Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà.

da | Ago 28, 2024 | Dietro la lente

Commento al libro: “Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà.” Bollati Boringhieri 2024, di Lea Melandri

Parlare di questo libro è un po’ come immergersi nel mondo del femminismo moderno ma anche della mia psicoanalisi, dell’analisi della contemporaneità al femminile.

Lea Melandri cita sovente il testo fondamentale di Freud: ” Il disagio della civiltà” edito nel 1930. Questo testo mi è caro perché scopre l’ambiguità e la complessità della civiltà moderna, che
se per certi versi è foriera di progresso e di un sistema di valori umani avanzato, nasconde una nevrosi dura a essere superata e innanzitutto a essere capita: il coesistere di due polarità umane, l’amore e la violenza, due pulsioni , quella di Eros e di Thanathos, che poi Freud aveva sviluppato ancora meglio in “Al di là del principio di piacere”, pubblicato nel 1922.

Perché allora la morte va a braccetto con l’ amore? Specialmente tra un uomo e una donna, e così che Lea Melandri introduce le parole di Elvio Fachinelli sulla perversione, che si struttura nell’ambito di un rapporto di coppia. Infatti se l’amore è amore, non dovrebbe coesistere affatto una dose massiccia di aggressività da parte dell’ uomo, né la donna soggiacere al dominio maschile proprio in virtù di un’ancestrale dimensione di supremazia nella civiltà, ovvero di potere dell’ uomo.
Perché di questo che si parla, di come l’uomo si impone e domina con la violenza sulla donna.
Mi fa riflettere come la madre sia letta dalla nota teorica del femminismo italiano, come metafora di potere simbolico, che l’ uomo subisce fin dal suo nascere. La donna è sensuale
compagna e madre, tuttavia quando diventa anche lei “importante”, con lei l’ uomo non instaura un legame alla pari, ma strutturato in una dimensione non già di scambio di intesa. Quando la donna richiede maggiore indipendenza e maggiore dignità e autorevolezza, lì il maschio ha un cedimento, percepisce il suo fallimento e crea rapporti, complice la donna priva di senso critico e di autocoscienza, con un sostrato virulento di patologia mentale e dominante di violenza.

Eh sì, la donna dovrebbe sapere come vanno oggi le cose con l’ uomo e non farsi dominare dal pensiero, dalla suggestione così creata, in cui la donna è schiava dell’ uomo, nel clima di un rapporto giammai paritetico e civile, ma perverso, lo ripeto ancora, perché serva di una mancanza maschile di approvazione, di una reiterata conferma del potere maschile, che ricorda quella di una madre all’inizio della vita.
Ma, si dice che i migliori alleati e nemici, critici spietati della nuda verità dei soggetti siano proprio i genitori, che sfidano il soggetto nel suo narcisismo patologico e sistematicamente messo
alla prova dalla donna.

Il testo è denso di rimandi curiosi e intrisi di paragoni con l’ attualità politica. Mi sovviene in particolare, la donna erotizzata e venduta per la sua sessualità così esplicita e senza veli dell’ epoca di Berlusconi, ancora in auge, testa di punta del maschilismo italiano e oltre, che sbandiera un machismo privo di vero dialogo con la donna e di rispetto di lei, funzionale ad allietare l’ uomo, in un’ ottica umana svilita e servile anche nella pubblicità, con un modello di prostituzione anche lavorativa, in cui la donna prende le sembianze o il ruolo di chi deve assolutamente compiacere e assecondare tutti, in modo particolare l’ uomo di potere, che gestisce aziende o istituzioni.

Il testo è un monito se non un allarme alla coscienza femminile di creare una sua dimensione priva di paura rispetto a chi ci fa violenza in modo da abbinare anche in famiglia, il modello consentito patriarcale del silenzio assenso, della violenza verbale (quante volte abbiamo sentito ripetere da uomini di famiglia : Stai zitta tu che non capisci niente!”), oppure con un più velato potere in cui è razionale un accondiscendere del ruolo di ancella e di protezione nell’ educazione, ben lontano dal posto della donna determinata nel far esaltare le sue caratteristiche di successo.
A uomini come Berlusconi fanno paura donne intellettuali, cioè che pensano con la loro testa, o che si distinguono per doti di competenze lavorative elevate. Il narcisismo di uomini così
non solo viene messo in discussione ma, essendo patologico, deve essere surrogato da un ideale femminile deteriorato e poco fallico, come se specularmente ci fosse in loro il terrore che una madre ingombrante, almeno simbolicamente li mettesse fuori gioco, così la violenza prende la scena, fa da padrona.

Il libro è scorrevole e fluido, ne consiglio la lettura. L’ho letto nella versione del Kindle, e possiede l’ ottica non mai sopita nella femminista che lo ha scritto, di far nascere o rinascere un vero spirito di comunità, di gruppo femminile, teso al rispetto del genere delle donne, fiere di essere degne del loro posto in società.