Figli in affido condiviso anche se la madre è stata condannata per aver calunniato il padre, 7 dicembre 2010

da | Dic 11, 2010 | Anno 2010


Figli in affido condiviso anche se la madre è stata condannata per aver calunniato il padre. Accolto il ricorso di una donna che aveva accusato falsamente il compagno di aver abusato della figlia
 
Cattive notizie per i padri separati. Una nuova pronuncia della Cassazione, depositata oggi, annulla l’affido esclusivo dei figli al padre, deciso perché la madre era stata condannata per calunnia nei suoi confronti, accusandolo falsamente di aver abusato della figlia fin da piccola. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso della donna, ricordando che la regola dell’affido condiviso può essere derogata solo in presenza di una convincente motivazione non solo sull’idoneità del genitore affidatario, ma anche sulla presunta incapacità dell’altro genitore. Non basta il richiamo alla sentenza di condanna.
La Suprema Corte, con la sentenza 24841 del 7 dicembre 2010, ha quindi accolto il ricorso di una donna contro la sentenza con cui la Corte d’Appello di Bari aveva deciso l’affido esclusivo dei tre figli della coppia, non sposata, al padre. La donna era stata condannata dal Tribunale del capoluogo pugliese per calunnia nei confronti dell’uomo, accusato falsamente di aver abusato della figlia più piccola. La madre impugnava però la decisione, sostenendo che non poteva basarsi esclusivamente sulla sentenza di condanna, peraltro non ancora passata in giudicato. La sesta sezione civile le ha dato ragione, giudicando insufficiente la motivazione data dai giudici di merito, alla stregua dell’ormai consolidato principio di diritto in base al quale “alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti "pregiudizievole per l’interesse del minore", con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non piú solo in positivo sulla idoneità dei genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore.”