Immaginate una casa della vecchia Roma.
Di accedervi salendo scale scalcagnate, sempre più in alto, oltre l’ultimo piano.
In quella piccola abitazione sui tetti, da dove si potevano vedere i ruderi di Piazza Argentina si riunivano giovani ribelli degli anni 60-70. Quelli e quelle che volevano fare la rivoluzione, altri indecisi sul da farsi, gli ideologhi, studenti e lavoratori, insieme, in attesa che il futuro li accogliesse.
E immaginate di ascoltate la voce di Giovanna Marini che li accompagnava in quel pezzo di storia.
Era quella l’epoca del Canzoniere Italiano, della musica folk che questa autrice, cantante e musicista, regalava accompagnata dalle note della sua chitarra.
E ci stavano, loro, accovacciati sui cuscini, sui divani un po’ dismessi, in attesa che arrivasse l’ora del secondo Novecento.
Il commiato da Giovanna Marini ci riporta a quel tempo. Così ricco, prezioso, coraggioso, generoso. Di lotta e di scontri, di amicizia e solidarietà, di slogan e pensieri, di violenza. Con lei se vanno via quegli anni.
Ha saputo suonare e raccontare quell’Italia che, sempre più lontana temporalmente, ha contribuito tanto al rinnovamento, a creare nuova cultura, le basi migliori su cui ancora questo secolo si poggia.
E’ stata un’artista dallo stile inconfondibile, a volte anche contestato da qualcuno “troppo classica” (diplomata a Santa cecilia, seguace di Andres Segovia), per qualcun altro “sempre dolente”, eppure sempre presente.
La sua era musica polare, contadina, di guerra e di lotta. Raccoglieva in quelle note e quelle parole il dolore e le speranze di un’ intera generazione.
Una tradizione orale che, attraverso la musica, negli anni sessanta recuperava le tradizioni che l’avevano preceduta senza rottamare niente, anzi valorizzandola e traendone insegnamento.
L’arte di Giovanna Marini è stata completa, compositrice, cantante e ricercatrice.
Entrata nel 1964 a far parte del Nuovo Canzoniere Italiano insieme a Della Mea, Bertelli, il Duo di Piadena, Caterina Bueno e altri, divenne una dei protagonisti di quegli anni musicali strettamente legati con quelli sociali.
Cantante e poetessa, impegnata e militante, ricercatrice instancabile, trasmettitrice delle radici e delle inquietudini italiane. Definita in quegli anni, e anche in quelli a venire, la ‘Joan Baez italiana’ , ha continuato nei decenni successivi ad impegnarsi fondando anche una Scuola Popolare di Musica in un quartiere popolare di Roma, poi come docente di etnomusicologia presso la Scuola popolare di musica di Testaccio e all’università di Saint-Denis.
Infine, Giovanna Marini, nostalgica accompagnatrice di quei giovani non più giovani, ha continuato a testimoniare ed ispirare numerosissime iniziative che hanno sempre avuto come obiettivo il “canto degli ultimi”, i giovani, la speranza.
E’ stata definita, e così sarà ricordata, un pezzo della colonna musicale italiana del Novecento per avere riportato in auge, attraverso un lavoro filologico, il valore del canto popolare e il suo valore politico.
Nel 1989, in occasione dei duecento anni della Rivoluzione francese ha musicato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed è stata attiva sino agli ultimi giorni, come testimonia la sua partecipazione alla Festa della Liberazione dello scorso 25 aprile 2023 dirigendo il coro della Scuola Comunale di Musica di Monte Porzio Catone, dove da tempo aveva deciso di vivere.
In una recente intervista per un documentario Rai, descrisse il significato più profondo del suo immenso lavoro con queste parole: “Cercando i suoni, ho incontrato le persone”.
«Mi sono svegliata a metà degli anni 50, quando nascevano i cantacronache con la musica di protesta. Autori come Michele Straniero, Sergio Liberovici e Fausto Amodei si univano a Calvino, Eco, Rodari. A Milano, Giangiacomo Feltrinelli fondava la sua casa editrice, c’erano Ernesto De Martino, Diego Carpitella, Gianni Bosio che lavoravano per portare alla luce la cultura popolare. Gli intellettuali erano l’anello di congiunzione fra il mondo agricolo e quello contadino prima, operaio dopo. Un miracolo, come avvenne solo negli anni 20 e 30 in Germania con Brecht che si unì a Weill» , Giovanna Marini.