La prima volta che abbiamo rivolto uno sguardo all’abbigliamento delle donne che sedevano in Parlamento (pochissime), è stato il giorno in cui Nilde Iotti fu eletta Presidente della Camera dei deputati, la prima nella storia della Repubblica a ricoprire la terza carica dello Stato. Dal 20 giugno 1979 al 22 aprile 1992.
In questi 12 e passa anni il suo “look”, come si dice oggi, ebbe a trasformarsi nel tempo e fu molto osservato ma quasi mai criticato, grazie anche alla sua estrema classicità.
D’altra parte Nilde Iotti pur non essendo bella, aveva un suo portamento naturale che la favoriva e al quale ben si coniugavano il rigore esterno con il riserbo di cui si avvalse. Si disse ‘una gran signora’ cui piaceva indossare tailleur rigorosi, essenziale nei dettagli, senza cedere alle mode e nulla concedere all’immagine mediatica.
Seppe dosare e unificare con il suo stile l’immagine di rappresentante delle istituzioni-militante-politica-compagna di Palmiro Togliatti, quanto basta per non scontentare nessuno.
Non i maschi, che le riconobbero un ruolo prettamente da loro rivestito, né donne che non avrebbero sporto nessuna critica alla prima donna entrata nella “stanza dei bottoni”.
Poi, e per fortuna, le donne nella politica e negli incarichi istituzionali sono entrate sempre più numerose e gli operatori dell’immagine hanno goduto di un periodo fortunato.
Nel solco tracciato da Nilde Iotti, fu la volta di una giovanissima Presidente della Camera come Irene Pivetti che rese iconici foulard e colori pastello. Poi fu la volta delle deputate, poi quella delle ministre.
Per la verità da un certo momento in poi si è assistito ad un rapido cambiamento d’immagine di tutte le elette, come attraversare un prima e un dopo, dove la semplicità e la norma del femminile, si è trasformata in moda firmata, ritocchi estetici, competizione.
Come se fosse scattata una molla all’inverso. Più si realizzavano e conquistavano ruoli che per anni sono stati un sogno nell’immaginario e nelle rivendicazioni femministe più le donne, finalmente conquistato il ruolo, abbiano voluto rivendicare il genere anche confermando i più ovvi stereotipi della bellezza.
D’ altra parte non è che il potere cancelli i codici che formano ancora buona parte della mentalità e della cultura. Piacere e compiacere.
Sotto particolare osservazione oggi è la Presidente del Consiglio Meloni.
Essendo per l’appunto una “manager della politica” sovraesposta in Italia e all’estero, è difficile che sfugga allo scanner.
Per non accodarsi ai soliti che la criticano perché cambia troppi abiti-costosi non si può dimenticare che è una figura pubblica, che da tempo riveste incarichi prestigiosi (fu ministro per la gioventù), che ha fondato un partito di cui è sempre stata la Segretaria e che oggi rappresenta la maggioranza di governo votata dai cittadini.
Tra i cambiamenti con cui il potere si mostra vi è sicuramente il dress code.
In questa scalata verso il potere i soli momenti in cui si è intravista una certa fragilità di donna sono stati i mesi della gravidanza.
Ovvio. Stanchezza, camicioni e vestiti premaman, sovrappeso generalizzato, pancia over size. Un tempo in cui in molte ci si sono riconosciute.
Per passare poco tempo dopo, ma si sa che stiamo parlando di una donna tosta e determinata, a riprendersi la scena mediatica con look sbarazzini durante festival e comizi.
Una faccenda, quella dell’abbigliamento, che non risparmia nessuno anche se per gli uomini, a parte qualche scivolone (bomber, jeans attillati ecc.) oltre il cambio cravatta, sono pochi gli stravolgimenti concessi.
Per Giorgia Meloni, come accade a moltissime donne, dopo la gravidanza è sembrato scattare la fase del recupero e la voglia di apparire femmina. Anche con l’aiuto di un look colorato sbarazzino. Che le è stato consentito fino a che non è diventata Presidente del Consiglio e sostituito da quello rigoroso, elegante, misurato si quanto piacione.
Immaginiamo che prima di capire veramente come vestirsi abbia avuto un momento di confusione, chiarito forse dai tanti stilisti e marchi del made in Italy messi a disposizione.
Mai mortificarsi, mai esagerare. Un abbinamento, non sempre azzeccato, di orecchini e colori.
Certo una vita di movimento quella della Presidente del Consiglio, dettato da riunioni, Consiglio del Ministri, viaggi all’estero ecc. giornate lunghe e complesse che richiedono un’assistenza continua ma che ha bisogno anche di confort personale. Forse è per questo che l’abbiamo vista spesso abbigliata con larghi o lunghi abiti, tesi a non mettere in evidenza i punti nevralgici di un corpo femminile, di non doversi sentire tirare o stringere dopo un pranzo o una cena di stato, nello scendere e salire scale, auto e aerei.
Donna di carattere, forse è sua la scelta di abbinare gli abiti ai luoghi e alle situazioni che incontra che non escludono maniche rimboccate, scarpe da ginnastica, camice casual fuori dai pantaloni, felpe. Una scelta e una furbizia per comunicare anche attraverso l’abbigliamento la forza e la durezza del suo impegno.
Pensiamo, che il dress code non sia certo il pensiero primario della Presidente del Consiglio, ma neanche l’ultimissimo.
Basti pensare al disagio che si può provare nel calpestare davanti a tanti, militari schierati, inviati esteri, stampa, fotografi, TV ecc. interminabili tappeti rossi. E se venisse meno la sicurezza e si sentisse, goffa?
Se prima di uscire lo specchio le rivelasse un’immagine che non le piace? Un abito che mette in risalto i difetti, i chili di troppo o le occhiaie perché ha dormito poco o è nervosa perché la figlia piangeva mentre usciva, perché non ha avuto il tempo di occuparsi delle sue cose personali, perché ha le mestruazioni, perché il parrucchiere le ha tagliato troppo i capelli ecc.?
Basterebbe per un solo momento mettersi nei suoi panni di donna.
Cosa farebbero le altre?
Tutti la guardano, tutti la osservano. Oltre a badare al suo partito, agli alleati, all’opposizione, al suo governo, quanto tempo le resta per guardare sé stessa?. E per le relazioni?
Poverina! Siamo sicure che non ci si sia donna al mondo disposta a vendere il suo impero per raggiungere un attimo di pace?
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