Storia a lieto fine (pasquale) di Amina nella guerra di Gaza

da | Mar 29, 2024 | Dietro la lente

 

Amina è una bambina palestinese di 9 anni che vive a Gaza, ed è cronaca che si trovi in drammatiche condizioni. Il nome di Amina è stato tramandato da Amina bint Wahb, la madre del profeta dell’Islam Maometto, è la forma femminile di Amin, che vuol dire “veritiera”, “onesta”, “fidata”, “fedele” e si può estendere anche al senso di: “sentirsi al sicuro”.

Perché inizio a scrivere con il significato arabo del nome di una bambina? Perché ho sempre saputo che i bambini sono riconosciuti come, appunto, veritieri ed onesti. Chi dice le bugie viene rimproverato come il peggiore dei delinquenti, a volte anche dai genitori.

Amina continua a vivere a Gaza, dopo che si è trasferita con la madre Kamila a Tel-aviv. Questo succede dopo il divorzio dei genitori.
Il padre Samuel è da tempo soldato dell’esercito israeliano, la madre Kamila, il cui nome in arabo significa “perfetta”, è palestinese, giunta nella metropoli di Tel-Aviv dopo il matrimonio con Samuel. I due coniugi si erano fidanzati in Italia, dove entrambi avevano studiato, presso l’università di Padova.
Kamila ha studiato lingue straniere e successivamente aveva trovato lavoro come interprete presso il consolato italiano a Tel-Aviv.
La coppia si sposa, nonostante che la famiglia di Kamila, dal cognome Al Mohamed, non vedesse di buon occhio un soldato israeliano a casa loro.
Ma si sa che l’amore è cieco e la famiglia beneducata di Samuel e la sua laurea in medicina avevano fatto cambiare punto di vista e avevano approvato l’unione. Samuel, parimenti, pensava e con lui la sua famiglia, che non bisognasse credere ai discorsi paranoici dei belligeranti del governo che inneggiava alla guerra come unico mezzo di rivalsa e vittoria sul popolo palestinese.

Poi la svolta dopo il matrimonio. Kamila è all’inizio della gravidanza, Samuel cerca di lavorare come medico di base, ma invano, a parte notti mal pagate e una gavetta che si prospettava senza fine.
Cosa cambia, allora? La disperazione muove Samuel ad arruolarsi nell’esercito, posto senza dubbio ambito perché “sicuro” e ben pagato.
Nasce l’amatissima Amina. Gli anni passano e incominciano i dissapori nella coppia quando ricomincia il conflitto arabo-israeliano nell’ottobre 2023, con il rapimento di tantissimi piccoli ostaggi, finora mai riconsegnati alle famiglie di origine, da parte dei terroristi di Hamas, organizzazione vecchia nei suoi mezzi e azioni di offesa militare, fondata su traffici politici internazionali.

Kamila viene presa da angoscia e terrore per il futuro, il marito combatte contro la sua gente, un orrore per tutti! Lo vede infatti partire per la guerra promossa dal governo. Questo non lo accetta, così chiede il divorzio e, nonostante il buon lavoro da interprete, ritorna con Amina a Gaza, presso la sua famiglia.
Così, privi di mediazione fra i due popoli, manipolati da un occidente perverso e polimorfo direbbe Freud, privi di prospettive di pace finalmente duratura, la famiglia si disfa.

Come accennato, Amina viene affidata alla madre e sta in mezzo ad un conflitto familiare e sociale, tra i due genitori e tra due nazioni, tra i due popoli, da quasi 80 anni in conflitto tra loro, in modo sanguinoso, tremendo e privo di limiti umani di rispetto.
Sto a descrivere proprio la notizia che ho appreso di loro… Il governo israeliano ha bloccato l’arrivo dei convogli umanitari esteri che avrebbero permesso un aiuto concreto alla sopravvivenza!
Amina è stata coinvolta in un bombardamento e si può immaginare il suo dolore, la sua disperazione, la sua solitudine.
Samuel diserta e corre a Gaza a trovare la sua famiglia, ricomposta da Kamila e sua figlia Amina, in particolare, in un ospedale di Gaza, ancora funzionante.
Adesso vuole la pace per la sua famiglia e i loro popoli. Lo ha pensato per Amina, priva secondo lui, di riferimenti certi, sicuri nel proprio contesto di vita, creato dalla guerra in essere.

Chi sa dirmi perché ho inventato un finale così fantastico e ottimista? Perché mi piace la fantasia e la creatività, sono ottimista, ma soprattutto non sopporto sapere che i bambini soffrano così tanto, così come per i bambini rapiti da Hamas, così per i bambini della Striscia di Gaza.
Perché è bello che Amina possa avere delle risorse psicologiche e non sia più a rischio di vita costante, pensando al padre Samuel, soldato disertore, che l’ha voluta amare a scapito della sua stessa vita. Chi diserta è un vero traditore? Per Amina, no, evidentemente!