AUTONOMIA DIFFERENZIATA PER LE REGIONI A STATUTO ORDINARIO

da | Mag 29, 2023 | Donne e politica

 


Il disegno di legge presentato dal ministro Calderoli, nel febbraio u.s., relativo alle modalità con cui si procede ad attribuire alle Regioni, a statuto ordinario, maggiori competenze, è divisivo per le forze politiche di maggioranza, tant’è che la Premier Meloni ha stoppato la proposta almeno fino alle europee del 2024 e trova anche la contrarietà delle Regioni del centro/sud.
La contrarietà che noi, Governo di Lei, esprimiamo, non nasce da un atteggiamento aprioristico contro una proposta di Governo contraria alle nostre idee politiche, ma si basa sulla convinzione che la proposta normativa contenga in sé una contraddizione di fondo che la rende del tutto inapplicabile e non adeguata alla realtà italiana.
Il disegno di legge si pone l’obiettivo di assecondare le richieste, soprattutto di Veneto e Lombardia di ottenere tutta l’autonomia resa possibile dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, trattenendo evidentemente le risorse tributarie necessarie per la gestione delle competenze che verranno trasferite, garantendo al contempo le Regioni, che non si avvalgono delle Intese, di poter garantire ai propri cittadini i Livelli Essenziali delle Prestazioni, stabiliti per tutti i territori, ma senza maggiori oneri per la finanza pubblica!
Bisognerebbe anche intendersi cosa significa “spesa pubblica”, giacché in una precedente formulazione del disegno di legge si faceva riferimento ad una maggior possibilità per le Regioni, oggetto di Intesa, di poter trattenere IRPEF-IVA compartecipando con lo Stato per la gestione di nuove competenze ( ad esempio se lo Stato trasferisse la competenza sulla Scuola, con una spesa di 6 miliardi, altrettanti fondi dovrebbero essere messi a disposizione della Regione trattenendo le imposte locali per un pari importo).
Se la Lombardia, il Veneto è l’Emilia Romagna ottenessero il trasferimento di tutte le competenze richieste e trattenessero le maggiore risorse fiscali, ritenute necessarie, probabilmente il residuo fiscale regionale si annullerebbe o si ridurrebbe notevolmente e come ben sappiamo è anche il residuo fiscale che contribuisce a finanziare la spesa pubblica complessiva e dunque pari risorse andrebbero reperite altrove, ma questo non è né specificato né quantificato e DUNQUE QUESTO DISEGNO DI LEGGE SEMBRA UN MANIFESTO, PIÙ CHE UNA SERIA PROPOSTA LEGISLATIVA.
COMUNQUE, VENENDO AL DISEGNO DI LEGGE
La procedura prevista non è semplice e prevede i seguenti passaggi:
1 la Regione consulta gli enti locali di competenza sulle materie che intende gestire
2 la Regione delibera sulle materie che intende gestire e di cui chiede l’attribuzione
3 la Regione invia al Governo la delibera
4  il Governo, sentiti i Ministeri di riferimento, in primis quello delle Finanze, avvia i negoziati per l’Intesa con la Regione
5  viene elaborato lo schema preliminare d’Intesa, che viene posto all’attenzione del Consiglio dei Ministri, con la presenza del Presidente della Regione interessata.
6  superato il vaglio del Consiglio dei Ministri, il testo viene inviato alla Conferenza unificata dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Tn E Bz.
7  ottenuto il parere, il testo viene trasmesso alle Camere, che si esprimono con atti d’i dirizzo. 8  il Presidente del Consiglio o il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, valutati i pareri della Conferenza unificata e gli atti d’indirizzo, predispone lo schema d’intesa definitivo al termine di ulteriore negoziato, ove necessario.
9  lo schema dell’Intesa viene trasmesso alla Regione interessata che lo approva in base al proprio statuto
10  approvato dalla Regione viene trasmesso al Consiglio dei Ministri che, su proposta del Ministro per gli affari regionali le autonomie, ne delibera  l’approvazione.
11  quindi, viene elaborato un disegno di legge di approvazione dell’intesa. Al Consiglio dei Ministri partecipa il presidente della giunta regionale interessata.
12  a seguito della sottoscrizione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Giunta Regionale,  l’Intesa viene trasmessa alle Camere per la deliberazione prevista dall’articolo 116 della Costituzione.
Oltre a questi passaggi vanno aggiunti quella di stretta competenza della Regione, che possono essere almeno un paio: vanno nuovamente consultati gli Enti Locali e il Consiglio Regionale o almeno le Commissioni Legislative di riferimento e su questi tempi non c’è certezza.
Quindi dai 12 ai 14 passaggi, con tempi tassativi, per ogni tappa, esclusi quelli regionali, che vanno dai 30 ai 60 giorni. Pareri non vincolanti, obbligatori nella richiesta, ma non nella risposta, certamente complessi e comunque tempi che si allungano se si pensa alla complessità della nostra burocrazia e ai tempi tecnici d’invio dei vari provvedimenti.
Altre precisazioni sono necessarie:
l’Intesa ha una durata massima di 10 anni, che può essere rinnovata per un uguale periodo
L’Intesa deve disciplinare la costituzione di una Commissione Paritetica Stato/Regione per individuare le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale.
Ma prima di ogni trasferimento di competenze dallo Stato alla Regione è necessario che vengano emanati uno o più decreti legislativi per stabilire i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali, Che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
I decreti legislativi sono relativi ai costi e ai fabbisogni standard e devono essere sottoposti alle Camere per l’espressione del parere ( 45 giorni) e poi successivamente approvati dal Consiglio dei Ministri.
È interessante notare come vi sia un articolo che testualmente recita “Ai fini della promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, della rimozione degli squilibri economici sociali (…), anche nei territori delle Regioni che non concludono le Intese, lo Stato,(…)”  le amministrazioni regionali e locali devono garantire i diritti civili e sociali, che devono essere riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni.
Quindi, teoricamente, su tutto il territorio nazionale, l’erogazione dei servizi atti a garantire i diritti civili e sociali, dovrebbe esserci una uniformità che oggi non c’è, se solo si pensa ai servizi alla prima infanzia, le disparità sono innegabili e macroscopiche (a Reggio Emilia ci sono 60 asili e a Reggio Calabria 3).
Significativa e di complessa realizzazione, la previsione, contenuta al comma 1 dell’articolo 8, laddove recita “ Dall’applicazione della presente legge e di ciascun intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”
In pratica si vogliono rassicurare tutte le Regioni italiane, che non richiedono le Intese con lo Stato, che comunque non si aumenteranno le disparità territoriali, che si garantiranno diritti sociali e civili uguali, ma senza superare la spesa storica e quindi non attribuendo risorse maggiori a chi oggi subisce una disparità di finanziamento, ma “le nozze con i fichi secchi” non si possono proprio celebrare!
In conclusione, la Premier ha già stoppato il disegno di legge fino alle elezioni europee, che si terranno nel maggio del 2024, poi, se tutto andrà bene si potrà avviare l’iter che può prevedere un tempo minimo di un anno fino a 18 mesi, facendo dei calcoli ottimistici sui tempi, e si arriva a fine 2026, inizio 2027 se non vi sono intoppi o contrapposizioni in maggioranza e soprattutto se le Regioni del centro-sud, a guida di centro destra, non porranno ostacoli, in realtà molto prevedibili e già annunciati.
Inoltre la definizione dei LEP può prevedere alcuni alcuni anni (nel 2019 il Sole 24 ore aveva previsto 3 anni) e dunque questa legislatura non è sufficiente per l’attuazione dell’Intesa con le Regioni.
Come considerazione finale e per esemplificare, il costo della riunificazione della Germania, finalizzato ad eliminare il gap economico/sociale  tra Est ed Ovest è stato stimato intorno ai 1.500 miliardi di euro, il più grande debito nazionale dello stato tedesco.
E noi vorremmo ridurre il gap a costo zero!
Margherita Cogo
Comitato scientifico Stati Generali Donne