Un panorama critico quello misurato dall’Istat sulle molestie a sfondo sessuale subite da uomini e donne.
Negli ultimi tre anni precedenti le interviste, avvenute dalla fine del 2022 al 2023, più di mezzo milione sono state le donne molestate sessualmente sul lavoro e 65 mila con ricatti sessuali 1 milione 311 mila hanno subito invece, molestie sessuali al di fuori del lavoro, in discoteca, al cinema, sui servizi di trasporto o per la strada.
Anche gli uomini hanno subito molestie a sfondo sessuale, ma molte di meno. E sono uomini la grande maggioranza degli autori di molestie contro le donne, come uomini sono anche in gran parte gli autori di quelle contro gli uomini: il 59% nel caso di molestie sessuali fuori dal lavoro.
I ricatti sessuali sul lavoro sono una forma di violenza terribile, umiliante per le donne. L’uomo sfrutta la sua posizione di vantaggio o di potere, per ottenere prestazioni sessuali da donne in difficoltà che magari cercano lavoro o da donne che vogliono mettersi in gioco, per progredire nella carriera. Una forma di violenza economica orribile nell’ambito della quale gli uomini sfruttano le situazioni asimmetriche a sfavore delle donne, abusando del potere che hanno, ai danni del corpo e dell’anima delle loro vittime. “Sono abituato a fare così, non fare storie” ordinava Weinstein negli Stati Uniti, quando ancora era all’apice del potere, come a dire, tu sei la mia preda, obbedisci, dispongo io dite. E terribile, anche perché spesso le donne non denunciano. Ciò avviene nell’87,7% dei casi anche se il ricatto subito viene considerato grave dalle donne. E così
anche in questo caso domina l’impunità dell’autore. Un terzo non denuncia perché ha paura di essere giudicata, un quarto per vergogna, un altro terzo perché non pensa che l’atto sia così grave da essere denunciato. E soprattutto il 39,8% non accetta il ricatto ed è costretta a rinunciare al lavoro.
Un dato interessante va sottolineato. Le molestie a sfondo sessuale sono in diminuzione. Certo è difficile darne una interpretazione univoca, soprattutto per gli anni che stiamo considerando. Nei tre anni di riferimento, infatti, rientrano il 2020 e il 2021, due anni anomali, con l’anno della pandemia e il successivo, quando per le limitazioni imposte, l’esposizione al rischio da parte delle donne a tutte le forme di molestie era più bassa. Basta pensare che si usavano poco i mezzi pubblici, non si andava a cinema o a teatro o al ristorante, insomma si era meno esposti al rischio di molestie sessuali. E ciò anche in ambito lavorativo, con l’utilizzo del lavoro a distanza e la stessa maggiore perdita di lavoro. E vero anche però che siamo di fronte ad una tendenza di più lungo periodo di diminuzione di molestie sessuali, dovuta a una maggiore crescita della coscienza e libertà femminile, specie tra le giovani, meno disponibili che in passato a subire e a un conseguente cambiamento anche maschile, dovuto a una condanna sociale più diffusa. Dovremo verificare con la
prossima rilevazione Istat quanto in una situazione di maggiore normalizzazione gli indicatori si modificheranno. Va anche aggiunto che le forme di molestie mutano nel tempo. Si riducono le telefonate oscene dal 18.5% del 1997-1998 al 2.3% di oggi, l’esibizionismo passato dal 4,2% allo 0.8%, le molestie verbali, i pedinamenti, le stesse molestie fisiche che però sono stabili rispetto all’indagine del 2015 — 2016, come
l’invio di materiale pornografico (1,4%).
Tuttavia resta, questo delle molestie maschili, un fenomeno largamente diffuso e sul quale è necessario esercitare la massima intransigenza e denuncia sia da parte dei mass media, che di coloro che le subiscono, e da chi vi assiste, donne e uomini.
E ora che i molestatori sentano pressante intorno a loro la ferma condanna sociale, e la piena solidarietà femminile.
La Repubblica, 02/07/2024