Questo 25 aprile 2025, ricorrenza del giorno della liberazione dal fascismo e dagli invasori tedeschi (1945) capita in un momento storico-temporale assai complesso.
A cominciare dalla morte di Papa Francesco. Non è necessario solo essere cattolici per riconoscere il valore del cammino pastorale da lui espresso.
Ed è proprio la caratteristica di questo papato, difensore dei deboli, degli emarginati, contro le guerre e le stragi, le persecuzioni e le differenze che unisce nella memoria di chi ha sofferto, è morto, per la difesa di questi valori, del diritto alla libertà e alla vita.
Contro chi ha perpetrato lo sterminio di popolo, fossero ebrei o coloro considerati diversamente indegni, Rom, omosessuali e tanti altri innocenti di cui continueremo ad ignorare la provenienza. Oppositori al regime, politici, intellettuali, partigiani, persone comuni.
La storia s’intreccia nella memoria e si alimenta oggi con gli scenari di guerra e distruzione in tante aree del mondo. Il passato ricorda che tutto può avvenire accendendo un cerino.
In questo secolo, caratterizzato ormai dall’espansione tecnologica, verso uno scenario “visionario” di futuro in cui si possono mescolare fantasia e ricerca, cambiamenti utili e speculazioni economiche, ci ritroviamo dunque e ancora a commemorare questa data, dal profondo significato storico. Non solo per ricordare e rendere il dovuto omaggio alle vittime che ci hanno permesso oggi di esprimerci in libertà ma anche come monito.
La memoria storica va conservata per formare nelle giovani generazioni i semi di una coscienza civile comune, necessaria per costruire una società fondata sull’ascolto dei bisogni, che non può contarsi sui like di un pubblico distratto e organizzato sui e dai social.
Poteva essere una mattina tiepida e assolata quel 25 aprile o un capriccioso giorno primaverile con nuvole in cielo.
Per tutti gli italiani fu il giorno della liberazione dall’invasore straniero e dal regime fascista.
Ma non tutto finì quel giorno di primavera e per molti fu la resa dei conti ed ancora per molto tempo si sarebbero contati i morti.
Poi, i giorni successivi avrebbero visto per tutti risplendere la speranza e il tempo della ricostruzione, un difficile ma entusiasmante cammino che vide l’Italia risorgere nella democrazia e nella giustizia costituzionale.
La ricorrenza del 25 aprile viene celebrata, da allora, come la festa della Liberazione, o della Resistenza, contro l’occupazione tedesca e il ventennio fascista, la fine di un conflitto mondiale che seminò morti e miseria. Ancora questo 2025, in cui quella storia appare a molti troppo lontana è necessario soffermarsi in ascolto del passato e dei suoi insegnamenti.
Una festa nazionale cui partecipare con orgoglio e senso di appartenenza che non può esaurirsi in manifestazioni formali.
Un segnale di memoria collettiva e condivisa, a volte offuscata dagli egoismi nazionali ed individuali.
La trasmissione dei valori evocati dal nostro 25 aprile, e la successiva Costituzione, vanno ribaditi e ricordati in quanto imprescindibili cardini dell’attuale vita democratica.
Una data che ricorda l’impegno di uomini e donne.
Per quest’ultime, in particolare, la Liberazione non ribadisce solo la loro partecipazione alla Resistenza ma anche la conquista del diritto al voto e i successivi diritti fondamentali senza i quali non sarebbero arrivate alle tante conquiste che hanno caratterizzato la seconda metà del ‘900. Quelli di cui godono oggi le giovani generazioni.
Esse furono protagoniste, necessarie nel momento cruciale di quella lotta armata in cui insieme agli uomini marciarono per conquistare la libertà. Fondamentali furono le azioni che esse svolsero nell’organizzare la Resistenza sia negli aspetti cruciali della logistica dell’organizzazione che nella comunicazione e diffusione dei materiali di propaganda compresi l’ attacchinaggio dei manifesti, la distribuzione dei volantini e l’approntamento di documenti. Seppero preparare rifugi, nascondigli e luoghi di ricovero per i partigiani e spesso svolsero mansioni infermieristiche “organizzarono il trasporto di munizioni, armi, esplosivi, procurarono gli indumenti. Si incaricarono del delicato passaggio delle informazioni divenendo un essenziale collegamento tra le brigate. Raccolsero medicinali e viveri, portarono avanti il fondamentale ruolo d’organizzazione e supporto all’azione dei e delle combattenti”.
E furono il perno della resistenza sociale, rischiando spesso la propria vita e quella dei loro figli.
Il ruolo stereotipato a loro assegnato di madri e mogli, le voleva soggetti da non considerarsi pericolosi.
Fu questo concetto di donna dimessa e sottomessa che consentì a quelle donne di circolare con maggiore disinvoltura nei luoghi di guerra, senza destare eccessivi sospetti, salvo non essere risparmiate da rastrellamenti, arresti, violenze di ogni genere, torture, stupri e omicidi.
La Storia raccontata e documentata è piena di azioni coraggiose ed eroiche da parte delle donne. Il ruolo chiave che esse hanno avuto e l’organizzazione che esse seppero darsi allora e successivamente è un esempio a tutt’oggi valido. Una organizzazione femminile unitaria di matrice politica attiva ma non partitica.
Da quel passato che è la storia, la nostra storia, da quegli esempi e da quei valori si fa largo ogni volta il bisogno di ritrovare una capacità di sorellanza che travalichi le differenze per realizzare comuni obiettivi.
Da tutto questo sono scaturiti i germogli per un movimento di liberazione ed emancipazione della donna che ha visto le donne impegnate per decenni fino ad arrivare al suo culmine storico nel “femminismo”.
In questo nuovo secolo nel quale le tensioni non accennano a placarsi, le donne possono ancora e sempre rappresentare una diversa coscienza per la costruzione di un progetto di società futura nella quale non prevalgano gli individualismi e si rafforzino i valori della giustizia, della libertà e della parità sociale. In una tecnologia senza generi, un futuro di pace.