Qual è il contributo delle donne alla sfida dei cambiamenti climatici: da Rio de Janeiro alla COP26 di Glasgow novembre 2021?
Alla Conferenza sull’ambiente di Rio de Janeiro ascoltai tante donne, che già nel 1992, erano consapevoli della necessità di una conversione ecologica della società. Le uniche a difendere la biodiversità, la garanzia del cibo, furono le donne. Già in quell’occasione, compresi che il nostro stile di vita sarebbe dovuto cambiare per tutelare i boschi e le foreste, non dissipare le risorse che non erano e non sono infinite, come la questione energetica sta dimostrando. In ogni conferenza cui ho partecipato- per ultima la Cop26 di Glasgow- le donne erano presenti con esperienze anche alternative, come le contadine che conservano i semi antichi, che garantiscono ancora oggi un cibo sano e libero dai pesticidi, un’agricoltura biologica. Purtroppo queste esperienze difficilmente incidono sulla politica e sulle decisioni. In trent’anni i movimenti hanno fatto passi da gigante, molta della cultura dell’ambiente si è affermata, ma non è sufficiente. Manca una governance dell’ambiente, sia a livello italiano che europeo che internazionale. Eppure non mancano gli indirizzi: tra i 56 documenti approvati a Glasgow, il Gender and Climate Change affronta la questione dell’integrazione della dimensione di genere nel piano di azione per il clima, a partire dall’accesso alle tecnologie informative, dall’analisi delle diseguaglianze di genere che possono avere un impatto sull’attuazione di un’efficace azione per il clima. Il documento richiama la necessità di garantire un’equa partecipazione delle donne alla leadership ed in tutti i processi delle azioni di contrasto al cambiamento climatico, per integrare la dimensione di genere nei piani, nelle strategie e nelle azioni nazionali sui cambiamenti climatici; di monitorare i progressi e gli impatti differenziati di genere, esplorando i legami tra azioni per il clima e la promozione di opportunità inclusive, per tutti, in un’economia a basse emissioni; invita a garantire una transizione giusta e la piena partecipazione delle donne e a migliorare i livelli di rappresentanza nelle delegazioni, e in tutti gli organismi istituiti, valorizzando il ruolo delle donne come agenti centrali del cambiamento, rafforzando la capacità delle donne e promuovendo l’accesso ai finanziamenti per i clima per le organizzazioni femminili.
Quando si parla di donne e cambiamento climatico, quali sono gli stereotipi che entrano in gioco?
Il problema più rilevante è che tutti, spesso anche le donne che rivestono ruoli di potere, fanno un po’ di greenwashing e non riescono ad incidere, anche se qualche segnale positivo si intravede, come la possibilità di partecipare ai processi decisionali, garantendo l’accesso alle risorse, il superamento delle diseguaglianze sociali, culturali e ambientali. Il ruolo delle donne, che è stato centrale nella storia della vita sul pianeta, ha garantito l’equilibrio degli ecosistemi sino all’emergere della società industriale. Oggi abbiamo il problema della povertà, delle diseguaglianze che, con i cambiamenti climatici , si acuiranno, così come i problemi legati all’utilizzo delle risorse idriche e marine, all’utilizzo del suolo. Una possibile soluzione va trovata nell’affidare la governance ambientale alle donne come protagoniste centrali della transizione ecologica.
Fece molto discutere nel 2019 un video su Instagram in cui la deputata democratica statunitense Alexandria Ocasio-Cortez, pose questa domanda: va ancora bene avere figli all’epoca dei cambiamenti climatici? Qual è la relazione tra cambiamenti climatici, percezione del rischio ambientale e scelte riproduttive in Italia?
In realtà c’è un grande problema a livello globale di controllo delle nascite, ma oggi occorre difendere il diritto ad un’esistenza sufficiente, soprattutto per le fasce più povere delle nostre città, in particolare le periferie. Quando c’è un’alluvione sono le persone, che vivono in situazioni di fragilità e povertà, ad essere colpite. Occorre riprendere il grande problema della vera rigenerazione delle periferie urbane, non a parole. In primo luogo, occorrere avviare un grande percorso di consapevolezza, rispetto alla percezione del rischio ambientale. Ricostituire un patto di fiducia con le persone, con le donne: oggi non dobbiamo più solo puntare all’educazione ambientale nelle famiglie, ma ad un vero e proprio empowerment climatico (istruzione, formazione, sensibilizzazione, partecipazione del pubblico, accesso all’informazione e cooperazione internazionale sui cambiamenti climatici). A questo tema è dedicato un importante documento approvato alla Cop26 di Glasgow 2021, “Glasgow work programme on Action for Climate Empowerment”. L’Action for climate Empowerment svolge un ruolo fondamentale nel promuovere cambiamenti negli stili di vita, nei comportamenti necessari per promuovere uno sviluppo a basse emissioni, resiliente al clima e sostenibile. I governi regionali, nazionali, locali, le istituzioni educative e culturali, le organizzazioni non governative, i decisori, gli scienziati, i giovani, le donne svolgono un ruolo centrale nel garantire l’azione di empowerment climatico.
Le donne sono state, negli anni, protagoniste delle battaglie per il clima e per la terra. Alcune esperienze sono raccolte nel volume Spigolatrici di ambiente.
Nel nostro volume ‘Spigolatrici d’ambiente” lo sguardo di genere si sviluppa a partire dall’analisi della molteplicità dei percorsi teorici, dall’ecofemminismo che si fonda sull’incontro tra femminismo ed ecologia per combattere la comune oppressione delle donne e della natura sino ad indirizzi di pensiero importanti quali la coscienza del limite, il principio di precauzione che pervengono ad un’etica ecologica della cura, superando la prospettiva individualistica, per divenire responsabili del destino dell’aria, dell’acqua, della terra, schiudendo una nuova idea di cittadinanza fondata sull’etica della sostenibilità, dove la cura è centrale non solo per le donne, ma per l’umanità intera e gli ecosistemi.
Spigolatrici d’ambiente
A cura di Pinuccia Montanari con prefazione di Amedeo Postiglione, Libreria editrice fiorentina, 2021
Le autrici, portatrici di riflessione e prassi sensata su terra e ambiente, riportano al centro l’analisi ambientalista e femminista, la critica all’ideologia dello sviluppo, il principio di responsabilità, la prospettiva di una società della cura, dove anche l’universo maschile non può non essere coinvolto. Un’analisi ‘eretica’ del cambiamento climatico inteso non come il noto fenomeno descritto da scienziati, ma come mutamento del clima culturale. Un salto di qualità della coscienza collettiva che ha visto al centro il ruolo chiave delle donne. Dalle antesignane come Vandana Shiva o Gro Harlem Brundtland alle giovani donne in prima fila nei movimenti giovanili, come Fridays for future, che negli ultimi anni hanno risvegliato gli abitanti della terra. Scrive Amedeo Postiglione nella prefazione “Far conoscere il contributo delle donne nella promozione del valore ambiente nei differenti aspetti (scientifici, tecnici, economici, sociali, culturali, educativi, politici ed istituzionali) costituisce un dovere, perché corrisponde ad un criterio di verità”. Resta aperto il tema della governance che risponde ancora oggi a logiche estranee alle necessità del pianeta, degli ecosistemi, delle città, delle persone.
fonte: https://portalecug.gov.it/notizie-ed-eventi/magazine-la-voce-dei-cug-maggio-2022-n-5