Che il nuovo look “biondissimo” della cantante italiana Laura Pausini, sia vero o una fake news, che sia solo una trovata pubblicitaria per lanciare il suo nuovo singolo, che sia un modo per mantenere l’attenzione mediatica e il seguito di followers che vivono (purtroppo) di morbosa curiosità, che sia una di quelle trovate che alimentano incessantemente il variegato mondo del WEB (e gli interessi che girano attorno ad esso) ne prenderemo atto tra qualche tempo, se questa immagine sarà confermata o sparirà dalla rete così come è venuta.
Non è la prima donna pubblica che usa i social e i suoi canali per mostrarsi, lanciare mode, rinnovando la propria immagine anche falsamente “privata”, per creare attenzione e ricavarne denaro.
Molto utilizzato è il cambiamento di loook (lanciando stilisti), il trucco (spesso promuovendo proprie linee di prodotti o prestando la propria immagine per sponsorizzarli). La trasformazione più utilizzata, più visibile, più proponibile (imitabile) riguarda le acconciature dei capelli.
Si! Perché essi sono la parte esterna che più indica l’essenza femminile.
Dalle più antiche immagini (dal paleolitico) che ci sono pervenute, le donne sono state rappresentate con capelli lunghi (a volte anche gli uomini ma quasi sempre accompagnati da armi), successivamente dipinte da grandissimi artisti (la Gioconda, la Primavera , la Madonna ecc.), raccontate e cantate da grandissimi artisti, poi da esperti della comunicazione.
E le donne hanno sempre coltivato i capelli come una dote da portarsi dietro.
Capelli come ornamento e bellezza ma anche, ancora una volta, come mezzo di sfruttamento (florido il commercio di capelli per farne parrucche) o, peggio, di punizione, castigo, umiliazione. Vorremmo non ricordare (ma è storia) la rasatura totale imposta alle donne nei campi di concentramento come per le collaborazioniste.
Insomma, niente di più radicale per evidenziare la colpa di una donna privandola simbolicamente della propria femminilità: una punizione sessista.
Poi i costumi sono cambiati, evoluti o involuti?, mantenendo fino ai giorni nostri (come erano svolazzanti i capelli dell’astronauta Samantha Cristoforetti!) grande attenzione per le capigliature femminili.
Capelli di seta, capelli d’ angelo, capelli leggiadri, capelli rossi come il fuoco o come il rame, neri corvino, biondi oro o platino, castani o nocciola.
Lisci, ricci, ondulati; lunghi da “femmina” o corti alla “maschietta”. Poi tanti quelli scialbi, disordinati, quelli comuni alle donne che non hanno tempo o soldi, che il casco o il phon li vedono in occasione delle feste, delle cerimonie.
Scriveva Coco Chanel, ‘una donna che si taglia i capelli, è una donna che sta per cambiare vita ‘…
Cosa c’è di meglio di dare un taglio e cambiare colore per dimenticare un periodo negativo della vita, una delusione d’amore, una sconfitta lavorativa, una malattia, una crisi esistenziale.
Rinnovarsi per sentirsi diversamente “nuove”, che non vuol dire “meno sfigate” ma combattive e non meno femminili. Un cambiamento è sempre una sfida futura.
Anche la psicologia ha trattato questo “fenomeno”, che tale non è, legandolo anche alla memoria. Dimenticare, rimuovere o superare un periodo della propria vita, dimenticare il dolore.
Anche attraverso un gesto simbolico e pratico, come quello del “taglio” legato dunque a doppio filo ad una processo di accettazione del prima per giungere alla trasformazione del dopo.
Non sappiamo se è questo il processo che potrebbe accumunarci alle donne “pubbliche” che ci appaiono sempre straordinarie, “invidiabili”. La differenza sta sempre nel vissuto individuale, quello che nessuna è in grado di valutare attraverso un’immagine senza anima.
E se molte celebrità femminili hanno messo in mostra un cambiamento, cominciando dalla testa, è un accadimento che ci lascia lontane.
Perché, dietro queste apparenti metamorfosi, si leggono piuttosto il bisogno d’incontrare, accontentare, riproporsi a vari settori di pubblico, siano giovani o meno, uomini o donne. Una questione di marketing spesso (produttori e manager devono spremere la gallina dalle uova d’oro) che fa subito moda, tendenza, ascolto.
Nella fattispecie del genere femminile, quest’uso abuso esteriore del corpo manda messaggi superficiali che non cambiano la “cultura stereotipata” di genere, anzi, ne coltivano un ruolo superficiale, facilmente vittima di abuso ( non necessariamente legato al sesso) per un mercato sì di sfruttamento patriarcale.
Per quanto ci riguarda, cambiamo la nostra chioma se ci piace farlo. C’è forse un modo più netto e veloce per “darci un taglio”? per cambiare in modo drastico la nostra immagine esteriore piuttosto che rimanere immobili a rimuginare sperando nella provvidenza?
Purché si conservi la propria identità.