Alessandra è stata uccisa a pochi chilometri da noi, a Pastrengo, dal suo ex-compagno, la sera dell’8 giugno. La storia di Alessandra Maffezzoli è identica, purtroppo, a quella di tante altre donne. È una storia che ripercorre uno schema sempre uguale: lei decide di chiudere la relazione, lui la uccide.
Le amiche di Alessandra hanno deciso di sfilare questa sera a Garda, il paese in cui era nata e aveva vissuto per diversi anni. Alla loro iniziativa si sono unite le istituzioni e tante realtà associative del veronese. Ci saremo anche noi di Combonifem che, insieme ad altre associazioni e realtà locali, abbiamo firmato un appello in cui chiediamo:
che venga riconosciuta l’enormità del fenomeno del femminicidio dal Parlamento, come prioritaria emergenza nazionale e vengano di conseguenza interessate e potenziate tutte le strutture di protezione e repressione già esistenti;
che venga costituita una Procura nazionale antifemmicidio, con articolazioni sul territorio, sulla falsariga della Procura Nazionale Antimafia;
che venga costituita una associazione nazionale di servizio alle donne oggetto di violenza e ai loro congiunti, formata da avvocati, medici, medici legali, consulenti di vari settori, in grado di raccogliere le richieste di aiuto e intervenire immediatamente in tutte le parti del territorio nazionale.
Lo dobbiamo ad Alessandra e alle altre 59 uccise per mano dei loro compagni o ex, alle 8.856 donne che in quest’ultimo anno e mezzo hanno subìto violenza (un numero che appare tremendamente alto, così come è tremendamente sottostimato: il 90% delle vittime non denuncia). Lo dobbiamo a noi stesse, alle nostre figlie e figli, alla società intera che spesso si vive estranea rispetto a una realtà che ci sta sempre più accerchiando.
È un primo passo il nostro, ma diventerà un passo importante solo se verrà condiviso da tante e tanti di voi. Vi faremo sapere come procederemo, le proposte in questi giorni sono molte, perché urgente è trovarsi, per arginare quel che accade sempre più di frequente. Bisogna pensare a una politica dell’immediato e a una di lungo raggio, a un programma ministeriale che da settembre includa in tutte le scuole di ogni ordine e grado l’educazione ai sentimenti e al rispetto, perché sappiamo quanto il femminile come oggetto di possesso sia espressione di una cultura che non stiamo riuscendo a cambiare. È un problema culturale si dice, è un problema politico rispondiamo, che ci riguarda tutte e tutti e che ci richiama all’agire adesso. Due donne uccise ogni mese (questa è la media) è una realtà che non si può accettare.