Le mamme per prime comprendono i disagi dei propri figli nei confronti ad esempio della scuola, disagi che possono affiorare quando ad esempio dalle superiori si passa all’università: chissà quanti ragazzi stano per compiere questo passo!
E nel nuovo passaggio dopo gli entusiasmi iniziali possono manifestare un qualcosa di poco definito che li fa sembrare chiusi, scontrosi e svogliati: il cosiddetto male di vivere. Le ragioni possono essere tante. Tutto è andato bene fino alla maturità poi il cambiamento.
La prima cosa da chiedersi è se la scelta dell’università sia stata una valutazione autonoma. E le precedenti scelte, il ragazzo le ha fatte da solo seguendo la propria inclinazione?
Potrebbe anche essere che questo figlio sia magari sempre stato diligente ed ora sia stufo di essere un "bravo figliolo", che questa sua vita gli vada stretta forse perché troppo predeterminata.
Oppure c’è qualcosa di cui non vuole parlare, che pesa, e tenendola dentro diventa sempre più ingombrante tanto da fargli perdere la naturale voglia di vivere dell’età.
Il suggerimento che mi sento di dare è quello di non far domande al proprio figlio, ma orientare il discorso in modo tale che il messaggio che giunga al ragazzo sia: "Sentiti libero di fare ed essere quello che sei, per me va bene in qualunque modo".
Le parole da usare devono essere le più spontanee e normali possibili quando l’occasione è propizia, l’importante è essere molto convincenti cosicché, qualunque sia l’ostacolo, esso possa manifestarsi senza reticenza.
Fondamentale è anche che il discorso abbia luogo in modo apparentemente casuale e ripetuto in diverse circostanze.
Con un intervento simile, se la questione è solo comunicare qualcosa di scomodo, il figlio dovrebbe uscire dal periodo di stasi ed iniziare l’indispensabile percorso verso il ri-conoscimento di Sé.
Maria Giovanna Farina