Elisabetta Righi Iwanejko
La storia si ripete sempre a cicli alternati. Una regola che deve togliere il sonno ai governanti di Atene. Per la terza volta Grecia e Turchia sono sull'orlo dello scontro armato. Nei due precedenti casi, Ankara ha sempre prevalso grazie alle innate capacità militari. Nel 1922 il generale Ataturk, padre della moderna Turchia, sconfisse l'esercito greco e ripristinò la sovranità nazionale. Infatti la sconfitta degli Imperi Centrali nella prima guerra mondiale provocò oltre alla caduta del Kaiser e dell'Impero Austro-ungarico, anche la dissoluzione dell'Impero Ottomano che si estendeva dai Balcani al Golfo Persico. Il trattato di Sevres del 1920, aveva assegnato l'intera Asia Minore alla Grecia che tuttavia Ataturk riuscì a riconquistare.
Una vittoria sancita dal Trattato di Losanna del 1922 che affidò alla Convenzione di Montreux del 1936, di stabilire le modalità di accesso al Mediterraneo attraverso lo stretto dei Dardanelli. Una questione che ha riguardato soprattutto la flotta prima sovietica e poi russa del Mar Nero. Le navi militari possono transitare a due condizioni: stazza max di 15mila tonnellate e previa informativa al governo turco. Nel luglio 1974, l'agonizzante regime dei colonnelli, al potere ad Atene dal 1967, tentò, come la Junta argentina nel 1982 con l'invasione del Falkland, la carta della politica estera. Un colpo di stato rovesciò il Presidente di Cipro l'arcivescovo greco-ortodosso Makarios nell'ottica di realizzare l'enosis, il ricongiungimento tra l'isola e la madrepatria ellenica.
L'inaspettata reazione della Turchia che sbarcò nella parte settentrionale, occupando il 40% del territorio cipriota, provocò il crollo dei colonnelli e la restaurazione della democrazia ad Atene. Nel gennaio 1999 la consegna alla Turchia di Abdullah Ocalan, leader del PKK curdo, rifugiatosi nell'ambasciata greca di Nairobi, sembrava avere rasserenato le relazioni tra le due nazioni. L'ascesa della politica estera neo-ottomana e panislamista di Ankara ha riacceso la tensione nel fragile fianco meridionale della Nato. Dai ricatti di Erdogan sul contenimento dei flussi migratori verso l'Europa durante l'estate 2015, alle minacce del califfato dell'Isis in Siria, alla disputa sul Mar Egeo la situazione è riesplosa con un escalation inarrestabile. L'odierna collisione tra due unità navali al largo di Rodi, costringe l'Europa ad intervenire prima che l'irreparabile possa accadere.