di Padre Kizito
L’istruzione scolastica è fondamentale per lo sviluppo di un paese. Ovvio, ma più si sta in Africa più ci si accorge che il grande ostacolo per lo sviluppo è la mancanza di istruzione. I Paesi dove si fa fatica a raggiungere un buon livello di scolarizzazione non riescono a tenere il passo dello sviluppo.
Tra Zambia, Kenya e Sudan, la situazione più disperata è in Sudan dove c’è la guerra ormai da oltre trent’anni, ma anche in Zambia e in Kenya dove si vive in pace dall’indipendenza ci sono grossi problemi. Non e’ un caso che il Kenya viaggi a velocità più elevata verso lo sviluppo: le scuole pubbliche migliori e competitive sfornano diplomati e laureati in grande quantità ormai da 40 anni.
Una volta ho portato dei ragazzi zambiani a studiare in Kenya. Erano ad un livello equiparabile di studi liceali, ma in realtà erano 3-4 anni indietro rispetto ai loro coetanei keniani. L’istruzione è fondamentale: non solo perché si sappia la matematica e l’informatica ma perché si impari a ragionare con la propria testa, ad esaminare i problemi della società e la situazione politica: sennò la gente resta facilmente manipolabile. Il problema è che a 50 anni dall’indipendenza l’istruzione non è ancora focalizzata sulle realtà locali, a partire dagli esempi nei libri scolastici che sono ancora incentrati su cose che vengono dall’esterno. Inoltre spesso gli esami scolastici favoriscono al memorizzazione piuttosto che l’imparare a ragionare con la propria testa e lo spirito critico. All’interno di questo problema, c’è un ritardo nell’educazione delle ragazze.
Le statistiche sono molto evidenti. Più si va nelle aree rurali, più le ragazze tendono a non andare a scuola in percentuale più alta. In Kenya, dove tra alcuni popoli è diffusa la mutilazione genitale femminile, nelle zone rurali è difficilissimo che le ragazze resistano e si ribellino contro queste pratiche, mentre in città, dove vanno a scuola e hanno più occasioni per informarsi, è più facile che si oppongano, mgari col sostegno delle madri. Anche il superamento della FGM è quindi strettamente legato all’educazione.
La difficoltà di accesso all’istruzione fa si che le ragazze perdano molte occasioni che sono invece aperte ai maschi. Con Paolo Comentale della Casa di pulcinella di Bari, per esempio, il mese prossimo porteremo 15 giovani a Holstebro in Danimarca per fare degli spettacoli per il festival internazionale di teatro, musica e cultura.
Nelle nostre case abbiamo sia bambine che bambini e vogliamo dare loro la possibilità di ricevere una formazione competitiva non solo scolastica ma che tocchi tutte le possibili attività: sport, teatro e musica che permettono loro, esibendosi di fronte ad un pubblico per fare una rappresentazione, di acquisire autostima e sviluppare i talenti che hanno. L’età media dei ragazzi è di 15-16 anni con alcuni più piccoli di 10-11. Volevamo portare delle bambine, ma non è stato possibile, per una forma di discriminazione anche se forse la si può definire una discriminazione “positiva”. Si tratta di bambini e bambine di strada e ad ogni passaggio per avere i documenti c’era una forma di protezione perché molti funzionari esprimevano una paura non detta che le ragazze possano essere tenute all’estero e sfruttate. Una discriminazione animata da buone intenzioni che però alla fine ha giocato contro le ragazze. Cosi non ci sarà nessuna bambina nel team di bimbi keniani che andranno a Holstebro! E’ veramente difficile in Africa essere donna e sviluppare capacità e talenti come i maschi, anche se per tutti è difficile l’accesso all’istruzione.
Nigeria: le ragazze rapite da Boko Haram
La Nigeria è lontana dal Kenya, dallo Zambia e dal Sudan.
Questo è un caso particolare con risvolti molto difficili, e la religione ha ben poco a che fare con queste situazione. Si tratta di persone che usano la religione per piani di potere e di controllo sulla popolazione. L’attenzione internazionale su questo caso è bellissima e importante. A prima vista è bello che si mobiliti così tanta gente perché le ragazze rapite tornino a casa a fare una vita normale con le loro famiglie. Però ci sono degli aspetti che non mi piacciono molto. Prima di tutto, l’incapacità e la non volontà del governo nigeriano di intervenire: c’è stata molta riluttanza, che la dice lunga su quanto poco grave fosse considerato il rapimento delle ragazze da parte del governo, sull’arretratezza mentaledei governati rispetto alla sensibilita’ della gente comune. In secondo luogo, è un caso che mette l’Africa in cattiva luce, più di quanto non lo sia già.
Ci sono invece tantissime organizzazioni no-profit locali che lavorano per la situazione femminile in Africa, che non ricevono mai l’attenzione mediatica che ha avuto questo episodio. Infine, non vorrei che questo fatto diventasse una causa di interferenza nella vita della Nigeria, che cioè i nigeriani vengano messi in condizioni tali da non poter rifiutare l’aiuto internazionale, cosi che diventi scontato per i nigeriani e per l’opinione pubblica internazionale che il rispetto dei diritti umani possa essere garantito solo dalla presenza di militari europei o americani! Non dobbiamo dimenticarci di quanto e’ successo in Uganda, dopo tutta quell’attenzione sollevata su Kony dopo quel famoso film di due anni fa. Il risultato è stato che a un certo punto gli Stati Uniti hanno mandato un contingente militare per cercare Kony e portarlo alla giustizia per questioni in parte legate al rapimento di bambini. Ma alla fine Kony non è stato trovato ed è ancora libero mentre i soldati americani sono ancora là. Non e’ quindi solo anti-americanismo la posizione di quegli africani che sospettano che Boko Haram sia usata dal governo americano come pretesto per espandere la presenza militare nel continente.
Meriam, condannata per apostasia in Sudan In Sudan per legge dovrebbe essere applicata sempre la sharia, ma c’è tanta gente di buon senso tra i giudici e la polizia e così non viene abitualmente applicata. Per esempio, non ricordo molti casi in cui ad un ladro siano state tagliate le mani! Certo, resta molto difficile per un sudanese nato in una famiglia musulmana cambiare religione e questa situazione e’ indicativa di mancanza di libertà, non solo in campo religioso, e dovrebbe essere superata. Io conosco personalmente per esempio il Sudan dei monti Nuba dove c’è una popolazione molto tollerante dal punto di vista religioso, molto intelligente e capace di gestirsi da sola. A metà del secolo scorso, la quasi totalità era musulmana e anche tante espressioni culturali dal canto all’abbigliamento sono di origine araba.
C’era stato l’inizio di una conversione al cristianesimo, un movimento molto timido, negli anni 60 del secolo scorso. Poi c’è stata la ribellione contro il governo che in origine non aveva nulla a che fare con la religione, era una forte domanda di autodeterminazione, perché ci fossero elezioni vere anche localmente. Quando la ribellione Nuba è scattata, però la gente si è sentita libera anche di diventare cristiana.
Oggi su un milione di Nuba i cristiani sono probabilmente le meta’ e tra questi c’è una buona percentuale di cattolici. Il fatto di essere politicamente liberati ha fatto sì che molti si siano sentiti liberi di cambiare religione. Ancora una volta con il caso di Meriam la tradizione musulmana, cosi come e’ vissuta in tanti paesi, non ha trovato un equilibrio fra le libertà fondamentali delle persona umana e la comunità.
Noi abbiamo fatto dei passi avanti. Ci vorranno molte altre donna coraggiose come Meriam perché riescano a ar cambiare la percezione della libertà e dei diritti delle donne nella loro società. Cosi come ce ne sono volute tante per conquistare il diritto delle donne al voto,non molto tempo fa, anche in Italia.