PATTO PER LE DONNE DELLA CAMPANIA
#statigeneralidelledonne
#alleanzedelledonne
La democrazia o è paritaria o non è democrazia
Elezioni Regionali 20-21 settembre 2020
Si chiede ai candidati e alle candidate di adottare il Patto per le donne della Campania, di sostenerlo e di dichiarare di concretizzarlo nel caso di elezione nel nuovo Consiglio Regionale.
Il Patto per le Donne della Campania, frutto di un lavoro di anni sui territori, è un modello nuovo di partecipazione dal basso, di condivisione e coinvolgimento diretto della comunità delle donne nella costruzione, con uno sguardo di genere, di un piano strategico per la Campania costantemente attento alla salvaguardia e alla tutela delle pari opportunità. E’ lo strumento attraverso cui definire opportunità nuove per tutte, programmare ed attuare azioni concrete e strutturali che tengano conto delle esigenze e della voce delle donne che abitano le comunità della nostra Regione.
Il Patto per le Donne della Campania è la chiave di volta di un percorso e di un lungo cammino che mira non soltanto a delineare obiettivi precisi, ma ad incanalare in quella direzione risorse umane, portatrici di esperienze, di professionalità e di idee concrete, ed economiche. Non un libro dei sogni, non semplici buone intenzioni ma un impegno di responsabilità di tante e tanti per un percorso riconosciuto come possibile, al quale ritenersi impegnate/i, ciascuno/a per la propria parte.
Il Patto per le Donne della Campania è l’occasione per la costruzione di nuove relazioni e nuovi legami tra chi amministra e chi vive i territori, non è una definizione astratta né una delega in bianco! Rappresenta un nuovo modo di operare, attraverso un percorso unitario di intervento sui territori finalizzando la propria azione a creare nuova occupazione femminile, ad investire in formazione e in politiche a sostegno delle donne e per le donne.
Siamo disponibili ad un incontro per discutere delle proposte contenute in questo documento al fine di suggerire e adottare misure concrete per dare lavoro alle donne e migliorare la qualità della vita. Investire nei diritti delle donne è l'azione più urgente e intelligente per proteggere la Madre Terra e vedere le generazioni future uguali, vivere in pace e dignità. Investire nei diritti delle donne è l'impegno principale per un mondo più sostenibile, democratico e inclusivo che sia in grado di affrontare le grandi sfide dell'umanità: le grandi migrazioni in atto, il cambiamento climatico e la biodiversità, la povertà e la ridistribuzione, il commercio e la globalizzazione, il cibo e la terra, l'acqua e l'energia, le disuguaglianze e le violazioni dei diritti umani, la militarizzazione dei conflitti, la governance economica e finanziaria.
Le iniziative contenute nel Patto dovranno collegarsi sinergicamente alle attività per la ricerca e l’innovazione, che avranno come principale obiettivo quello del potenziamento del sistema di impresa e delle attività produttive della Regione. I fattori di sviluppo individuati si concentrano sull’accelerazione dei fattori di competitività, la promozione dei drivers e la incentivazione dei sistemi e delle filiere produttive anche attraverso lo sviluppo dell’Agenda digitale verso l’ultimo miglio per garantire banda larga ed ultralarga a tutte le imprese.
Tutte le misure previste dovranno avere alla base azioni per: la semplificazione e la sburocratizzazione a favore dei cittadine/i e delle imprese, la predisposizione di incentivi fiscali automatici per gli investimenti e l'occupazione, finanziati coni fondi FESR e FSE e quelli del Recovery Fund oltre che con l'attivazione di strumenti finanziari e di credito a favore delle attività produttive femminili. Abbiamo scritto il “Patto per le donne” tra territori, istituzioni e donne per promuovere il lavoro delle donne, la costruzione di un modello di welfare di comunità in cui l’offerta di servizi appare strettamente connessa alle mutate caratteristiche del mercato del lavoro e di chi vi accede.
Il Patto per le Donne della Campania è l’occasione per dare vita ad un laboratorio di cooperazione e collaborazione per dare concretezza alle azioni, per costruire insieme un percorso partecipato dal basso che metta al centro delle azioni del governo regionale le esigenze e i bisogni delle donne!
La sfida che noi Stati Generali delle Donne della Campania lanciamo a tutte le candidate e a tutti i candidati, è quella di “esserci”, di “esporsi” e di cogliere l’opportunità di un vero cambiamento culturale che metta al centro dell’azione del governo regionale una nuova visione di città, di comunità: è fondamentale una visione di genere nella costruzione di politiche e strategie per la ripresa economica e sociale della nostra Regione!
PREMESSA
Di fronte a uno scenario drammatico e triste, conseguente ad una crisi pandemica, economica e sociale senza precedenti che ha messo a dura prova i nostri territori, vi è la consapevolezza che tutto non sarà più come prima, sarà meglio di prima. Momenti contrassegnati da sentimenti di paura, di precarietà e di insicurezza, le gravi conseguenze sociali ed economiche di questa fase emergenziale, hanno evidenziato la grande fragilità dei nostri attuali modelli di sviluppo. In questa situazione infatti sono emerse con chiarezza sia le diseguaglianze economiche e sociali, sia quelle territoriali fra diversi sistemi economici e, soprattutto quelle fra Nord e Sud del Paese, ma non ultimo il dramma del carico di lavoro non retribuito familiare che si è scaricato completamente sulle spalle delle donne che hanno pagato il prezzo più alto.
Se c’è una cosa che l’emergenza pandemica ci ha insegnato è l’affermazione di una “visione” e di una nuova “dimensione” dell’economia, del sociale, della cosa pubblica: l’affermazione prioritaria della centralità della persona e dei suoi diritti inalienabili e dei servizi che devono garantirli, la ripubblicizzazione di interi settori del welfare, per far fronte alla paura di una grave crisi economica post-pandemica.
E’ il momento di ripartire con una differente “visione” della crescita e dello sviluppo di una Regione, dove le donne, i loro talenti e le loro competenze siano riconosciute e valorizzate nella costruzione del benessere comune, e siano alla base di una ripresa senza precedenti. È il momento di porre la soggettività delle donne a fondamento dell’agenda politica regionale. E’ il momento di azioni che contrastino la precarietà del lavoro delle donne e le crescenti povertà, che con coraggio ripensi a nuovi programmi di istruzione e di formazione, sviluppi l’imprenditorialità femminile, la leadership delle donne, crei nuove forme di lavoro.
La proposta per la nostra Regione, la nostra terra è una proposta alternativa che rivendica diritti per tutte e tutti, dal welfare al lavoro, dalla libertà di scelta alla lotta agli stereotipi di genere, dai beni comuni alla costruzione di un uovo sistema delle pari opportunità. Una diversa visione, quindi, una riprogettazione del futuro modello di sviluppo che metta al centro i territori, le città e le comunità; serve un cambio di paradigma con azioni concrete e strutturali da mettere in atto!
LE AZIONI DA REALIZZARE
1. Occupabilità, occupazione e imprenditoria femminile
L’ultimo Rapporto Svimez ha illustrato una profonda condizione di arretramento del Sud che si manifesta con la stagnazione dei consumi, la difficoltà delle famiglie a far completare il ciclo di studi ai propri figli, l'aumento della dispersione scolastica, la mancanza di infrastrutture, un sistema di mobilità assente, un basso tasso di occupazione in particolare per le donne.
L'andamento dell'occupazione femminile meridionale ha subito un duro contraccolpo durante gli anni della crisi: tra il 2008 e il 2014: le giovani donne del Sud, tra 15 e 34 anni, hanno perso oltre 194 mila posti di lavoro. Il Rapporto ritiene che la chiave per riattivare il Mezzogiorno sia l’occupazione femminile: parlare oggi di questione meridionale significa quindi parlare di questione femminile ed in particolare di lavoro femminile. L'incremento del lavoro delle donne determinerà il futuro del Mezzogiorno e quindi della nostra Regione!
Quindi le donne rappresentano in questo momento storico il soggetto politico più autorevole nel Sud per proporre “la crescita”.
Due sono i filoni sui quali occorre lavorare:
a- Occorre garantire alle donne i servizi di cui necessitano, in particolare adeguati e diffusi servizi per l’infanzia e di sostegno alla maternità come asili nido e ludoteche in quanto molte donne lavoratrici lasciano ancora il lavoro a causa della maternità. Ma anche servizi per gli anziani perché il lavoro di cura continua a gravare sulle donne e quindi è necessario ripensare l'attuale sistema di welfare che ripropone “vecchi modelli sociali” che continuano a immaginare le donne la “fascia debole che deve essere inclusa”.
In generale occorre rimettere al centro il lavoro delle donne parlando di occupabilità, rendendo le persone protagoniste ed esaltare le loro competenze facendole incontrare con le richieste del mercato, e non solo di occupazione, di nuove competenze e formazione e non solo di lavoro povero, poco dignitoso e poco qualificato. Serve un nuovo umanesimo del lavoro!
Molto potranno fare i fondi europei. La Presidente Von Der Leyen ha proposto una forma di riassicurazione europea per la disoccupazione, che non sarà uno strumento assistenziale, ma uno strumento che si attiverà in caso di shock forti nell'economia e potrebbe svilupparsi sotto forma di prestito. Una misura che potrebbe creare benefici effetti per il Sud e quindi per la nostra Regione.
b- In secondo luogo occorre ripensare ad un nuovo “modello imprenditoriale femminile di tipo Mediterraneo”, che tenga conto delle vocazioni e delle specificità dei singoli territori.
Le imprese femminili costituiscono un volano per la crescita e lo sviluppo ma devono essere sostenute attraverso l'erogazione di servizi reali durante la fase dell'avviamento e un adeguato accesso al credito che continua ad essere un forte elemento critico.
Continua comunque ad aumentare, anche nel 2018, il numero delle imprese femminili: sono oltre un milione e 337mila a fine 2018, circa 6mila in più del 2017, e rappresentano il 21,93% del totale delle imprese iscritte al Registro delle Camere di Commercio. A determinare il risultato del 2018 sono le 145mila imprenditrici straniere, aumentate di oltre 4mila unità rispetto all’anno precedente, secondo i dati elaborati dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere. Tra le regioni del Sud la nostra Regione registra un aumento di +1.417. In generale le imprese femminili aumentano in 15 regioni su 20 e tra le città Napoli si afferma ai primi posti della classifica provinciale per numero di imprese femminili registrate.
Benevento e Avellino, invece, si affermano per incidenza delle imprese femminili sul totale.
Partendo da tali premesse occorre creare una nuova economia al femminile con:
– Supporto all’avvio di micro-imprese innovative e flessibili (attraverso l'istituzione di un fondo regionale di microcredito).
– Realizzazione di sportelli integrati diffusi dedicati al counseling e supporto psico-sociale, orientamento alla ricerca attiva del lavoro, a partire dal bilancio delle competenze, inserimento in percorsi di formazione professionale, avviamento al lavoro presso imprese, accompagnamento e monitoraggio dell’andamento dei percorsi di formazione e di inserimento professionale attivati.
– Creazione di un vivaio delle attività e abilità femminili.
La proposta consiste nella creazione di un VIVAIO delle abilità e delle attività delle donne nei settori di tradizionale propensione femminile (lavorazioni artigianali di prodotti e materie prime tipiche del territorio campano): un luogo fisico, ma anche simbolico e virtuale, che rappresenti un’opportunità per quelle donne che non riescono ad accedere alle “tradizionali” opportunità di ingresso nel mondo del
lavoro. Con la realizzazione del vivaio si crea la possibilità di “mettere in rete” piccole attività artigianali d’alta qualità è volta a massimizzare le potenzialità di forme artigianali in grado di puntare a mercati di nicchia (anche internazionali), le cui possibilità di sviluppo sono limitate dalla ridotta capacità gestionale, dall’estraneità dai circuiti commerciali, dalla difficoltà di accesso al credito e dalle scarse occasioni di contatto con altre piccole realtà femminili simili o complementari. L’intento è quello di “migliorare e sostenere l’occupabilità delle donne”; “valorizzare e innovare le vecchie e le nuove competenze delle donne”; “migliorare la qualità della vita personale e le occasioni di rigenerazione psico-fisica (cura di sé)”; “promuovere e valorizzare la creatività, l’intraprendenza e il networking delle donne”; “sostenere e facilitare l’accesso al credito per la realizzazione di un sogno nel cassetto”; “rafforzare le competenze delle imprenditrici e la competitività delle loro imprese nei mercati extralocali”.
– Costruire una nuova economia declinata pienamente anche al femminile
Immaginare un nuovo modello di sviluppo sostenibile centrato sui principi e i valori della sostenibilità e della solidarietà; ridare lavoro alle donne e toglierle dall’invisibilità, eliminare le disparità salariali, riconoscere che la nuova imprenditoria femminile è uno dei segnali più promettenti di un nuovo ciclo di sviluppo che va sostenuto, con incentivi e finanziamenti soprattutto per chi guarda ai mercati internazionali e chi crea impresa nei settori più vitali quali il turismo sostenibile e di qualità, l’enogastronomia, la blue economy, l’industria del benessere, l’agricoltura biologica e l’artigianato, dal tradizionale al digitale e ambiti per i quali c’è domanda e quindi si crea lavoro; ridare dignità al lavoro delle contadine favorendo la costruzione di piccole economie locali fondate su una agricoltura di sussistenza e familiare che rispetti la terra e la biodiversità ;
2. Beni comuni
Chiediamo che sia attivata a livello regionale, così come sperimentato ed attuato dalla Città di Napoli, una politica per i beni comuni, cioè quei beni che rappresentano “un principio fondativo di organizzazione generale della società secondo una logica non proprietaria, dove il rapporto tra soggetti, gruppi, comunità e risorse disponibili non avviene sulla base del possesso, ma dell’accesso, dell’appartenenza comune, della mutualità e della reciprocità: “dare senza prendere e prendere senza togliere”. Beni comuni (commons) e comunità (communitas) sono inseparabili” (cit. Paolo Cacciari). Una politica sui beni comuni che passa attraverso atti amministrativi che possano garantire la fruizione collettiva dei beni comuni e la loro preservazione a vantaggio delle generazioni future, attraverso un governo pubblico che ne consenta un utilizzo equo e solidale. E’ un’occasione importante per aprire la strada alla sperimentazione di forme di autogestione e di autogoverno delle comunità afferenti a quei beni; dare una grande opportunità di democrazia nelle città e nelle comunità della Regione; favorire il riuso sociale degli spazi abbandonati come un’occasione per il lavoro delle donne; le forme
cooperative che nascono nelle città; ripensare la città e la sua centralità; favorire l’utilizzo di spazi pubblici per la realizzazione di spazi d’inclusione sociale che favoriscano la transazione al lavoro delle donne colpite da fenomeni di “multidiscriminazione” che investono soggetti svantaggiati e residenti in aree urbane a maggior rischio sociale combattendo l’antropizzazione del territorio e diffondere la cultura del verde; favorire la nascita di “Spazi urbani per il sociale” attraverso il recupero di spazi pubblici scarsamente utilizzati, da convertire in luoghi di aggregazione ed inserimento socio- lavorativo.
3. Ripensare al sistema delle pari opportunità
a) Modifica della legge istitutiva della Commissione Regionale Pari Opportunità
Nei primi 100 giorni di governo regionale chiediamo che si avvii un tavolo tecnico per una proposta di modifica alla legge istitutiva della Commissione Regionale Pari Opportunità che allo stato è datata rispetto all’orientamento europeo. Chiediamo che la Commissione si occupi non solo di politiche di genere, ma delle pari opportunità come tutela dei diritti. La finalità è quella di realizzare un valido strumento volto ad implementare e valorizzare la cultura delle differenze, incentivare l’occupazione femminile, le politiche di genere di condivisione, l’istruzione, la formazione, la salute, il contrasto alla violenza di genere. La proposta di modifica della legge deve rappresentare un corpus iuris riferito al macro-sistema delle Pari Opportunità e della Tutela dei Diritti, declinato nelle sue varie componenti. Lo sforzo comune deve essere quello di far acquisire a tutte le forme di “diversità” un valore “positivo”, nel senso di arricchimento nascente dallo scambio interculturale occasionato dal vivere comune.
b) Toponomastica di genere nella prassi amministrativa degli Enti locali
Ridisegnare le città in una prospettiva di genere non è un'impresa impossibile, a partire dai nomi di strade e piazze. Lo spazio della città, il suo territorio, la sua organizzazione sono in prevalenza campo d’azione degli uomini che hanno il potere, politico come pure professionale, essendo molto bassa la presenza femminile in entrambi gli ambiti, di decidere come debbano svilupparsi e in che direzione orientarsi nell’immediato e nel domani. Le donne questa organizzazione, spesso disordinata e distorta, la vivono e la subiscono allo stesso tempo, a partire dalla qualità dell’ambiente, dalla programmazione e distribuzione dei servizi, dall’accessibilità degli spazi e dei luoghi fino alla pianificazione di orari e tempi. Allo spazio fisico della città si sovrappone un altro spazio, simbolico e immateriale ma altrettanto significativo, quello del disequilibrio fra genere maschile e genere femminile, quello dell’odonomastica e della #toponomastica. Le intitolazioni delle strade e delle piazze, ma anche di aree verdi e spazi pubblici, riflettono una cultura e una dimensione sociale e storico-culturale ancora molto misogine: lo sbilanciamento in favore dei personaggi maschili è l’espressione del potere degli uomini che hanno scritto la storia e che continuano a perpetuarla nei percorsi di vita urbana. Dal censimento
toponomastico nazionale risulta infatti che la media di strade intitolate a donne va dal 3 al 5% (in prevalenza madonne e sante), mentre quella delle strade dedicate agli uomini si aggira sul 40%. In Campania la situazione non è tanto diversa, vediamo i numeri:
COMUNE STRADE INTITOLATE
DONNE STRADE INTITOLATE A
UOMINI TOT.
STRADE/VIE/PIAZZE
NAPOLI 283 1695 3515
CASERTA 36 461 1008
BENEVENTO 25 357 599
SALERNO 70 826 1394
AVELLINO 12 188 408
Sono forme d’espressione non neutrali le targhe delle strade in cui abitiamo, lavoriamo, ci incontriamo. Parlano di celebrità e memorie maschili gli itinerari culturali dei nostri viaggi, i musei, i monumenti e le opere che si affiancano lungo le vie e le piazze delle città d’arte. Delle storie femminili rimangono poche tracce e poche testimonianze, oscurate da eventi quasi tutti raccontati al maschile. Al contrario le numerose immagini pubblicitarie che ci circondano proseguono nel voler riproporre quasi esclusivamente volti e corpi di donne, rinnovando in ogni istante distorte percezioni del mondo femminile.
Dalla constatazione di un evidente gap tra uomini e donne in termini di odonomastica che in Commissione pari opportunità della Campania è stato avviato un tavolo di monitoraggio per riequilibrare e rendere visibile il talento delle donne nelle strade delle città, quale atto duraturo e di buona prassi amministrativa. A partire dall’esperienza virtuosa della città di Napoli, in prima linea con l’approvazione del “Regolamento per la toponomastica cittadina”, strumento innovativo che ha reso “Napoli, città femminile per eccellenza nell’immaginario collettivo”, chiediamo che si dia avvio ad una Regolamentazione odonomastica su scala regionale, rivisitata in chiave di genere, per colmare il divario tra intitolazioni al maschile e al femminile presenti in ogni città.
4. Azioni concrete a sostegno delle donne vittime di violenza e in fragilità economica e sociale
1. Autonomia lavorativa e abitativa
In questi anni la Regione Campania si è distinta per aver promosso azioni concrete per contrastare e prevenire la violenza contro le donne, promuovendo progetti e iniziative finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile contro le donne.
Dai dati raccolti sulla violenza domestica emerge che un aspetto che impatta in maniera diretta sul percorso di una donna che cerca di uscire da una situazione di violenza è proprio l’assenza di un lavoro. Quindi diventano fondamentali l’orientamento e l’inserimento lavorativo per i percorsi di liberazione e autonomia delle donne che fuoriescono dalla violenza, in quanto consentono la rottura dell’isolamento, la riacquisizione di autostima, la capacità di riconoscere le proprie competenze, abilità e limiti per assicurarsi una reale indipendenza, soprattutto dal punto di vista economico. In tal senso, per garantire efficaci percorsi di autonomia lavorativa è necessario: a) prevedere il reddito di autodeterminazione, b) vietare il licenziamento e prevedere il diritto alla flessibilità di orario, l’aspettativa retribuita e la sospensione della tassazione per le lavoratrici autonome; c) mettere a disposizione per attività di imprenditoria femminile una percentuale dei beni commerciali confiscati. Altro tema che assume un valore primario, nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, è il “problema della casa”, cui bisogna dare risposte adeguate, non episodiche e/o emergenziali, che tengano conto delle condizioni socio-economiche complessive e individuali, nonché delle differenti soluzioni alloggiative esistenti e/o possibili. In tal senso, è importante creare le condizioni per un accesso agevolato ad alloggi economicamente sostenibili, anche per l’impossibilità di stipulare un contratto di affitto a causa dell’assenza di busta paga e garanzie sufficienti. E’ possibile prevedere: a) l’istituzione di un fondo di garanzia che permetta una stipula del contratto facilitato per le donne, b) mettere a disposizione il 10% del patrimonio pubblico per l’implementazione di case di Semiautonomia, di case con affitti contenuti per donne che escono da situazioni di violenza, o in co-housing, per una durata di 4 anni.
In Campania misure virtuose come quelle del bando SVOLTE hanno rappresentato un valido aiuto e supporto per i territori che attraverso i CAV sono i primi ad accogliere, ascoltare e supportare le donne vittime di violenza, ma non basta! È necessario elaborare un piano strategico regionale che elabori politiche di prevenzione e campagne di sensibilizzazione ispirate all’educazione ai sentimenti e al riconoscimento e al rispetto della differenza in ogni ambito, dalla famiglia alla scuola, ai luoghi di lavoro, allo spazio pubblico. La sicurezza non è solo un problema di ordine pubblico ma di legami sociali. Un piano che sia il frutto di un confronto tra regione, comuni, società civile, associazioni di donne, sindacati, e istituzioni, e che porta con sé la proposta di un intervento strutturale sul tema. Ascoltando i territori, le istanze e le esigenze delle associazioni, dei CAV, degli sportelli antiviolenza bisogna arrivare ad un punto che si metta finalmente fine ad interventi straordinari, in alcuni casi frammentati, inefficaci e non sempre rispondente ai reali bisogni delle donne.
La sfida verso cui tendere è questa! L’elaborazione di un Piano antiviolenza che non sia più straordinario ma uno strumento di lotta e di rivendicazione, un documento di proposta e di azione che coinvolga tutte e tutti in un processo di trasformazione radicale della società, della cultura, dell’economia, delle relazioni, dell’educazione, per costruire una società libera dalla violenza maschile e di genere. È una sfida ambiziosa e, al tempo stesso, quanto mai necessaria che porterà all’elaborazione di un piano dal basso che partendo dalla ricchezza delle esperienze di lotta, solidarietà e autogestione tra donne vuole affrontare il nodo della violenza in modo strutturale e concreto.
2. Istituzione di un “comitato” di vigilanza per contrastare la pubblicità sessista e lesiva della dignità delle donne
Sempre più spesso assistiamo a pezzi di corpo usati per promuovere prodotti e ruoli stereotipati in base al genere oppure si ricorre a slogan costruiti sui doppi sensi: ecco come la pubblicità sessista accentua la discriminazione di genere, è lesiva della dignità delle donne. Questo è il portamento fondante della discriminazione e della violenza di genere. Come possiamo pretendere di ridurre il tasso di abusi e maltrattamenti fisici, se prima non cambiamo la rappresentazione femminile nella nostra società? È necessario comprendere, infatti, che questo stesso tipo di rappresentazioni sono forme di violenza, che ledono la dignità della persona.
Il rispetto per la donna passa anche attraverso immagini e campagne pubblicitarie che non siano lesive della sua dignità, oggettivandone il corpo e rafforzando stereotipi di genere e modelli di comunicazione che, anche indirettamente e subdolamente, incitino alla violenza. Per questo, chiediamo la costituzione di un organismo di vigilanza, che ha lo scopo di sensibilizzare le autorità sul fenomeno e di procedere alla immediata rimozione della cartellonistica sessista, che contenga immagini di violenza contro le donne e che non rispettino la persona e la dignità umana. Il Comitato si dovrà fare garante di un monitoraggio continuo, perché si abbia un forte cambio di mentalità, e non venga più sfruttata l’immagine delle donne a scopi commerciali, innescando immaginari legati in qualche modo e drammaticamente alla violenza di genere. L’obiettivo principale è quello di far mettere in campo, da parte degli enti locali, azioni di contrasto della pubblicità lesiva, con l’inserimento nei regolamenti comunali di norme che abbiano la ratio di contrastare il fenomeno, e diffondere, a partire dal basso, la cultura e la tutela dell’immagine e della non discriminazione dei generi nella pubblicità.
a cura di
Maria Lippiello Coordinatrice Regionale degli Stati Generali delle Donne della Campania- Componente Comitato Scientifico Nazionale Stati Generali delle Donne
Angelina Acampora e Melania Picariello per gli SGD della Campania. Isa Maggi- Coordinamento Nazionale Stati Generali delle Donne
Per sottoscrivere il Patto inviare una mail a: statigeneralidonnecampania@gmail.com