Interviste

Intervista di Laura Bonelli

Il tuo romanzo parla dei disturbi alimentari. Perché questa scelta?

È’ un tema ricorrente nei dialoghi tra donne. Il cibo, troppo, poco. Madri, adolescenti, femmine. L’accudimento, gli stereotipi mediatici, il desiderio di piacere, la ricerca della perfezione. Il rifiuto, il dolore, l’attenzione. Non tira il latte, non mangia, non lo vuole. In un modo o nell’altro il cibo è presente nelle conversazioni. Dal confronto con persone con cui ho condiviso e scambiato esperienze di disturbi alimentari, di come l’hanno vissute, ho riempito le pagine.

Un libro che entra profondamente nella psicologia e nei turbamenti della figura materna: quanto è difficile questo ruolo quando si ha a che fare con un figlio problematico?

Essere madre è il destino, il ruolo più antico del mondo ed appartiene alle donne nove mesi prima del parto. Le ansie, le aspettative, le informazioni, non corrispondono mai alla realtà. Il confronto con un figlio problematico è la cosa più spiazzante. Qualcosa di inaspettato. Qualcosa di cui non ci si libera. Qualcosa da affrontare. Se tutte sanno come partorire nessuna è pronta ad affrontare questa verità.

Il personaggio principale, la madre, che parla in prima persona, è in bilico tra razionalità e fede…

La razionalità è un’ imposizione, obbligata dalla situazione. O ci si organizza per agire o non resta che affidarsi alla fede. Nella disperazione le due cose procedono di pari passo. Ma si può scegliere quale delle due strade percorrere.

Ci sono alcune teorie che interpretano la malattia come simbolo. Nel caso dell’ anoressia alcune definizioni riguardano la ribellione inconscia contro l’ immagine femminile dominante, il rifiuto di compiere il passaggio da fanciulla a donna, il conflitto tra spirito e materia ( Rüdiger Dahlke – Malattia come simbolo). Cosa ne pensi?

Che tutte queste teorie s’intrecciano in questa malattia che colpisce corpo e anima.
Il disturbo alimentare, è un disagio psichico profondo, un desiderio di attenzione insieme a quello di scomparire che rivelano soprattutto la mancanza o la corresponsione di amore, condiviso, incondizionato.

Il tuo libro è a volte spietato nell’ analisi delle figure femminili coinvolte, eppure pieno d’amore. Qual è il cibo giusto per nutrire il mondo femminile?

La maternità è di per sé la decisione di donarsi ad un altro essere. Il primo atto che si compie è quello di offrire cibo, come in tutte le specie animali. Nelle società, l’offerta di cibo è segno di condivisione e amicizia. Nelle religioni un dono divino. Nelle tradizioni il pane va baciato, perché  il cibo è  prezioso.
Non esiste solo un modo per nutrire né il cibo giusto. È quell’insieme che passa alla nascita dai genitori ai figli. Nella madre siamo abituati a considerarlo come un valore assoluto.  A volte qualcosa non va. Nonostante l’amore.