Costretta a lavorare in nero perché incinta: licenziamento nullo, scatta il tempo indeterminato
Condanna ottenuta dalla consigliera di parità: specioso il mancato superamento della prova dopo vari contratti a termine
Basta con le donne lavoratrici incinte oscurate nel limbo degli “invisibili”. Diventa in “nero” il rapporto di servizio quando il datore scopre la gravidanza della dipendente che ha collezionato una serie di contratti a tempo determinato. Ma prima scatta il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova. E invece no, è confermato il decreto d’urgenza ottenuto dalla consigliera di parità di Venezia, Federica Vedova, rappresentata in giudizio dall’avvocato Marta Capuzzo: scatta la declaratoria di illegittimità del licenziamento e l’ordine per il datore “furbetto” di regolarizzare il rapporto con la giovane donna con rapporto a tempo indeterminato e mansioni spettanti di diritto. Sono storie di cui non vorremmo sentir parlare soltanto l’otto marzo quelle come la vicenda della lavoratrice protagonista della sentenza 546/11, pubblicata dal giudice del lavoro del tribunale lagunare. Ricatto morale Ha natura discriminatoria il provvedimento espulsivo irrogato dal datore alla giovane veneta: non fa un grinza il provvedimento ottenuto dalla consigliera di parità ex articolo 38 del D.lgs 198/06. I testi confermano: risulta pretestuoso il licenziamento per mancato superamento della prova da parte della dipendente, dal momento che la ragazza si è disimpegnata a lungo nelle stesse mansioni in una serie di contratti a tempo determinato. E oltre a essere specioso il recesso del datore senza scrupoli è anche discriminatorio: dagli atti risulta che offende pesantemente la dipendente appena viene a sapere della gravidanza, appresa a pochi giorni dall’inizio di un nuovo contratto. Di qui il mancato rinnovo e il ricatto che costringe la ragazza a continuare a lavorare sì, ma “sommersa” nell’area grigia dell’illegalità, fino a quando la gestazione le ha consente di restare in ditta. Accade anche questo nel ricco Nordest. Al datore non resta che pagare le spese di lite.