IL PUNTO SUL PNRR: OPPORTUNITA’, CONDIZIONALITA’, CONCRETEZZA

da | Lug 21, 2022 | Donne ed economia

L’impatto del Pnrr sui territori

Una delle priorità trasversali del Pnrr riguarda la riduzione dei divari territoriali che caratterizzano il nostro paese. Non solo tra nord e sud ma anche tra i centri maggiori e le zone periferiche. Ciò dovrà avvenire attraverso investimenti in diversi settori. Dalle infrastrutture alla mobilità sostenibile, dagli interventi per sanità e sociale a quelli per la digitalizzazione.

In questo contesto gli enti territoriali saranno chiamati a ricoprire un ruolo di primo piano. A regioni, province, città metropolitane, comuni e altri soggetti territoriali infatti sarà affidata la gestione diretta di una parte cospicua delle risorse europee assegnate all’Italia per un totale di € 66,4 mld .

In particolare le amministrazioni territoriali potranno essere coinvolte attraverso 3 diverse modalità:

1)Regioni, province, comuni e altri enti territoriali possono in primo luogo essere nominati come soggetti attuatori. Si tratta del massimo livello di coinvolgimento previsto. In questo caso infatti gli enti coinvolti assumono la responsabilità diretta della realizzazione di specifici progetti in materie di loro competenza (come asili nido, progetti di rigenerazione urbana, edilizia scolastica, sociale). In questo caso, le amministrazioni:

  1. accedono ai finanziamenti partecipando a bandi o avvisi per la selezione di progetti emanati dai ministeri competenti, ovvero ai provvedimenti di riparto fondi ove previsto;
  2. ricevono (in genere direttamente dal ministero dell’economia e delle finanze) le risorse occorrenti per realizzare i progetti;
  3. devono rispettare gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo e concorrere al conseguimento di traguardi e obiettivi associati al progetto;
  4. sono tenuti a realizzare i progetti rispettando le norme vigenti e le regole specifiche del Pnrr (non arrecare danno significativo all’ambiente, spese entro il giugno del 2026);
  5. devono prevenire e correggere eventuali irregolarità e restituire le risorse indebitamente utilizzate.

2)In secondo luogo, i soggetti territoriali potranno beneficiare di iniziative portate avanti dalle amministrazioni centrali ma che possono avere ricadute anche a livello locale. È il caso, ad esempio, del passaggio al sistema di cloud dedicato alla pubblica amministrazione. Il coinvolgimento in questo caso avviene mediante la partecipazione a specifiche procedure di chiamata (bandi o avvisi) attivate dai ministeri responsabili.

3) Un’ultima modalità di partecipazione degli enti territoriali prevede il loro contributo nell’individuazione dell’area più idonea per la realizzazione di interventi di competenza di amministrazioni di livello superiore (mobilità, ferrovie/porti, sistemi irrigui, banda larga, ecc.). In questi casi la definizione degli investimenti e delle opere da realizzare dovrebbe tenere conto delle istanze delle comunità locali, attraverso la convocazione di specifici tavoli di concertazione.

Ma come si distribuiranno questi fondi tra le varie voci del piano?

Gli enti territoriali sono coinvolti maggiormente per transizione ecologica, salute e sociale.

La maggior parte di queste risorse (circa 20 miliardi di euro) saranno destinate alla missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. In questo contesto gli enti territoriali saranno coinvolti nella realizzazione di interventi legati, tra le altre cose, alla messa in sicurezza dei territori, alla mobilità sostenibile e all’efficientamento energetico degli edifici.

Un’altra voce molto rilevante è la missione 5 “Inclusione e coesione”. In questo caso le risorse assegnate agli enti territoriali serviranno per la realizzazione di progetti legati alla rigenerazione urbana e all’edilizia sociale.

Altri 15 miliardi di euro saranno poi investiti per il potenziamento delle strutture sanitarie (missione 6). In questo caso però le risorse saranno affidate direttamente alle aziende sanitarie e ospedaliere.

Suddividendo le risorse in base ai soggetti beneficiari, possiamo osservare che la maggior parte di queste saranno affidate a comuni e città metropolitane (28,3 miliardi di euro). Un cifra vicina agli 11 miliardi di euro invece potrà essere distribuita per progetti di competenza alternativamente di regioni, province o comuni. Un cifra simile invece ricadrà nella gestione esclusiva degli enti regionali.

Infine circa 1,3 miliardi saranno distribuiti ad altri enti territoriali. Tra questi le autorità di bacino e portuali, gli enti di governo dell’ambito territoriale ottimale (Egato). In alcuni casi potranno essere coinvolti anche soggetti privati tramite progetti di cofinanziamento.

Gli investimenti da realizzare nell’ambito del Pnrr dovranno necessariamente essere completati entro il 2026. Se ciò non accadesse infatti l’Italia rischierebbe di andare incontro a delle sanzioni che potrebbero arrivare anche al blocco dei fondi da parte delle istituzioni comunitarie.

La Commissione Europea può bloccare l’erogazione delle risorse qualora fossero registrati dei gravi scostamenti dal raggiungimento dei target intermedi e finali.

Per quanto riguarda gli interventi del piano che vedranno un coinvolgimento a vario titolo da parte degli enti territoriali, possiamo osservare stati di avanzamento diversi. In alcuni casi infatti le risorse sono già state assegnate, in altri è stato pubblicato l’avviso per la presentazione di proposte. Altre misure invece sono più indietro nell’iter.

Da ricordare comunque che anche l’assegnazione delle risorse non significa necessariamente che i cantieri siano già operativi. Spesso infatti la amministrazioni locali dovranno a loro volta pubblicare dei bandi per individuare le ditte che si occuperanno della realizzazione pratica degli interventi.

Per noi donne?

L’impatto della pandemia ha aumentato da 99,5 anni a 132 anni il totale di anni necessari per raggiungere la parità tra uomini e donne, Secondo il Global Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum.

Se anche prima della pandemia si osservavano condizioni differenti tra uomini e donne sia dal punto di vista dell’ingresso nel mercato del lavoro, che dal punto di vista del mantenimento e della qualità dell’occupazione, negli ultimi 2 anni, si è registrato un aumento della disparità e una diminuzione della partecipazione delle donne.

Eppure, molti studi dimostrano che tra le imprese che sono riuscite a instaurare un clima di parità e inclusione, i profitti sono superiori alla media (+25-35%), vi è un più alto tasso di innovazione (+20%) e una migliore capacità di gestire i processi decisionali che si traduce in un +30% della capacità di individuare e ridurre i rischi aziendali.

L’investimento del Pnrr “Sistema di certificazione della parità di genere” (Missione 5 Coesione e Inclusione – Componente 1 Politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione – Investimento 1.3), a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità, mira ad accompagnare ed incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree maggiormente critiche, quali ad esempio, opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni e tutela della maternità.

Per la realizzazione di questo intervento le risorse totali assegnate al Dipartimento per le pari opportunità in base al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 6 agosto 2021, ammontano a euro 10.000.000.

La certificazione della parità di genere è stata regolata dalla legge 5 novembre 2021, n.162 (legge Gribaudo), che ha modificato il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità), e dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, art.1, commi 145-147 (legge di bilancio 2022).

Come specificato nell’allegato alla Council Implementing Decision (Cid) del 13 luglio 2021 e nei due allegati agli Operational Arrangements (Oa) firmati dal Ministro dell’economia e delle finanze il 23 dicembre 2021, l’investimento “Sistema di certificazione della parità di genere” prevede il raggiungimento dei seguenti traguardi e obiettivi:

  • traguardo M5C1-12: entrata in vigore del sistema di certificazione della parità di genere e relativi meccanismi di incentivazione per le imprese – entro il quarto trimestre 2022. Il sistema di certificazione della parità di genere e i relativi meccanismi di incentivazione per le imprese devono contemplare almeno le dimensioni seguenti: opportunità per le donne di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze di genere, tutela della maternità. Definizione dei meccanismi di incentivazione per le imprese che intraprendono il processo di certificazione e degli orientamenti tecnici, compresi: I) l’elaborazione delle norme tecniche del sistema di certificazione della parità di genere per le imprese; II) l’identificazione dei meccanismi di incentivazione; III) la misura deve essere accompagnata dall’istituzione di un sistema informativo.
  • obiettivo M5C1-13: ottenimento della certificazione della parità di genere da parte di almeno 800 imprese (di cui almeno 450 piccole e medie imprese e microimprese) – entro il secondo trimestre del 2026. Le imprese devono farsi carico dei costi del proprio processo di certificazione.
  • obiettivo M5C1-14: ottenimento della certificazione della parità di genere da parte di almeno 1000 imprese sostenute attraverso l’assistenza tecnica – entro il secondo trimestre del 2026. Per la fornitura di misure di accompagnamento sotto forma di tutoraggio, supporto tecnico-gestionale, misure di equilibrio tra vita professionale e vita privata ed educazione all’imprenditorialità si ricorrerà a un sistema di voucher.

Con la legge n. 162/2021 è stata istituita la certificazione della parità di genere, un documento che attesterà le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Inserita tra gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR), la certificazione della parità di genere prevede che le imprese si impegnino a misurare, rendicontare e valutare la propria organizzazione sulla base di Key Performance Indicator (KPI- indicatori chiave di prestazione).

Il 16 marzo 2022 è entrata in vigore la prassi di riferimento UNI 125/2022, che riflette gli esiti del confronto avvenuto tra i soggetti rappresentanti il mercato e la società civile, coordinato dal Dipartimento per le Pari Opportunità: sono previste sei aree di indicatori, attinenti alle differenti variabili, che possono contraddistinguere un’organizzazione inclusiva dal punto di vista della parità di genere.

La Prassi di Riferimento è un documento di applicazione volontaria che ha l’ambizione di essere uno strumento per colmare i gap attualmente esistenti nelle imprese e diventare un asset aziendale importante.

Ma quali vantaggi comporta acquisire la certificazione della parità di genere e come può Regione Lombardia sostenere le imprese accanto alle iniziative del Dipartimento per le Pari Opportunità?

Il 1° luglio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto della Ministra Bonetti del 29 aprile 2022 – emanato ai sensi dell’art 1, comma 147 della legge 30 novembre 2021 n.234 (legge di bilancio 2022) –  che recepisce le “Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator – Indicatori chiave di prestazione) inerenti alle Politiche di parità di genere nelle organizzazioni”, Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, quali parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere alle imprese.

Si tratta di un importante tassello nella costituzione del Sistema nazionale della certificazione della parità di genere alle imprese, intervento del PNRR a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità, che mira ad accompagnare ed incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere.

Nello stesso Decreto è prevista l’“informativa annuale sulla parità di genere”, da parte delle imprese, che rifletta il grado di adeguamento alla UNI/Pdr 125:2022. Ai fini del coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità, il datore di lavoro ha l’onere di fornire un’informativa aziendale sulla parità di genere per consentire loro di esercitare il controllo e la verifica del rispetto dei requisiti necessari al mantenimento dei parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere alle imprese.