Non sussiste una proporzione matematica: pur rispettando l’affido condiviso il bambino passerà più giorni con chi ha una relazione affettiva e un ambiente sociale più consoni – Ordinanza, 19 dicembre 2018
Nella pratica l’affido condiviso non ha cambiato molto: perché? Ancora oggi i genitori separati non hanno diritto a trascorrere la stessa quantità di tempo con i figli. Passerà più giorni con il bambino chi è in grado di instaurare un legame affettivo molto forte e di farlo crescere in un ambiente sociale più consono. Statisticamente, secondo i giudici, le mamme.
A questa decisione destinata ad aprire un dibattito aspro è giunta la Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 31902 del 10 dicembre 2018, ha respinto il ricorso di un papà che chiedeva di passare più tempo con la figlioletta.
Il caso
La vicenda riguarda una coppia gravemente in conflitto, tanto da richiedere l’intervento dei servizi sociali. A questi ultimi era stata affidata la bambina con collocazione prevalente presso la mamma, nonostante la donna avesse vissuto con conflitto così aspro anche con il precedente marito. Inutile il ricorso dell’uomo alla Suprema corte con il quale veniva rivendicato il diritto a condividere con la piccola lo stesso numero di giorni. La prima sezione civile lo ha respinto confermando un ridotto diritto di visita del padre.
Le motivazioni
Alle obiezioni mosse dalla difesa in sede di legittimità gli Ermellini hanno risposto che il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore a essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l'applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore in quanto l'esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell'altro genitore. Ciò anche perché, ricordano i Supremi giudici, «in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità a un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione».