Come coniugare le politiche di parità con la sostenibilità nelle aziende

da | Gen 28, 2024 | Donne e lavoro

Obiettivo del 2024 è pensare a come superare la separazione tra i processi di rendicontazione di parità, di sostenibilità e quelli di rendicontazione finanziaria, così da poter accrescere la qualità delle informazioni sulla parità e sulla sostenibilità ai fini dell’assunzione delle decisioni,della rendicontazione e soprattutto di poter innescare il cambiamento verso la parità, l’equità e un’attenzione sempre maggiore all’ambiente.

Il presupposto di base è che il benessere dei dipendenti, uomini e donne, è la componente fondamentale in tutte le organizzazioni e per prosperare, un’azienda deve anche prendersi cura dei propri clienti e fornitori e dell’ecosistema in cui opera.

Scopo di questa riflessione è dunque quella di identificare iniziative di responsabilità sociale e modalità concrete che le aziende potrebbero prendere in considerazione per identificare le azioni da intraprendere verso una reale parità di genere e di sostenibilità sociale, ambientale ed economica che, come vederemo, percorrono gli stessi step tra loro intrecciati.Il nostro lavoro è qui finalizzato a far emergere alcuni dei vantaggi di cui le PMI, che intendono aderire al programma della certificazione di parità, potrebbero beneficiare intrecciando i dati e l’analisi sulla sostenibilità, sotto la guida attenta di un team multidisciplinare che sulla base dei Kpi della certificazione di parità utilizza le informazioni sulla sostenibilità.

Occorre essere consapevoli che non possiamo più ignorare i temi della parità e della sostenibilità perché innanzitutto occore stare al passo con il cambiamento in atto, che occorre mettere a fuoco i rischi connessi al cambiamento climatico e attivare azioni di mitigazione e adattamento concreti. Ma occorre anche adeguarsi alla crescita prevista negli obblighi di informativa per fornire informazioni agli stakeholder esterni, in particolare i fornitori e il sistema bancario.

E’ necessario identificare le aree per incrementare la presenza delle donne e il loro protagonismo al fine di migliorare all’interno dell’azienda l’efficienza e la performance, cogliere nuove opportunità, massimizzare l’impatto sociale positivo.

Sulla adesione ai principi della parità

Già nelle analisi sul quinto degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU avevamo intravisto che nelle aziende con la maggiore presenza femminile c’è anche maggiore sostenibilità economica.  

I risultati di una ricerca Robeco hanno mostrato l’esistenza di un rapporto positivo con la redditività aziendale quando l’impresa ha più del 20% di donne nel CdA, più del 30,2% di donne a livello manageriale e più del 44,7% di donne nell’organico complessivo. La ricerca mostra anche che una maggiore partecipazione femminile è legata a una migliore stabilità degli utili, ingrediente essenziale per la sostenibilità a lungo termine.(Fonte: Sole 24 Ore)

La sostenibilità non riguarda solo l’attenzione all’ambiente e alla transizione ecologica, investe il rapporto tra economia e società e per questo si declina anche nella più ampia sostenibilità sociale, di cui la parità di genere è uno dei pilastriI diritti delle donne sono innanzitutto diritti umani.

L’ONU specifica: “Non solo un diritto umano fondamentale, ma una base necessaria per un mondo pacifico, prospero e sostenibile”. Ma nonostante ci siano stati negli anni molti progressi, come l’aumento della scolarizzazione delle ragazze a livello globale e l’aumento della presenza di donne nei Parlamenti, restano ancora numerosi ostacoli per il raggiungimento di una reale parità di genere, soprattutto nell’ambito del lavoro femminile.

Secondo il World Economic Forum, per colmare il divario globale nella parità di genere, se si continua a questi ritmi, ci vorranno ancora altri 135,6 anni. Ma non potremo aspettare cosi tanto tempo!

Sostenibilità e protagonismo delle donne devono essere dunque le vie da percorrere insieme, anche in ambito aziendale, verso una vera transizione ecologica e sociale, vie al centro del Next Generation Eu per la ripartenza dell’Europa post pandemia per attivare azioni concrete e misurabili. Tra gli obiettivi misurabili, ci sono la riduzione di metà del digital divide tramite investimenti nell’educazione digitale per l’accesso delle donne alle tecnologie digitali e l’aumento dei prodotti finanziari gender-responsive che siano sensibili alle disuguaglianze di genere.

Anche il Women20, il gruppo del G20 che si occupa di uguaglianza di genere, sotto la presidenza italiana del G20 nel 2021, si era posto l’obiettivo di individuare una serie di impegni misurabili del tempo per la promozione della rappresentanza delle donne nell’economia, per promuovere una reale sostenibilità economica.

Il prossimo G7 con la Presidenza italiana dovrà porre sempre più attenzione al tema della parità di genere intrecciato al tema della sostenibilità economica, sociale, ambientale ed amministrativa come uno dei fattori chiave per il rilancio dell’economia nazionale tramite investimenti e riforme e i valori del nostro modello di economia. Oltre che ai fattori ESG (Environmental, social and corporate governance) occorrerà portare all’ attenzione degli investitori la Gender Equality.

Sul rapporto verso la parità di genere nel PNRR

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha tra le sue priorità strategiche anche il contrasto alle disuguaglianze di genere in quanto l’Italia non sta valorizzando le proprie risorse e una maggior partecipazione femminile al mercato del lavoro potrebbe portare un beneficio economico, oltre che sociale e culturale, a tutto il Paese.

In Italia le disuguaglianze di genere si esprimono non solo sul mercato del lavoro, ma anche familiare, educativa, sociale e sanitaria.

Ancora oggi meno di una donna su due lavora (il 49%, contro una media europea del 62.4%),nonostante gli incrementi degli ultimi mesi e nonostante il tasso di laureate sia più alto, oltre il 53% delle mamme abbandona la professione per i carichi familiari.

Questo gap non è solo economico, ma è soprattutto culturale si traduce anche in una maggior discontinuità contributiva che pesa a livello previdenziale.

Nel rapporto della Ragioneria Generale dello Stato sul potenziale contributo del PNRR per ridurre le diseguaglianze di genere ci sono 34 misure previste, di cui 4 hanno l’obiettivo esplicito di abbattere questo divario, e circa 40 miliardi di euro stanziati.

L’obiettivo, per il triennio 2024-2026, è di arrivare a un incremento del lavoro femminile del 4%, un risultato che sarà possibile attivando progetti di varia natura, che vanno dalla formazione fino all’inserimento lavorativo e passano per il sostegno alla armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro.

Abbiamo lavorato in questi due anni sulle aree critiche, sulla mancanza di dati e di un vero monitoraggio sui principali indicatori e sulla scarsa dotazione finanziaria ma a livello normativo possiamo evidenziare un primo risultato: la certificazione per le aziende in tema di parità di genere.

La Legge 162 del 5 novembre 2021 ha infatti modificato in maniera significativa il codice delle pari opportunità (D.Lgs. 2006, n. 198) introducendo la certificazione della parità di genere, con sistema premiale, oltre ad aver esteso l’obbligo della relazione biennale sulle forze lavoro alle aziende con più di 50 dipendenti e ampliato la nozione di discriminazione sul lavoro.

La certificazione mira a favorire la riduzione dei divari nella crescita professionale delle donne e il rispetto del principio di parità retributiva, attraverso un rafforzamento della trasparenza salariale, all’interno delle imprese”.

Il sistema si è posto come obiettivo il coinvolgimento entro il 2026 di almeno 800 imprese, di cui la metà (450) piccole e medie che potranno beneficiare di un contributo per completare il processo di certificazione.

La certificazione di genere, su base volontaristica, ha una naturpremiale e non sanzionatoria e mira a favorire un cambio culturale all’interno delle aziende anche più piccole, che sono il tessuto imprenditoriale del nostro Paese.

I 50 milioni di euro stanziati serviranno ad esonerare le aziende dal versamento dei contributi, con un tetto dell’ 1% e un limite di 50 mila euro, ma sono allo studio altre misure compresa una modifica al Codice degli appalti ( e alle sue deroghe) che premi le aziende più attente alla parità di genere.

La prassi 125 scritta dall’ Ente Italiano di normazione (UNI/PdR 125:2022) ha come obiettivo di avviare un percorso di cambiamento culturale effettivo e misurabile nelle organizzazioni e ha quindi identificato 6 aree di valutazione. Un’azienda sarà valutata in base alla propria:

  • cultura e strategia
  • governance
  • processi HR
  • opportunità di crescita e protagonismo delle donne
  • equità remunerativa
  • tutela della genitorialità e la armonizzazione dei tempi di vita personale e di lavoro

Per ognuna di queste aree ci sono una serie di indicatori, in tutto 33 elementi strategici di misurazione, i KPI (key performance index) in grado di guidare il cambiamento, rendendolo misurabile e quindi migliorabile.

Per ottenere la certificazione è previsto il raggiungimento di un punteggio complessivo del 60%, con un modello di calcolo dinamico.

Il nostro lavoro è qui finalizzato a far emergere alcuni dei vantaggi di cui le PMI, che intendono aderire al programma della certificazione di parità, potrebbero beneficiare intrecciando i dati e l’analisi sulla sostenibilità, sotto la guida attenta di un team multidisciplinare che sulla base dei Kpi della certificazione di parità utilizza le informazioni sulla sostenibilità.

L’obiettivo è quello di aiutare soprattutto le piccole imprese a massimizzare i vantaggi derivanti dall’inserimento della certificazione di parità coniugata alla sostenibilità nella propria strategia aziendale.

La checklist è uno strumento progettato per essere adattato da ciascuna azienda alle proprie specifiche esigenze in base al settore industriale di riferimento, alla dimensione, al ciclo di vita dei prodotti e ai servizi offerti..

commercialisti sono nella posizione ideale per aiutare le piccole imprese in questa transizione grazie alla profonda conoscenza e competenza nelle materie aziendali e nel proprio ruolo di consulenti di fiducia possono riconoscere i rischi e le opportunità e consigliare le aziende sulle iniziative da intraprendere.

Il nostro compito è individuare standard e best practice rilevanti per le piccole imprese ai fini della creazione di valore per le comunità di riferimento nel breve, medio e lungo periodo e prefigurare i vantaggi competitivi derivanti da un atteggiamento responsabile verso la società e l’ambiente e la collettività.

Le azioni da intraprendere

Il primo step è coinvolgere la direzione e tutti i dipendenti nella cultura della parità e della sostenibilità attraverso formazione, workshop, materiale per le risorse umane e riunioni.

Occorre poi pianificare ciò che l’azienda intende realizzare rispetto alla parità e alla sostenibilità, incluse le relative motivazioni, modalità, soggetti coinvolti e tempistica e soprattutto la messa a disposizione di un budget.

Occorre creare un team che guidi le relative iniziative e azioni per realizzare congiuntamente le attività in azienda ed anche per sostenere la comunità locale e fornire il proprio contributo attraverso una charity consapevole.

Tra le prime azioni da mettere in evidenza:

• Accertare l’eventuale divario retributivo di genere e agire per colmarlo.

• Riconsiderare le politiche aziendali nella prospettiva di prevenire la discriminazione.

• Esaminare le procedure di ricerca e assunzione del personale.

• Esaminare e rivedere i sistemi retributivi.

• Esaminare diversità, equità e protagonismo femminile ai livelli apicali.

• Avviare la formazione del personale sugli stereotipi di genere ed etnici.

• Impegnarsi per l’equità con una dichiarazione di principio sull’uguaglianza.

• Rivedere la comunicazione per garantire che sia neutrale rispetto al genere e priva di pregiudizi e faccia emergere casi di molestie, di violenza, di mobbing

• Rivedere l’accessibilità di locali/uffici per i dipendenti diversamente abili.

• Monitorare la percentuale di dipendenti in base a genere, etnia e ad altre categorie di diversità per identificare e gestire situazioni non in linea con la policy aziendale.

• Verificare che le condizioni di lavoro soddisfino tutti gli aspetti della normativa vigente in materia di salari, sicurezza sul lavoro, orario di lavoro, non discriminazione, ecc.

• Rivedere e aggiornare i regolamenti per i dipendenti in materia di lavoro flessibile ed agile, ferie, congedi per malattia, retribuzione e prestazioni, indennità di maternità e paternità, assicurazione sanitaria e politiche di formazione.

• Stabilire una politica contro le molestie che preveda meccanismi di segnalazione e procedure disciplinari.

• Verificare quali siano le retribuzioni del settore e accertare se l’azienda sia competitiva.

• Descrivere il lavoro ed esplicitare chiaramente le responsabilità.

• Stabilire una metodologia di tracciabilità di incidenti, infortuni, reclami e richieste di risarcimento con riguardo alla sicurezza sul posto di lavoro.

• Considerare le prassi di lavoro e le normative pertinenti.

• Esaminare la normativa sui diritti umani per garantire la conformità e fornire formazione su questioni e politiche relative ai diritti umani.

• Svolgere regolarmente indagini che coinvolgano i dipendenti e includere i risultati nei piani di miglioramento.

• Misurare il turnover dei dipendenti e organizzare colloqui con quelli in uscita; includere i risultati nei piani di miglioramento.

• Stanziare un budget per lo sviluppo professionale dei dipendenti e l’attivazione delle politiche di genere e di sostenibilità.

• Effettuare revisioni periodiche sulle prestazioni e sull’avanzamento di carriera dei dipendenti.

• Ottenere certificazioni UNI

In maniera ancora più specifica, per ogni sede:

• Definire e controllare un programma di riciclo con cassonetti appositi. • Sostituire le lampadine con i LED.

• Isolare tutte le tubature, le pareti e i tetti.

• Valutare le opzioni di energie rinnovabili.

• Rivedere e ridurre il consumo di acqua.

• Non utilizzare carta o modificare le impostazioni predefinite delle stampanti selezionando la modalità fronte/retro.

• Valutare l’acquisto di tecnologia ricondizionata.

• Ridurre al minimo l’uso della plastica nel packaging e/o valutare alternative ai sacchetti di plastica.

• Esaminare le apparecchiature e valutare la possibilità di sostituirle con altre più efficienti dal punto di vista energetico.

• Rivolgersi a fornitori locali, ove possibile. • Ridurre la necessità di viaggi di lavoro e incoraggiare l’uso dei trasporti pubblici.

• Valutare la possibilità del lavoro a distanza o ibrido.

• Familiarizzare e comprendere le normative locali relative al settore economico specifico.

• Assicurarsi che le norme siano comunicate ai dipendenti e incoraggiare l’adozione delle misure di tutela ambientale.

• Considerare la possibilità di nominare un dipendente responsabile del monitoraggio e della conformità.

• Consultare un avvocato o uno specialista sulla normativa ambientale e sulla parità di genere.

• Monitorare attentamente le controversie su questioni ambientali e discriminatorie nel settore economico di appartenenza.

• Accrescere la consapevolezza sulle regole e sulla normativa in materia di pinkwashing e di greenwashing e di mitigazione di questo rischio.

di Isa Maggi, Dottore commercialista, Revisore dei Conti, Stati generali delle Donne