
Essendo una perfezionista, come tu ben sai, avrei preferito organizzare la campagna elettorale in maniera ‘scientifica’, visto, oltretutto, che i miei collegi comprendono l’intera Regione Campania, ovvero 13.670 km2, ossia un territorio che la porta ad essere la terza regione italiana. Insomma, un’area immensa, con un elettorato assai ampio. La candidatura mi è stata proposta il sabato precedente alla chiusura delle liste, dunque ho potuto solo attivare un po’ di contatti e neanche tutti. Gli amici del Centro Democratico hanno messo al lavoro le loro strutture, specie in provincia di Caserta, e io sono andata in giro a incontrare i miei elettori guardandoli negli occhi. Certo, non seguendo il ritmo forsennato da eligenda-tipo, giacché la candidatura è capitata in un momento molto delicato della mia esistenza: una grave malattia ha colpito mio marito e sta seguendo un pesante protocollo di cura.
Esistono troppe generalizzazioni sulla politica e i suoi attori o aspiranti tali. Dipende dalle persone: c’è chi la considera una possibile occupazione e capta la credulità degli elettori o un loro pensiero piuttosto prevedibile: “Se uno ignorante come e più di me può farcela, al prossimo giro potrebbe toccare a me” cosicché i votanti aderiscono alle idee infondate più suggestive e acchiappagonzi; c’è chi è attaccato alla poltrona col Vinavil e si presenta con ogni bandiera.
Io sono una peone esordiente e mi sento libera di esprimere la mia idea di servizio alla comunità. Voglio rendermi utile, perché questo Paese mi ha dato tante opportunità. D’istruirmi, innanzitutto. Dunque, non è allo scranno senatoriale che miro, bensì alle ricadute benefiche che l’occupare attivamente quello scranno comporterà per la comunità.
-All’interno della forza politica in cui ti presenti hai riscontrato differente interesse o maggiore sostegno tra candidature femminili e maschili? E fra i futuri elettori, essere in lista per rappresentare il genere, in base alle ultime regole elettorali, ti è sembrato che fosse considerato un metodo squalificante?
Non mi pare che ci siano state parzialità. Noi candidate siamo accolte con cordialità e attenzione; anzi, ci viene dato molto spazio. E i futuri elettori sono persino affettuosi. Che io sia fortunata perché il calore umano campano è noto nel mondo?
Nel quartetto dei candidati al plurinominale al Senato per +Europa, poi, sono l’unica nata in Campania: forse è per questo che riesco a stabilire un immediato contatto empatico con le persone (tantissime) che incontro.
Detesto, inoltre, parlare di massimi sistemi o fare promesse roboanti: sono una pratica che vuole applicarsi a elaborare proposte per mitigare la piaga più purulenta del territorio: la disoccupazione giovanile, che, in certe province campane raggiunge e supera il 50%. Abbiamo potenzialità importanti, tutto sta a identificarle e a mettere in moto i meccanismi… naturalmente, in gioco di squadra con le altre istituzioni. Bisogna superare l’incomunicabilità fra di esse. Rendersi utile affinché ciò avvenga mi pare una missione faticosa ma fondamentale.
-Una campagna molto calda, indubbiamente. I confronti pubblici e mediatici fra candidati di liste diverse non sempre chiariscono le idee al pubblico al quale sono rivolte e finiscono in risse dalle quali è difficile sottrarsi. Ti conosciamo come una persona civile, preparata e ”tosta”, queste qualità sono state sufficienti a cavalcare il confronto?
In realtà, confesserò che ho avuto un unico confronto pubblico, anzi televisivo con un esponente di un’altra formazione politica, ma valeva per tutti, vista l’aggressività che pratica come suo modus vivendi e la sua conclamata misoginia: Mario Adinolfi.
E’ stato così volutamente sprezzante nei miei confronti che, in realtà, si è attirato l’antipatia dei telespettatori, a meno che non fossero catechizzati verso i suoi ‘Deus vult’.
Mi ha bombardata sul tema dell’aborto, come se Emma Bonino l’avesse inventato lei e non ci fosse da 40 anni una legge dello Stato confermata da referendum. Gli ho fatto notare che, sulla mia pagina Facebook, gli attacchi su questo tema arrivano solo da interlocutori maschili. Mettono bocca, fanno la morale, loro condomini di sesso di chi violenta, ingravidando forzatamente una donna, oppure pretende, in una coppia, di decidere di lavarsi le mani del frutto del proprio seme; non hanno idea della sofferenza che accompagna questa decisione. I loro ciechi e biechi pregiudizi li conducono a presumere che ci si determina all’aborto come si sceglie di mangiare pastasciutta o risotto o che sia un metodo anticoncezionale alternativo ‘normale’ per evitare loro il ‘fastidio’ del preservativo.
Un’amica mi ha raccontato che il marito, la notte precedente ad un aborto terapeutico determinato dal proprio contagio di sifilide a causa di un rapporto mercenario in costanza di matrimonio, dormì saporitamente e la mattina dopo si lamentò perché lei aveva pianto per tutta la notte, disturbandolo.
Credo di aver tenuto a bada in trasmissione il bieco Adinolfi; quanto al suo comportamento inqualificabile dietro le quinte o a telecamere spente, ho persino ricevuto la solidarietà in una mail scrittami il giorno dopo dal conduttore televisivo.
Un essere inqualificabile, che strumentalizza temi di facile popolarità per captare i voti dei supertradizionalisti, mimetizzando le sue incoerenze esistenziali. Dovrebbe invece essere grato a Emma Bonino per il suo ruolo nella campagna per il divorzio, in quanto lui, il paladino della famiglia, ne ha due (come me, d’altronde, ma non mi propongo come apostola della famiglia, pur credendo in essa e proponendomi di agire a favore delle politiche di supporto a essa). Bisogna sempre diffidare dei supposti profeti.
-Quali sono le domande più frequenti che ti hanno posto?
Lavoro, pensioni, aiuto per uscire da uno stato di bisogno. Le comunità, qui in Campania. suppliscono con un welfare alternativo, dettato dall’amore e dall’amicizia. Non può continuare così, però, perché la politica ha ragione di esistere proprio per dare benessere ai cittadini e le proposte di +Europa in materia sono le uniche concrete fra i programmi (o apparenti tali) presentati in campagna elettorale dalle forze politiche.
L’ho detto in trasmissione: non guardate agli slogan per decidere chi votare, leggete i programmi. Il voto è un atto di responsabilità verso la comunità, non un reality show.
-Ti è sembrato che ci si aspetti qualcosa di più o di diverso da una donna?
Si è consapevoli che noi donne abbiamo nel DNA la cura degli altri. Tutti gli elettori ci guardano con maggiore fiducia, perché sappiamo trasmettere il nostro essere affidabili, concrete, attive. Si aspettano attenzione: è un imperativo categorico verso chi ci ha affidato la vita propria e del suo territorio con una semplice ics così responsabilizzante.
-Se eletta, dopo questa esperienza, quali saranno le cose su cui ritieni impegnarsi con maggiore vigore?
Le politiche culturali e dell’istruzione, quelle destinate alle pari opportunità – mica sono un diritto quesito, ma si erodono continuamente, se non le presidiamo -, i temi dell’infanzia e dell’adolescenza, il welfare.
Un’agenda fitta, perché sai che sono una che, nel lavorare per raggiungere i propri obiettivi, non si risparmia. Voglio anche inaugurare un’attività di ascolto, perché tanti cervelli in parallelo sono meglio di uno solo.
-Cosa vuoi dire alle donne che ti sostengono o che ti sosteranno il 4 Marzo?
Che l’impegno delle donne in politica è l’unica rivoluzione incruenta possibile. E io sono una ribelle rivoluzionaria. Rifuggo i conformismi e voglio servire: i miei elettori, l’Italia, l’Europa. Perché, per il bene dell’Italia, ci vuole più Europa.
Nella foto: confronto tra Annamaria Barbato Ricci e Mario Adinolfi nella trasmissione Coffee Break