di Sara Marsico
Chi si trovi a passare davanti alla sede del Parlamento Europeo di Strasburgo non potrà fare a meno di notare che è intitolato a una donna: Louise Weiss.
La sede dell’organo più democratico dell’Unione Europea non avrebbe potuto avere intitolazione migliore: Weiss è, tra le Madri fondatrici d’Europa, la più visionaria, anche se con i piedi ben piantati sulla terra. La sua vita, raccontata in un’autobiografia di cinque volumi, rappresenta il percorso travagliato della costruzione dell’Europa anche attraverso la battaglia per il voto alle donne.
Presidente per un giorno, il 17 luglio 1979, come decana, a 86 anni, del Parlamento Europeo, all’atto del suo insediamento fu definita dal cancelliere Helmut Schmidt col soprannome di “nonna d’Europa” (appellativo in cui potremmo leggere una velata discriminazione, quando invece il titolo di Madre costituente d’Europa le spettava tutto, al pari dei Padri fondatori). Ma Weiss, europeista convinta fin dagli anni Venti, fu forse la precorritrice delle persone che oggi chiameremmo “diversamente giovani”. Nonna non fu mai, e nemmeno madre, anche se a un certo punto della sua vita adottò un figlio, con cui ebbe un legame travagliato. I suoi rapporti con gli uomini non furono semplici né sereni e la sua vita amorosa fu piuttosto sfortunata, tanto è vero che, quando finalmente si sposò, il matrimonio durò meno di quattro anni. Una donna tanto colta ed indipendente poteva far paura, a quell’epoca. Appartenere a una famiglia agiata, multilingue e cosmopolita, ad Arras, in Alsazia, le aveva assicurato una serie di stimoli e di opportunità rare per le ragazze della sua generazione. Era nata nel gennaio del 1893, non si sa se il 25 o il 26 del mese, sotto la costellazione dell’Acquario, il segno della libertà e libera volle essere fin dall’adolescenza, in forte conflitto col padre, ma attratta dalla figura del nonno materno, Emile Javal, che la fece appassionare alla causa dell’Europa e del pacifismo. Fu grazie alla madre se le fu consentito di studiare, mentre il padre aveva immaginato per lei una vita da casalinga. A tale proposito Weiss avrebbe scritto nelle sue memorie: «Come avrei potuto accettare l’ordinarietà di una vita in famiglia? Che sconfitta! L’alternativa davanti a me: divorare il Pianeta o divorare me stessa». Fortemente determinata e caparbia, nel 1914 fu tra il dieci per cento delle francesi che superarono l’agrégation, l’esame che dava accesso alla pubblica amministrazione e si laureò in letteratura presso le Università di Oxford e di Parigi. Dopo aver vinto un difficile concorso per l’insegnamento, rifiutò il posto ritenendo che la paga fosse troppo bassa per una docente e per una donna. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale si buttò in prima linea nel contrasto alle conseguenze terribili del conflitto, allestì un piccolo ospedale militare in Bretagna per i soldati francesi feriti e fondò una casa per i rifugiati. Alla fine della guerra andò in Svizzera, si offrì come infermiera per i soldati ex prigionieri francesi e volle scrivere, servendosi di uno pseudonimo maschile, delle condizioni in cui questi erano tenuti nei campi di prigionia tedeschi. Il suo imperativo era “far guerra alla guerra” e capì presto che diventare giornalista sul campo le avrebbe permesso, in assenza del diritto delle donne di votare e di essere votate, di diffondere le proprie idee e di condurre campagne pacifiste. Dopo avere scritto per “Le Radical”, realizzò reportage interessantissimi per “Le Petit Parisienne”, intervistando personaggi famosi tra cui, a Mosca, Lev Trotskj. Il suo sforzo più grande fu la fondazione, insieme a Hiacynthe Philouze, del settimanale “L’Europe Nouvelle”, che venne pubblicato dal 1918 al 1934 e divenne ben presto il più importante periodico di relazioni internazionali, aperto a contributi di diverso orientamento politico. Nel 1930 fondò la Nouvelle Ecole de la Paix, una vera scuola per adulti che vide una partecipazione notevole di persone interessate ad assistere a seminari e conferenze di affari internazionali, tenuti da personaggi di grande levatura intellettuale. La minaccia nazista era alle porte e il pacifismo non sembrò più la strada giusta a Louise Weiss. Hitler era troppo pericoloso e la politica della pacificazione portata avanti dalla Lega delle Nazioni non le sembrò all’altezza della sfida. Per questo abbandonò “L’Europe Nouvelle” e appoggiò l’uso della forza per garantire la pace. In questa parte della sua vita sposò la causa dei diritti delle donne ed in particolare la battaglia per il diritto di voto, portata avanti con azioni dimostrative originali e provocatorie, com’era nel suo stile, interrompendo manifestazioni sportive e lanciando volantini da aeroplani. In uno di questi era scritto: «Se ci darete il voto, i vostri calzini continuerano ad essere rammendati». Da ricordare un aneddoto che ben rappresenta la sua ostinazione e creatività: in occasione delle elezioni amministrative a Parigi del maggio del 1935, Louise presentò la propria candidatura simbolica al XVIII arrondissement – a Montmartre – e con l’aiuto delle donne aderenti alla Femme Nouvelle, organizzazione da lei fondata con sede agli Champs Elysées, costruì un gazebo permanente con finte urne di cartone ed un programma politico: «La francese desidera amministrare gli interessi della città così come ella amministra gli affari domestici». Impegnarsi per la causa delle donne e per il suffragio femminile era il suo modo di scongiurare la guerra.
Nella sua attività di giornalista dedicò moltissima attenzione alla persecuzione delle persone dissidenti e del popolo ebraico e convinse il Ministro degli Affari esteri Bonnet a costituire un Comitato per i rifugiati che aiutasse gli ebrei perseguitati dai nazisti a fuggire. Due altre azioni meritevoli di essere ricordate furono il visto concesso a 1000 bambini/e ebrei/e scappati/e dalla Germania e dall’Austria dopo la Notte dei Cristalli e l’autorizzazione per diverse centinaia di rifugiati rimasti bloccati a bordo dei transatlantici Saint-Louis e Flandre a stabilirsi temporaneamente in Francia dopo essere stati respinti dagli Stati Uniti.
Quando nel 1940 la Francia cadde sotto l’occupazione tedesca Weiss non esitò a schierarsi apertamente con la Resistenza e pubblicò il giornale clandestino “La Nouvelle République”. Dopo la guerra si dedicò a viaggi in tutto il mondo e scrisse articoli in favore di un mercato comune e di un Europa unita, come contrappeso allo strapotere di Usa e Urss. Con l’età divenne più pragmatica ma sempre convinta della necessità che Francia e Germania si riavvicinassero, costruendo un’organizzazione fondata su una comune identità culturale. Nel 1971 istituì la Fondazione Louise Weiss, che assegna ogni anno un premio alla persona o alla istituzione che più si sono battute per la scienza della pace. I premi in questi anni sono andati, tra gli/le altri/e, a Simone Veil, Vaclav Havel e Helmut Schmidt.
Dal 1979 fu ininterrottamente parlamentare europea, eletta nel partito che si ispirava a De Gaulle, quello stesso che il 21 aprile 1944, con un’ordinanza, aveva assicurato il voto alle donne. A lei, nominata Grande ufficiale della Legione d’Onore, vincitrice del Premio Schuman e membro onorario del Consiglio universitario a Strasburgo, sono intitolate una via nel Dodicesimo arrondissement di Parigi, una scuola primaria e una piazza a Strasburgo, una sezione del Museo di Saverne, in cui sono conservati i suoi oggetti personali e i suoi scritti, oltre alla sede francese del Parlamento Europeo. L’intitolazione fu fortemente voluta da un’altra donna, Nicole Fontaine, seconda e purtroppo ultima Presidente, dopo Simone Veil, di questo importante organo dell’Unione Europea.
Di Louise Weiss rimangono moltissimi libri, reportage, fotografie, romanzi e saggi, perché aveva intuito, con grande lungimiranza, l’importanza di lasciare traccia di sé nel mondo attraverso lo scritto. Tutto ciò che ha fondato è stato accompagnato da un aggettivo, Nouvelle, e nuova e giovane Louise lo fu fino al giorno della sua morte, avvenuta a 90 anni, nel 1983.
fonte: https://vitaminevaganti.com/2021/01/23/louise-weiss-2/