Si sta attuando una nuova rivoluzione che parte dalle idee e pervade tutti i settori della vita. L’invito per le donne e per gli uomini è quello di partecipare
Stati Generali delle Donne. Economia e Territori
Roma, Sala della Stampa Estera, 18 novembre 2016
IL PERCORSO DEL MOVIMENTO
Il 5 Dicembre 2014 è nato, dal lavoro e dalla tenacia di un gruppo di imprenditrici, professioniste,insegnanti e rappresentati delle istituzioni, il movimento Stati Generali delle Donne. La filosofia e gli obiettivi sono quelli di dare voce alle donne e di mostrare che le donne devono essere rappresentate in misura egualitaria all’interno di ogni settore. E’ stato svolto dagli Stati Generali un lavoro dal basso, in modo silenzioso, territorio per territorio, città per città , paese per paese.
Isa Maggi, Presidente di Sportello Donna e Bic Italia net, e le sue compagne di viaggio Chantal Certan, Consigliera regionale della Valle d’Aosta, Marta Ajò, scrittrice e giornalista romana, Miriam Bisagni, Consigliera delle Elette piacentina, Laura Moschini, membro del Consiglio scientifico del Gio (Osservatorio interuniversitario studi di genere), Augusta Tognoni, magistrata milanese,Francesca Zajczyk, docente di sociologia urbana alla Bicocca, Cinzia Boschiero, giornalista milanese, Roberta Bortolucci, imprenditrice di Bologna, Maria Grazia Giaume, Rosaria Nelli, Silvana Neri, Stefania Notarpietro, Ninni Fanelli, Amelia Crucitti, Gabriella Taddeo degli Stati Generali delle donne,tra le prime firmatarie del Patto per le Donne, hanno dato avvio ad un processo di riconoscimento del valore femminile nello sviluppo sociale, economico, politico e civile unendosi, aggregando un numero sempre maggiore di donne, mettendosi in contatto con le Istituzioni, creando una rete di sostegno e di progettualità a partire dalle Regioni per arrivare al Governo.
Il 2015 è stato, per gli Stati Generali delle Donne, l’anno della “Carta delle Donne del mondo”, un documento condiviso da molti comuni, associazioni, scuole, università,sui risvolti ai giorni nostri dei lavori della Conferenza Mondiale delle donne, svoltasi a Pechino nel 1995.
Il 2016 è l’anno di “Un Patto per le Donne”. Scritto con il contributo di tutte e ancora oggi in evoluzione, il documento vuole portare all’attenzione del Governo i risultati del lavoro che gli Stati Generali hanno portato avanti nelle Regioni per definire con il Governo stesso gli obiettivi da raggiungere e iniziare a “trasformare i problemi in opportunità e le richieste in azioni”.
Portatrici di esperienze, di professionalità e d’ idee concrete, le donne si stanno confrontando in molti luoghi nell’intento di aderire e rapportarsi al Patto per le Donne, per chiedere azioni concrete a favore delle donne soprattutto sul tema fondamentale del lavoro, e per contribuire quindi al riequilibrio del nostro sistema economico.
Il Patto per le Donne non è una definizione astratta. Esso fin dall’inizio ha dato l’avvio ad un nuovo modo di operare, attraverso un percorso unitario di intervento sui territori “finalizzando la propria azione a creare nuova occupazione femminile nell’ambito dello sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell’Italia”.
La necessità di un’azione coordinata, del coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in considerazione della strategicità e complessità degli interventi, ha dato il via ad una serie d’incontri che proseguiranno nell’incontro che svolgeremo a Roma nel marzo 2017, per terminare a Matera, città europea della cultura, nel 2019.
Il Patto, che intende muoversi per la sua realizzazione nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali, vuole essere un contributo concreto, per trovare soluzioni e proposte alle politiche di genere. Un progetto concreto che passa inevitabilmente attraverso un confronto e azioni sui territori. Per questo gli Stati Generali di Roma di novembre 2016 sono stati una tappa importante, per rinnovare il ” il supporto, il parere e la concretezza delle sindache, delle assessore, delle amministratrici,delle imprenditrici, libere professioniste e lavoratrici autonome per far diventare reale sui territori ‘Il Patto per le donne’ ed inserirlo nei Patti che il Governo ha siglato con molte Regioni e Città, per trovare opportunità, per creare lavoro e nuove imprese per le donne e con le donne”.
Nella riunione degli Stati Generali delle Donne, avvenuta il 18 Novembre scorso a Roma nella sede della Stampa Estera, molte donne si sono incontrate, rincontrate; entusiaste, decise a testimoniare con la propria presenza la volontà di tessere una rete che sviluppi le proposte necessarie ad un costruttivo rinnovamento per un futuro migliore per tutti.
“Donne, economia e territori”, organizzato dagli Stati Generali delle Donne, si è reso possibile grazie alla collaborazione del Mise, presenti la dirigente generale Mirella Ferlazzo e la presidente del Cug (Comitato unico di garanzia) Patrizia Giarratana che, nel suo intervento ha parlato della promozione internazionale per le donne. All’incontro hanno partecipato numerosissime rappresentanti dei territori, della Pubblica Amministrazione, associazioni e professioniste.
Il dibattito che si è svolto durante la giornata si è articolato in varie sezioni, alcune tavole rotonde e molte testimonianze. Una partecipazione molto sentita, in cui è emersa ancora una volta la volontà di comunicare, partecipare e proporre.
La ricchezza dei contributi e l’alto valore delle competenze messe in campo hanno dimostrato come in pochissimo tempo, dal 5 dicembre 2014, la rete delle donne è cresciuta,è diventata forte e ampia per promuovere l’occupazione e la valorizzazione del lavoro nei territori e ad avviare la formazione di
una Hub e di un organismo, il Comitato Scientifico degli Stati Generali, che sarà la pietra miliare per consentire la stesura di progetti e l’accesso ai fondi di finanziamento per realizzarli, proprio nell’ottica di essere un sostegno a 360 gradi del mondo delle donne.
Molte delle donne del Comitato Scientifico erano presenti all’incontro. Ecco una delle testimonianze:”Sono Antonella Chiusole, sono onorata di partecipare al Comitato Scientifico degli Stati Generali delle donne Hub. Credo di poter portare nella nuova associazione l’esperienza come manager pubblica esperta di occupazione femminile. Sono infatti da alcuni anni Dirigente generale dell’Agenzia del lavoro della Provincia autonoma di Trento, ovvero dell’istituzione che propone ed attua le politiche del lavoro in questo territorio montano. Credo che la nostra Provincia possa vantare azioni ed iniziative innovative ed all’avanguardia in materia di occupazione femminile, che possono essere facilmente esportabili e per le quali posso assicurare un’ assistenza qualificata nell’attuazione in altri territori. A proposito di politiche del lavoro, abbiamo o stiamo già lavorando con la Regione Lombardia, con il Piemonte, il Friuli Venezia Giulia, l’Emilia Romagna e stiamo definendo una importante collaborazione con la Valle d’Aosta.
In qualità di DG dell’Agenzia del Lavoro ho avuto anche modo di proporre le migliori prassi ed iniziative in materia di occupazione femminile, anche grazie ad una costante e fattiva collaborazione con la consigliera di parità, avv. Eleonora Stenico, e con la responsabile del Dipartimento per gli studi di genere dell’Università di Trento, prof.ssa Barbara Poggio.Inoltre sono presidente del CUG della Provincia di Trento”.
Il Comitato Scientifico si incontrerà per la prima volta a Milano il 14 gennaio 2017, presenti anche Rosaria Nelli e Pina Rosato, presidente e vicepresidente della nostra Hub.
Tra le prime testimonianze della giornata abbiamo ascoltato l’esperienza di Eliana Levy che ci ha raccontato come l’imprenditoria può essere fonte di riqualificazione e riappropriazione di identità nel
Terzo Mondo. Dal Mozambico al Benin, Levy ha diffuso la coltivazione e la lavorazione a scopo terapeutico dell’alga spirulina, portando occupazione, opportunità, formazione e salute per le persone del posto. Eliana Levy ha sottolineato l’importanza del dare alle persone la possibilità di restare dove sono nate e lottare lì per una vita diversa.
La testimonianza di donne che ogni giorno operano per aumentare le opportunità di ognuna non solo nel proprio territorio ma anche nel mondo, è partita dalla Consigliera della Valle d’Aosta Chantal Certan, che ha promosso,per il 2016, nella sua Regione il premio “Donna dell’Anno” per donne rappresentative del valore femminile nello sviluppo economico e sociale. Tra le premiate di questo anno Regina Tchelly, ritornata in Italia dalle favelas di Rio De Janeiro,nostra ambassador alla Conferenza Mondiale delle donne a settembre 2015 a Milano.
L’avvio ufficiale degli Stati Generali è avvenuto con Vittoria Franco senatrice, autrice del libro “Responsabilità. Figure e metamorfosi di un concetto” che, presentando il suo libro sulla responsabilità, ha richiamato l’attenzione sulla funzione sociale della donna, con particolare riferimento proprio alla responsabilità. La de responsabilizzazione culturale del ruolo femminile ha reso per troppo tempo la donna parte non attrice negli eventi e ha contribuito a relegarla nella marginalità che oggi per molti versi ancora ci troviamo a vivere. Riprendere la propria responsabilità di azione è alla base della conquista della libertà e dell’autonomia della donna. .
Cosa s’intende per Responsabilità? La risposta è semplice” farsi carico”, “prendersi cura” che in politica si trasforma nell’obbligo di rispondere cittadini, rendere conto proprio operato. Quindi le tre fondamentali qualità per svolgere la politica sono sicuramente la passione, senso di responsabilità, lungimiranza (ovvero calcolare le conseguenze dell’azione). La responsabilità e la cura del mondo devono rispondere del bene comune salvaguardalo e preservarlo, come prevede l’ordinamento costituzionale che si esprime a vantaggio interesse pubblico, diritti, giustizia sociale e di genere.
La responsabilità nei confronti dei generi, a tutt’oggi, appare parziale per il mantenimento di una cultura del ruolo femminile “ruolo nato e conservato come predestinazione subordinata, sottomessa”che prescinde dal riconoscimento della pluralità umana.
Elena Centemero, eletta a gennaio Presidente della Commissione Equality and Non Discrimination del Consiglio d’Europa, ha presentato una una riflessione sul raggiungimento dell’uguaglianza femminile e maschile come naturale conseguenza di un modo di vivere e pensare sociale in cui la lotta per le pari opportunità non sia più necessaria. “Stiamo lavorando” ha detto “per individuare le diverse azioni e le diverse misure messe in atto nei vari Paesi europei per l’uguaglianza di genere, in modo da realizzare direttive condivise che favoriscano la partecipazione bilanciata di donne e uomini in tutti i settori e creare politiche che arrivino ad affermare i diritti di donne e uomini all’interno di una società che rappresenti equamente entrambi. Analizzando le situazioni negli Stati membri, ci siamo accorti che l’approccio che funziona è un approccio olistico, un approccio che non metta le pari opportunità
in un recinto. Dobbiamo infatti lavorare in un ambito relazionale e integrato, ascoltando i territori, per arrivare a attuare politiche ottimali che incidono su tutte le tematiche, dai servizi alla famiglia, alle migrazioni, alla violenza di genere”.
“La non discriminazione ha a che fare con tutte le persone e tutti gli individui. Le politiche di parità e di non discriminazione sono alla base delle nostre democrazie e della nostra società ed insegnano il rispetto delle persone. Tutti noi siamo chiamati a moltiplicare gli sforzi per la libertà, la convivenza pacifica e il rispetto reciproco” ha sostenuto Elena Centemero, sottolineando quanto, l’equilibrio di genere in ogni ambito della società, la vera parità, il rispetto dei diritti e la lotta alle discriminazioni siano temi fondamentali che richiedono un lavoro costante ed un impegno trasversale, da parte non solo della politica ma anche della società civile.
E’ necessario mettere in atto una strategia equilibrata, bilanciata fra economia, istituzioni, società. In particolare è dovere istituzionale mettere in atto politiche per affermare il riconoscimento dei diritti donna-uomo. La partecipazione delle donne alla politica deve avere un approccio olistico, non individuale, intendendo che una politica di pari opportunità si deve svolgere in tutti i settori dello spazio pubblico, economia e lavoro, come fanno gli Stati Generali delle Donne. Anche le misure legislative, per essere concrete al loro svolgimento, non devono essere separate ma considerate tutte insieme per superare ostacoli e non creare ulteriori recinti.
Sulla necessità di una lettura olistica degli interventi da attuare in ottica di genere, Laura Moschini, (Università degli Studi di Roma, membro del Consiglio Scientifico del GIO), ha precisato che una democrazia per essere compiuta non può prescindere dal promuovere azioni complete per la cittadinanza femminile . Anche per quanto riguarda la legislazione è necessario trovare linee guida, mettere in atto una volontà politica verso il benessere dell’intera popolazione e non solo di una parte di essa. Solo attraverso un ingresso massiccio delle donne nelle istituzioni amministrative e politiche e nei luoghi decisionali si potrà determinare un vero cambiamento nelle politiche pubbliche rendendole più vicine ai bisogni reali e alle necessità del quotidiano non solo delle donne, ma di tutte le persone che ruotano intorno a loro.
La prima tavola rotonda della giornata, coordinata da Amelia Crucitti degli Stati Generali della Calabria, si è basata sull’idea possibile di una nuova economia, al femminile, basata sulla condivisione.
Relazione, condivisione, scambio e ricostruzione di un approccio integrato sono le caratteristiche della sharing economy, sulla quale l’On. Veronica Tentori, ha presentato in Parlamento una Proposta di Legge a sua prima firma. Semplificazione, razionalizzazione delle risorse, partecipazione dei cittadini e integrazione con il mercato tradizionale sono il modello proposto dall’On. Tentori per creare il bene comune. Veronica Tentori ha affermato quanto sia importante semplificare le norme legislative che devono essere flessibili e leggere per individuare i punti con chiarezza,trasparenza e trasmettere fiducia . Un’economia della condivisione, che non provochi rischi di distorsione delle opportunità, potrà generare valore aggiunto, più offerta, più opportunità per tutti. La stessa Tentori è prima firmataria anche di un’altra Proposta di Legge significativa per il mondo delle donne che è stata incardinata a metà novembre nei lavori parlamentari, quella sull’educazione sentimentale. Le proposte di Legge sul tema sono arrivate da più forze politiche e lo scopo è di inserire fin dalla scuola primaria un percorso comportamentale e ideativo volto alla costruzione di modelli sani di genere, di rispetto reciproco e di interazione.
La collaborazione come base più importante per fare qualcosa di concreto nello sviluppo e nell’innovazione è un concetto ripreso dall’Assessora alla Roma Semplice Flavia Marzano. Collaborare significa recuperare quanto di buono realizzato nel passato e da altri e adattarlo alle nuove esigenze e significa anche condividere risorse per rendere più accessibili servizi digitali e rendere la popolazione più efficiente e libera nelle azioni, abbattendo le differenze.
Nelle grandi città è necessario avviare politiche di innovazione, sempre più vicine ai bisogni dei cittadini di ogni età e genere per rendere più semplice, inclusiva e innovativa la città favorendo la partecipazione e la cittadinanza attiva.
Durante il dibattito ci si è soffermate a discutere del potere di cambiamento dell’economia della condivisione e della sua capacità di contaminare e contagiare i modelli di organizzazione economica più tradizionali. Le novità portate dalla digital economy infatti hanno come conseguenza un ripensamento delle forme di lavoro in cui la sharing economy si connota “come un vero e proprio ecosistema innovativo, capace di sviluppare forze (ri)generative sia tra chi vuole fare impresa, sia tra chi impresa la fa da ‘sempre’ “.
Il contributo di Daniela Carlà si è incentrato sulla possibilità di parlare di sharing economy all’interno della PA. La stessa Pubblica Amministrazione deve puntare su di essa “per ripensare la propria mobilità ma anche per pianificare e co-progettare spazi e infrastrutture, o mutare la relazione con i propri cittadini. È evidente che oggi chi vuole guardare all’innovazione e all’imprenditorialità non può che partire dai principi dell’economia di condivisione, e se questa forse non può definirsi ancora una rivoluzione certamente ci si avvicina molto”.
In questo processo di condivisione la partecipazione si dimostra fondamentale nel senso di una comune responsabilità.
Il lavoro degli Stati Generali è proiettato in un futuro in cui la persona sarà di nuovo al centro di ogni operazione di sviluppo e che non sarà più necessario farsi garanti dell’uguaglianza perché sarà spontanea.
La Road Map 2030 è un percorso, come ha introdotto Simonetta Cavalieri, Presidente della SIS (Social Innovatiorn Society), nato per mettere in moto, città per città, modelli di business istituzionali, di servizi e politiche che condividano i valori delle persone e contribuiscano a creare benessere non più calati dall’alto, ma condivisi. Si vuole partire dalla sfera personale degli individui per accelerare la crescita del Paese, il Made in Italy e l’innovazione, attraverso tavoli operativi fisici e una community virtuale dove dialogare sui progetti.
Majda El mahi, studentessa universitaria dell’Alma Mater Studiorum, ha rappresentato l’Italia al Summit di Girls20 tenutosi in a Pechino l’8-9 Agosto 2016. Il tema principale del summit era la partecipazione e l’empowerment femminile nel mondo del lavoro. In seguito ad un intenso corso di formazione su leadership, problem solving, team building ed aver incontrato personaggi di grande rilievo in ambito economico e politico a livello globale e locale il gruppo di lavoro ha scritto un comunicato per rispondere al target del reale G20 nel 2014 con l’obiettivo di creare 100 milioni di nuovi posti lavoro entro il 2025. A Pechino Majda ha portato alle colleghe la “Carta delle donne del mondo”e 22 rappresentanti di 22 nazioni hanno sottoscritto il documento.
Majda ha elaborato Y BootPlan un progetto sociale, giovane a livello nazionale. Vincitore del Social Innovation Around intende formare giovani ragazzi in tutta Italia per creare team regionali e trovare soluzioni a problematiche locali da presentare poi al Governo. Così da dimostrare che i giovani coinvolti possono contribuire attivamente alla propria società e con il fine ultimo di creare il Consiglio nazionale dei giovani.La seconda tavola rotonda si è svolta con il contributo di molte amministratrici, provenienti dai diversi territori. Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, amministratrici del territorio, imprenditrici e professioniste hanno dato un contributo corposo e fattivo al proseguimento dei lavori pomeridiani. Proprio dalle amministratrici viene la volontà di agire in modo innovativo rispetto al passato e, come ha affermato Rossella Dimaggio, assessora ai Servizi educativi/Pari opportunità di Varese, le politiche di genere devono essere integrate in un progetto più ampio in cui è necessario potenziare i servizi, rendendoli più funzionali e flessibili.Si è parlato di valorizzazione di buone pratiche e dello sviluppo rurale con Barbara Lori,consigliera comunale dell’Emilia Romagna, regione di eccellenza per le buone pratiche sulla parità di genere e le politiche di sviluppo. I piccoli Comuni hanno espresso la loro voce grazie al contributo di Enrico Vignati.Un piccolo comune del Sud ha dato immagine di grande determinazione e di progettualità attraverso il contributo di Antonella Viceconti, Presidente del consiglio comunale di Lauria. Una giovane amministratrice Paola Bellezza, di Curno, provincia di Bergamo ha espresso le speranze e la forza attraverso un accorato discorso verso il cambiamento. L’eccellenza del Trentino è stata espressa dalla voce di Antonella Chiusole in rappresentanza dell’assessora Sara Ferrari . Così scrive:”L’assessora Sara Ferrari, che non può partecipare per precedenti impegni istituzionali, mi ha chiesto di portare il suo saluto a questo importante incontro di persone e idee innovative.Mi ha chiesto anche e soprattutto di riportare, seppure sinteticamente, alcuni degli interventi a sostegno delle politiche di genere attuate nel nostro territorio, che possono essere oggetto di contaminazione positiva e relativamente ai quali, la Provincia di Trento mette a disposizione competenze, know how ed esperienze. Innanzitutto un grazie per l’invito a partecipare a questo importante momento di confronto e di positiva contaminazione.
Con doverosa sintesi, richiamo alcune proposte, già operative sul nostro territorio, su cui lavorare insieme e che possono essere agevolmente “esportate”:
VITA/ LAVORO
FAMILY AUDIT (modello presentato alla conferenza ONU sulla conciliazione vita/lavoro di New York del 2015): si tratta di una certificazione delle organizzazioni (imprese, enti pubblici, datori di lavoro) di provenienza tedesca, che la Provincia di Trento attribuisce per l’Italia. Certifica le organizzazioni che intraprendono un percorso e raggiungono obiettivi di organizzazione del lavoro che favoriscono la “conciliazione” vita lavoro. Quest’anno verranno modificate le linee guida prevedendo specificatamente una parte relativa al diversity management. Sono state finora certificate circa 130 aziende pubbliche e private in tutta Italia
VALORE DONNA: le imprese che opteranno per un’attenzione dedicata all’equilibrio di genere nella valorizzazione dei talenti e delle risorse umane, potranno ottenere un contributo aggiuntivo per le spese ed una premialità.
In tema di VIOLENZA DI GENERE
PROTOCOLLO D’INTESA PER IL CONTRASTO AL FENOMENO DELLA VIOLENZA DI
GENERE : nel 2014 è stato firmato il primo protocollo, che verrà rinnovato il prossimo 23.11.2016, tra Provincia di Trento, Commissariato del Governo, Procura della Repubblica di Trento e Rovereto e Consorzio dei Comuni Trentini per coordinare la azioni di contrasto alla violenza di genere. Nell’ambito del protocollo, tra le diverse azioni, è stata prevista e realizzata la formazione degli operatori delle forze dell’ordine, della polizia locale, dei medici di pronto soccorso, ecc. OSSERVATORIO SULLA VIOLENZA DI GENERE:ogni anno vengono presentati i dati sulla violenza di genere che sono frutto della collaborazione della Provincia con tutte le forze dell’ordine che agiscono sul territorio provinciale, Carabinieri, Polizia di Stato, Polizie Locali, Procure di Trento e Rovereto e Commissariato del Governo.
REPORT AZIONI E INTERVENTI PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA: è in fase di stampa
manuale per gli operatori con informazioni inerenti a servizi sociali territoriali, associazioni, servizi dell’Azienda Sanitaria, percorsi di inclusione lavorativa, interventi di politica del lavoro, fondo di solidarietà, ecc..
RETE DEI SERVIZI PER ACCOGLIERE, ASSISTERE E PROTEGGERE LE DONNE VITTIME
DI VIOLENZA: garantisce la presa in carico 24h su 24h e gestisce le Case rifugio ADOZIONE DEL METODO SCOTLAND PER IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA DOMESTICA
Il “metodo Scotland”di contrasto e prevenzione della violenza domestica implementato nel Regno Unito e fortemente sostenuto e promosso da Patricia Scotland negli anni in cui operò come Ministro della Giustizia, si basa su due istituzioni principali:
– la Multi-Agency Risk Assessment Conference (MARAC), tavolo che riunisce le principali agenzie pubbliche, organizzazioni, servizi operanti sul territorio, che a vario titolo possono intervenire sui casi di violenza domestica;
– la figura dell’Indipendent Domestic Violence Advisor (IDVA), una figura di consulente indipendente che ha il compito di seguire la vittima e i suoi figli in tutti i passaggi necessari per sottrarsi alla violenza domestica, garantendone la protezione e la sicurezza.
Grazie a questo piano il numero di morti dovuti a questo fenomeno è diminuito di oltre il 60%.
Nel 2015 alcune funzionarie provinciali e del Commissariato del Governo hanno partecipato ad un convegno per mettere in pratica questo modello anche in Italia. Siamo ora nella fase di avvio della sperimentazione.
INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA: dare un lavoro alle
donne vittime di violenza è una priorità. Per questo sono stati previsti due azioni specifiche, in primo luogo le donne vittime di violenza sono considerate persone svantaggiate e quindi possono essere inserite nei programmi di inserimento lavorativo in cooperative volti ad aumentare il loro livello di occupabilità ed entrare quindi nel mercato del lavoro ordinario.
In secondo luogo, possono essere assunte per essere occupate nei lavori socialmente utili, fino ad un massimo di 10 mesi, con finanziamento pubblico del costo del lavoro.
ISTITUZIONI
Un elemento significativo è costituito dalla disciplina della Consigliera di parità nel lavoro, che, in Trentino, è nominata a seguito di concorso pubblico (molto selettivo) e riceve un compenso omnicomprensivo di circa 50.000 euro: questo permette di poter contare su consigliere molto preparate che possono dedicare tempo ed energie alle propri attività, con un giusto compenso.
OCCUPAZIONE FEMMINILE
Il Documento degli interventi di politica del lavoro 2015/2018 prevede 7 azioni a sostegno dell’occupazione femminile su un totale di 31.
Sono azioni volte a sostenere l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, la loro permanenza e la loro valorizzazione.
In particolare evidenzio gli interventi a favore dell’inserimento delle giovani donne deboli sul mercato del lavoro, delle madri dopo il periodo di assenza e, soprattutto, gli interventi di riduzione del gender digital gap delle giovani donne laureate in materie non STEM.
Poi sono importanti gli interventi per favorire l’utilizzo di regimi di orario che facilitino la conciliazione vita lavoro (non solo part time).
Per quanto riguarda la valorizzazione dei talenti delle donne, ho già parlato del premio Più valore, che premia le imprese che organizzano la propria attività al fine di valorizzare il merito.
Altrettanto importante è il sostegno ai papà lavoratori che utilizzano il congedo parentale al posto della madre lavoratrice (fino a 900 euro per max 4 mesi) ed il sostegno alle lavoratrici autonome (imprenditrici e libere professioniste) che utilizzano una co-manager per farsi aiutare o sostituire durante i periodi di assenza per motivi di cura.
A questi interventi si aggiungono gli incentivi alle assunzioni, differenziati per genere, gli incentivi ai part time (anch’essi differenziati per genere ma al contrario, più alti se vengono richiesti per i padri) e soprattutto i sostegni all’imprenditoria femminile.
La maggior parte di questi interventi ha un costo contenuto e servono per facilitare un cambio di mentalità nel mondo del lavoro fortemente appiattito su un’organizzazione esclusivamente maschile. Sono quindi spesso facilmente esportabili negli altri territori.
Inoltre la Provincia di Trento da sempre si pone come laboratorio dove, anche grazie all’autonomia di governo ed al territorio di ridotte dimensioni, è possibile sperimentare con successo nuove politiche.”
Per la Toscana, Marilù Chiofalo, assessora a Pisa scrive: “L’incontro “Donne, economia e territori” è pensato per operare concretamente a fare mainstreaming e empowerment sulle questioni di genere, due concetti rivoluzionari introdotti dalla Conferenza di Pechino del 1995: rivoluzionari non solo per le differenze di genere, ma per tutte le differenze. E’ fondamentale che le politiche pubbliche si ispirino a queste due semplici e potentissime idee. Come nel 1995, anche oggi questo percorso nasce dal basso, dai e con i territori e le comunità appunto, e questo rappresenta un ulteriore elemento di valore di questo incontro. Infine ma non per ordine di importanza, l’incontro vuole mettere a fuoco in quanti e quali modi uno sguardo attento e competente le questioni di genere possano rappresentare culturalmente occasione di sviluppo economico. L’etimologia della parola parla chiaro: gestione della casa. Dall’età della pietra, con poche eccezioni in società matriarcali, ad oggi si sono compiuti pochi sostanziali passi in avanti per materializzare il contributo competente delle donne, insieme e differente da quello degli uomini, nella gestione della “casa” (e della “cosa”) pubblica, provando in tutti i modi a lasciare alle donne solo la gestione della casa. La casa familiare e quella pubblica hanno bisogno di una co-gestione operata da persone con creatività, leadership, capacità di problem-solving differente: in questo modo la gestione diventa funzionale ad una efficace e innovativa soluzione dei problemi e delle sfide sempre nuove.
Le donne possono portare il proprio sguardo differente sui problemi da risolvere, in media più attento ai dettagli e alla funzionalità dei processi; il proprio modo differente di creare soluzioni, più spesso ispirato al mettere in relazione idee apparentemente molto distanti tra loro; la propria differente modalità di leadership, più spesso agita pensando il potere fare come poter integrare insieme competenze e responsabilità diverse, piuttosto che presupposto di una struttura gerarchica.
Sono convinta che negli ultimi anni molta strada sia stata percorsa nella giusta e buona direzione di un ruolo nuovo e diverso delle donne, e altrettanto convinta che la strada da percorrere sia ancora lunga e a tratti faticosa. Percorrerla è stata, è, e sarà innanzitutto una straordinaria opportunità di
cambiamento, innovazione, e trasformazione – in modo evolutivo – delle comunità. Per accelerare il processo, occorre però un profondo lavoro culturale da operare in modo pianificato e certo a tutte le età e soprattutto con chi ha responsabilità e compiti educativi e formativi, e su questo ritengo che la Legge 107 cosiddetta della Buona Scuola abbia compiuto importanti passi avanti concettuali e pratici, per quanto da migliorare nell’attuazione. Occorre poi rafforzare i legami di comunità e costruire e/o rafforzare alleanze tra donne e tra uomini e donne, come ad esempio l’esperienza degli Stati Generali è impegnata a fare: un grande esempio di impegno civico che fa onore a chi lo anima.
Per rafforzare i legami di comunità serve competenza, responsabilità e senso delle Istituzioni da parte di chi amministra e governa: cioè di tutti/e, poiché nel nostro Paese a tutti/e è data la possibilità di impegnarsi pro-tempore a prestare il proprio tempo, energie, e competenze al servizio della collettività. Invito a rileggere il celebre discorso di Pericle agli Ateniesi su come siano fatte e cosa facciano le persone che hanno la democrazia nel cuore e nella mente, non solo sulla bocca. Purtroppo l’idea che i populismo e un po’ di altri -ismi di oggi cercano di seminare e far radicare è che ci sia uno scollegamento tra il palazzo e la strada, con il popolo buono e il governo cattivo. Un approccio alla realtà delle cose acritico ed estremamente dannoso: una pietra al collo del Paese, che lo vuole fare affondare sul fondo del mare (e affogare).
In ogni ambito, legislativo, di governo, di giustizia, di comunicazione/informazione – per citare i tre poteri includendo il quarto – ci sono persone che operano come Pericle invitava a fare e persone che operano per sè o peggio. E questo accade perché le Istituzioni e le Professioni non sono persone, ma sono fatte da persone, e quelle persone sono comuni cittadini e cittadine che si impegnano temporaneamente in quel lavoro di rappresentanza oppure svolgono quella professione. Per questo la Res Pubblica è, infatti, di tutti, e nessuno si può o si dovrebbe comodamente chiamare fuori.
Poiché oggi sono qui ad intervenire come amministratrice, vorrei mettere in luce questo punto di vista. Chi amministra oggi si misura con un preoccupante impoverimento culturale e materiale, e con un degrado culturale e di valori a partire dal rispetto tra le persone. Dovremmo operare per la valorizzazione dei talenti e ci troviamo a contrastare il discredito come forma sistematica di “relazione”, soprattutto nei confronti delle donne. Dovremmo rafforzare consapevolezza e responsabilità a partire da competenze e ci troviamo a dover contrastare il meccanismo disfunzionale dello scarico di responsabilità. Chi amministra oggi, anche chi lo fa vestendo con onore la “divisa” che la Costituzione richiede, diventa bersaglio e capro espiatorio, per un meccanismo di delega in bianco molto comodo per chi la fa ma devastante per la comunità. I processi di partecipazione sono processi sommari.
A questo si aggiunge un impoverimento di risorse umane, sia in termini quantitativi a causa dei sistematici vincoli assunzionali con i quali dal 2009 gli Enti Locali sono stati piagati dalle Leggi di stabilità che si sono susseguite, che in termini qualitativi. I problemi e sfide cambiano – come è normale e anzi funzionale che sia – ogni giorno, in presenza di normative con crescenti vincoli che devono rimediare a generali difetti di responsabilità che gli ultimi decenni hanno messo in evidenza, e che tuttavia hanno in realtà l’effetto di favorire la de responsabilizzazione. A fronte di questo, dovrebbe essere possibile una politica delle risorse umane completamente differente, che includa la formazione e aggiornamento in modo sistematico, ma anche questo negli ultimi anni è stato poco possibile per vincoli posti dalle leggi finanziarie sulla formazione. Il segno si sta finalmente invertendo, e il lavoro da fare tanto. Occorre poi rafforzare la cultura amministrativa che dovrebbe includere efficaci, efficienti, e trasparenti processi di analisi, programmazione, pianificazione e definizione di obiettivi, definizione di strumenti e risorse, azione amministrazione, controllo e ri pianificazione.
Nonostante tutto ciò, l’esperienza amministrativa, soprattutto in un Comune, è quanto di più formativo e straordinario possa succedere nella vita di una persona: un’esperienza terribile per la difficoltà che comporta e per il carico di responsabilità nell’assistere ai problemi di concittadini e concittadine, e bella per la possibilità di operare concretamente per la soluzione di quei problemi mettendo al servizio della comunità i propri valori e competenze. A volte con una battuta dico che ogni cittadino/a dovrebbe fare sei mesi-un anno di “amministrazione obbligatoria”, dopo la quale si diventa cittadini/e migliori.
Tra le molte azioni utili da promuovere per un cambiamento concreto e che vorrei condividere in questa occasione con gli Stati Generali delle Donne, una può a mio parere fare la differenza su questo tema. In effetti porterò all’attenzione dei e delle partecipanti l’esperienza che stiamo conducendo nel Comune di Pisa per la definizione di uno strumento amministrativo per la valutazione di impatto
ex-ante delle politiche di genere dell’amministrazione. Si tratta di un lavoro che stiamo realizzando con approccio scientifico in collaborazione con il gruppo del Professor Tomei del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, e pensando l’Amministrazione Comunale come un laboratorio. Lo strumento consiste in un set di indicatori qualitativi nella forma di una check list, che ogni Dirigente comunale – dall’ Urbanistica al Sociale – dovrà obbligatoriamente compilare ed allegare all’atto decisionale che ha tecnicamente preparato, che sia Dirigenziale, di Giunta, o di Consiglio, e che lo/a guiderà nel valutare l’impatto differenziato, su uomini e donne, della decisione che l’Amministrazione sta assumendo. L’adozione dello strumento sarà oggetto di una Delibera di Giunta sulla base di una prima forma stabilita con competenze specifiche del campo, organizzative, e di pari opportunità: la sua definizione sarà però completata insieme ai/lle dirigenti stessi/e nell’ambito di un processo breve e operativo di formazione sulle politiche di genere, in modo partecipato, così che
possa essere facilmente utilizzabile e non appesantisca il tanto e complesso lavoro che oggi chi ha compiti dirigenziali deve operare. Abbiamo disegnato questo che strumento con l’obiettivo di favorire innanzitutto un concreto cambiamento culturale e in secondo luogo in modo diffuso: empowerment e mainsteaming, appunto. Lo strumento potrà col tempo diventare anche quantitativo e, soprattutto, ispirandosi alla grande rivoluzione di Pechino, potrà essere applicato alla valutazione di impatto di decisioni che riguardano anche altri segmenti di popolazione e altre differenze.
I contributi delle amministratrici/amministratori sono stati raccolti anche in interviste su Il portale delle donne, di Marta Ajò
Si è parlato del lavoro svolto e dei progetti in via di realizzazione a Matera, a Potenza e in generale in Basilicata e del percorso da Expo 2015 verso Matera 2019 con il costante apporto di Ninni Fanelli, degli Stati Generali delle donne della Basilicata. E’ stato presentato un video presto visibile sul nostro canale You Tube.
Si è parlato della tenacia,della concretezza e della determinazione del lavoro delle donne in Brianza attraverso la testimonianza di Giulia Berruti di Monza che si sta prodigando in un progetto di fare rete tra le imprese per cercare di far fronte alla crisi e alle difficoltà del quotidiano soprattutto in tema di banche per l’anatocismo e di Equitalia.
La terza tavola rotonda #madeinwomanmadeinitaly, donne del vino e vocazioni territoriali a cura di Luciana d’Ambrosio Marri, sociologa del lavoro, consulente di management e autrice sono intervenute:
â— Elsa Javier, filosofa del Perù e imprenditrice del cibo a Roma. Ha testimoniato la sua esperienza di vita e professionale come filosofa che dal Perù si è trasferita in Italia, dove ha trasformato prima la sua passione del cibo in attività professionale e poi in ponte di collegamento tra culture differenti, quella delle Ande e quella del Mediterraneo. Ciò ha
reso evidente il valore della capacità di trasformazione e resilienza che le donne riescono a mettere in atto di fronte a grandi difficoltà.
â— Rosaria Nelli, imprenditrice, figura rappresentativa degli Stati Generali Donne Abruzzo e Presidente della Hub, è stata impegnata per anni su progetti culturali e innovativi per la valorizzazione del territorio e delle donne: il suo contributo ha evidenziato il valore del costruire relazioni professionali e ad ampio spettro per cogliere la diversità presente sul territorio e del contributo che questo può dare all’inserimento professionale nel mondo del lavoro di figure anche svantaggiate. Una capacità di saper coniugare tradizione e innovazione, creando valore aggiunto e benessere sociale.
â— Silvana Neri, imprenditrice artigiana, rappresentante degli Stati Generali Donne Piemonte, ha portato la visione e l’esperienza che le derivano da vari incarichi all’interno del mondo associativo delle imprese artigiane e dell’imprenditoria femminile. In particolare, si è soffermata sulla necessità per le donne di esprimere una leadership concreta e centrata sul concetto di responsabilità da una parte e di condivisione dall’altra. La sua stessa esperienza è certamente espressione di questi due tratti con cui ha caratterizzato le sue azioni.
â— Carmen Russo, fondatrice a Catania di FabLab con il progetto W.O.W (Women on Work) si muove sul terreno che riguarda la formazione delle donne sul versante della tecnologia e del business. In questa prospettiva ha sottolineato il valore sia del dialogo
generazionale e sia dell’ottica inclusiva con cui gestire la valorizzazione delle presenze di entrambi i generi nella gestione delle competenze.Ideatrice del logo del Patto per le Donne.
â— Stefania Pepe, imprenditrice del vino che ha evidenziato le difficoltà del fare agricoltura sostenibile, con metodo biodinamico e ha illustrato un possibile progetto per sostenere le donne imprenditrici delle aree terremotate.
â— Barbara De Amicis, Web Content Editor, giornalista di Rai Economia, ha testimoniato con dati di scenario e interviste da lei condotte quanto emerge dall’indagine che coinvolge donne protagoniste di varie attività lavorative che rappresentano esempi concreti e
possibili di realtà lavorative, successi raggiunti e difficoltà incontrate.
Il Madeinitaly è un terreno sul quale le donne entrano a tutto campo con passione, capacità di visione e di valorizzazione di dettagli, trasformando in valore di eccellenza risorse dei territori altrimenti trascurate.
Per consolidare queste capacità e trasformarle in competenze e motori ancora più efficaci di sviluppo economico e di benessere sociale, c’è bisogno di investire ancora di più sulla formazione delle donne e di elaborare e diffondere iniziative a tappeto nei territori su questo fronte.
Formazione su: a) conoscenze specifiche legate alle caratteristiche di ciò che può esprimere il territorio, b) competenze necessarie per l’accesso al credito, c) competenze trasversali che rinforzino l’autorevolezza e la leadership personale con cui gestire in modo imprenditivo progetti, imprese, persone.
Tutte le interviste sono visibili su Rai Economia a cura di Barbara De Amicis.
Maria Chiorazzo ha portato all’ attenzione degli Stati Generali le donne imprenditrici di Amatrice e del dramma vissuto con il terremoto attraverso le loro vive testimonianze.
Si è deciso di dare sostegno alla loro attività con i ricavi del prossimo libro degli Stati Generali delle donne e attraverso l’acquisto diretto dei prodotti in giacenza nei magazzini delle imprese agricole e della trasformazione. Le Regioni presenti, in particolare il Trentino, l’Emilia Romagna e la Valle d’Aosta hanno dato la disponibilità a studiare forme possibili per avvicinare le produttrici ai mercati contadini presenti nelle loro regioni, attraverso il supporto della rete di Terra Madre di Slow Food. Ecco quanto Slow Food nazionale scrive:”È doveroso prima di ogni cosa ringraziare gli Stati Generali delle Donne per l’invito rivolto a Slow Food Italia per questa iniziativa. Purtroppo non possiamo essere qui con voi perché la data odierna coincide con il nostro Consiglio Nazionale.
Crediamo che il lavoro che stanno realizzando gli Stati Generali delle donne possa apportare un contributo fondamentale a livello nazionale come a livello internazionale.
Con questo messaggio vogliamo non solo salutare le partecipanti, ma anche sottolineare la necessità di riconoscere quanto le donne siano importanti per una nuova visione dello sviluppo economico e della società. Queste tematiche trovano concretezza nell’attività che la nostra Associazione svolge quotidianamente nelle numerose Condotte Slow Food del paese, così come attraverso le campagne e le iniziative di Terra Madre, la nostra rete internazionale di contadini, allevatori, pescatori e artigiani del cibo.
Con gli Stati Generali delle Comunità dell’Appennino abbiamo avuto modo di verificare quanto le figure femminili assumano un ruolo imprescindibile nelle comunità delle aree montane, garantendo la tutela della biodiversità, presidiando il territorio, curando le reti sociali.
La nostra esperienza ci insegna, pertanto, che nelle realtà in cui le donne affermano il proprio ruolo – siano esse realtà produttive, distributive o sociali – prevale una visione del lavoro orizzontale e condivisa perché sono in grado di disegnare strutture inclusive, comunitarie.
Confermiamo, dunque, la nostra vicinanza al lavoro degli Stati Generali delle Donne, considerando questo un “laboratorio” essenziale per garantire in questo paese pari dignità e pari opportunità a tutti e a tutte.”
Il tema del welfare aziendale è stato presentato da Fabiana Palù, Venezia.
Il tema del #lavorobenfatto” proposto in un Manifesto a cura di Vincenzo Moretti, sociologo, ha permesso agli Stati Generali delle donne di trovare una via di collaborazione attraverso la partecipazione alla “ Notte del lavoro narrato” che si svolgerà a fine aprile 2017, in tutta Italia, anche con il nostro contributo.
Vincenzo Moretti scrive: “La mia attività di lavoro e di ricerca nasce sul lavoro ben fatto nasce circa quindici anni fa come risposta alla necessità di rimettere al centro del discorso pubblico il lavoro e il suo valore. Qualunque lavoro, perché il punto di partenza sta proprio nella consapevolezza che qualunque lavoro ha senso, vale, se lo fai bene. Da qui ho preso le mosse per raccontare l’Italia che dà valore al lavoro. Che innova e compete. Che cerca senso e futuro. Che mette testa, mani e cuore nelle cose che fa. L’Italia dell’intelligenza collettiva, della bellezza che diventa ricchezza, della cultura che diventa sviluppo, della storia che diventa futuro. Si, racconto l’Italia che fa bene le cose perché è così che si fa. L’Italia che riconnette lavoro e autonomia. L’Italia che ha visione. L’Italia che non si arrende. L’Italia che «ciò che va quasi bene non va bene». L’Italia di Nuto che ne «La luna e i falò» di Cesare Pavese dice ad Anguilla che «l’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa, ma da come lo fa». L’Italia di mio padre che mi ha insegnato la differenza tra il lavoro «preso di faccia», quello fatto con amore, dedizione, competenza, e il lavoro «a meglio a meglio», quello che invece no. L’Italia di tutte le persone normali che ogni giorno si alzano e fanno bene quello che devono fare. Questa Italia c’è, esiste, è fatta di tante donne e uomini, bisogna però raccontarla di più, farla diventare culturalmente egemone, a partire dal rispetto del lavoro e di chi lavora. Questa Italia che c’è e che è tanta ha delle sue proprie leggi che bisogna rispettare. Le abbiamo mutuate da quelle ben più celebri di Asimov sulla robotica e sono le seguenti:
Legge numero zero
Il lavoro ben fatto non può fare a meno dell’amore per quello che si fa e del piacere di farlo. Legge numero uno
Il lavoro ben fatto non può fare a meno dei diritti, della dignità, della soddisfazione, del rispetto e del riconoscimento sociale di chi lavora, indipendentemente dal lavoro che fa.
Legge numero due
Il lavoro ben fatto non può fare a meno dell’etica, della cultura, dell’approccio, del modo di essere e di fare fondati sulla necessità di fare bene le cose a prescindere, in qualunque contesto, pubblico e privato, perché se lo fai bene qualunque lavoro ha senso, purché questo non contravvenga alla prima legge.
Legge numero tre
Il lavoro ben fatto non può fare a meno dei doveri di chi lavora, del suo impegno a mettere in campo
in ogni momento tutto quello che sa e che sa fare per fare bene il proprio lavoro, come persona e come componente delle strutture (associazioni, gruppi, comunità, società, ecc.) delle quali fa parte, con spirito collaborativo, indipendentemente dal lavoro che fa, purché questo non contravvenga alla prima e alla seconda legge.
L’Italia del lavoro ben fatto si incontra e si racconta ogni anno ne La Notte del lavoro narrato. La Notte del Lavoro Narrato è l’incontro di donne e uomini diversi per età, interessi, convincimenti e però accomunati da questa voglia di fare bene le cose, di trovare nel lavoro il senso di una vita più ricca e dunque più degna di essere vissuta, di contribuire tutti assieme, portando ciascuno il proprio mattoncino, al rinascimento dell’Italia.
Il 28 Aprile 2017, a partire dalle 20.30, in tutti i luoghi che aderiscono all’iniziativa, ci incontreremo per leggere, narrare, cantare, dipingere, rappresentare, condividere storie di lavoro.
Quest’anno siamo particolarmente felici della partecipazione degli Stati Generali delle Donne. In conclusione mi piace ricordare che Il lavoro ben fatto non è soltanto un modo etico, cooperativo, sociale di pensare e di fare le cose, ma è prima di tutto un modo razionale, utile, conveniente di pensare e di fare le cose. Proprio così: fare bene le cose non è solo bello, anche se è bello assai, non è solo giusto, anche se è giusto assai, ma conviene. È il modo migliore per non sprecare risorse e dare un senso a quello che facciamo, vale se costruiamo un ponte, che se è fatto male crolla, e vale se cuciniamo la pasta e patate, che se non è buona abbiamo di fatto buttato l’acqua, la pasta, l’olio, le spezie, il gas che serve per cucinare, l’acqua e il sapone che serve per lavare le cose, soprattutto il tempo necessario a fare tutte queste cose. Lavoro ben fatto e bellezza. E l’Italia va”.
L’ultima tavola rotonda della giornata , sulle libere professioni,coordinata da Francesca Moraci, del Cda Anas, docente Università degli Studi Mediterranea Reggio Calabria con la partecipazione di Sabrina Fattori Roma, Antonella Anselmo,Roma,Amelia Scotti, Napoli, Stefania Benni, Torino, Stefania Notarpietro, Aosta ha evidenziato la necessità di lavorare sulla presenza femminile nei Cda e ha reso evidente il gap sempre più rilevante tra i redditi professionali di uomini e donne oltre alle difficoltà ancora esistenti per l’ottenimento di cariche e di incarichi all’interno degli Ordini Professionali.
L’intervento conclusivo di Federica De Pasquale di Confassociazioni ha messo sul tavolo una serie
di criticità del “Job Act lavoro autonomo “ e le difficoltà legate alla reale concretizzazione dello smart work. Occorrerà procedere con interrogazioni parlamentari per cercare di rendere la normativa aderente alla reale situazione vissuta dalle professioniste e dalle imprenditrici, anche in tema di congedi parentali, di welfare aziendale, di condivisione dei tempi di cura.
Si è parlato di felicità con la presentazione del libro di Roberta Bortolucci “Imparare la felicità”, di religioni con il gruppo di “Donne in dialogo” Religioni per la Pace, coordinato da Franca Coen, di progetti in itinere.
Tra i progetti in itinere Roberta Donati e Monica Borsa della provincia di Varese hanno evidenziato:” L’ Italia sta mettendo in pratica la convenzione di Istanbul anche l’applicazione è alquanto problematica e lenta. Ancora oggi se una donna subisce violenze economiche e psicologiche anche se si rivolge ai centri anti violenza al massimo può anelare ad una denuncia che quasi certamente verrà’ dal Tribunale archiviata.
La violenza psicologica ed economica oltre che far soffrire una donna e annullarla come essere non le dà la forza di ribellarsi e spesso non e’ nemmeno denunciata ai familiari e ai centri anti violenza.
Il sommerso ha una percentuale altissima, poche donne denunciano la violenza psicologica e questa in genere non viene riconosciuta a causa dell’ impreparazione degli operatori della giustizia.
Nel caso della violenza fisica, esiste nelle grandi città un “codice rosa” dove si può usufruire di personale qualificato ed essere assistite nello sporgere denuncia ed essere presa in carico dagli psicologi, oppure rivolgersi ad un centro anti violenza.
I centri anti violenza aiutano le donne, le prendono in carico, mettono a disposizione un avvocato per la denuncia, uno psicologo per permettere alle donne di poter usufruire di un piano per l’uscita dalla violenza. Il problema si presenta subito dopo la fase dell’emergenza. Occorrono strutture adeguate in grado di attivare percorsi per le donne vittime di violenza per la ricerca attiva del lavoro.
Facendo una ricerca sulle concrete possibilità di attivare una agevolazione per il reinserimento delle donne vittime di violenza mi sono imbattuta nella legge 381 del 1991 sulle categorie protette . La legge prevede la possibilità di avviare nel sociale delle cooperative sociali con sgravi fiscali adeguati per poter inserire i lavoratori/le lavoratrici di categorie protette. Nell’elenco dei beneficiari ci sono anche i detenuti ma non ci sono le vittime di violenza. Abbiamo di fronte a noi un paradosso legislativo che vorremmo si potesse sanare nel breve periodo”.
L’apporto di Marina Borghetti dell’associazione “Un pane per tutti” di Brescia si è focalizzato sul non spreco,ecco l’intervento che ci ha inviato:”A volte un piccolo gesto genera un cambiamento. Vedere al supermercato gettare via un melone sanissimo perché caduto in terra e cassette di pesce rovesciate nel bidone alla sera ancora mezze piene…ecco questo è bastato per far scattare l’idea: posso fare qualcosa? Da lì è iniziata una ricerca sui quantitativi, sul dove, sul perché, sulle leggi, sul chi in quel momento operava per il recupero degli alimenti (pochissimi). Quindi sei anni fa è nata l’Associazione Un pane per tutti.Via via il lavoro è cresciuto con il solito iter: buoni contatti e porte chiuse, ostacoli e via libera, complimenti e critiche. Ma ancora tanta incredulità (allora c’era ancora molto silenzio sull’argomento) quando nelle conferenze parlavo di questo fenomeno ed illustravo le ricadute sociali, etiche ed ambientali.Ci stiamo avvicinando sempre più al punto di non ritorno per i problemi ambientali che abbiamo generato nell’ultimo secolo, la popolazione mondiale continua ad aumentare e per la prima volta nella storia della Terra la domanda di cibo e acqua cresce in modo esponenziale. Da più parti (da chi sostiene il consumismo selvaggio) si sta affermando l’idea che dobbiamo aumentare la produzione mondiale del 60%.
Eppure siamo 7 miliardi e 400 milioni di persone, un miliardo non mangia ma produciamo cibo per 12 miliardi (dato Fao). Uno spreco colossale. Le donne dotate di coscienza globale e lungimiranza sono tante nel mondo e spesso anticipano i cambiamenti. Le troviamo impegnate contro un’agricoltura “brevettata” (nell’agricoltura al femminile c’è minor uso di pesticidi) o contro il land grabbing (l’accaparramento delle terre), lottano per il diritto all’acqua o contro l’inquinamento, contro lo spreco alimentare e per un’equa ridistribuzione. Donne che dirigono progetti di sviluppo e diritto al cibo, progetti di innovazione alimentare o nelle missioni dove in silenzio affrontano guerre e povertà.
Donne che si spendono in difesa degli animali, dei profughi, degli alberi. Donne che aiutano e coinvolgono, che insegnano cosa mangiare, per una nutrizione consapevole, per una cucina etica, quella cucina che riconosce il dolore e la sofferenza di esseri senzienti.
E’ socialmente ed eticamente inaccettabile gettare cibo prezioso, dobbiamo tornare alla sacralità del cibo. Le dispense sociali e la ridistribuzione del cibo deve essere un contributo importante per affrontare l’emergenza povertà e fragilità economica che avanza a grandi passi. Chi opera nel sociale sa bene quanto negli ultimi anni siano aumentate le persone che chiedono. Oggi c’è una percezione generale che ormai il ritiro delle eccedenze alimentari sia consolidato e che lo spreco alimentare sia ridotto, sia per le informazioni su mense e supermercati, sia per la legge Gadda varata recentemente. Purtroppo la realtà è ben diversa. I quantitativi gettati sono ancora troppo elevati e le donazioni delle eccedenze scarseggiano. La realtà è a macchia di leopardo e le stime sui recuperi sono ancora molto basse. Le soluzioni ci sono, ma ci vuole maggior impegno nell’applicarle. Un esempio: tutti i prodotti alimentari anche quelli non idonei alla vendita perché non rispondenti ai modelli di perfezione che richiede il mercato, devono subire la classificazione prima, seconda e terza scelta, nei segmenti della distribuzione, riducendo i flussi di scarto e favorendo chi ha difficoltà economiche. La filiera agroalimentare ( agricoltura, industria alimentare, ristorazione e distribuzione) fornisce ad ogni passaggio, quantitativi importanti, a volte elevatissimi, di scarto. Eppure il cibo sappiamo bene quanto costa in termini di energia, lavoro, suolo, acqua e vite animali. A carico del Pianeta c’è anche l’aspetto degli allevamenti intensivi che sono altamente inquinanti (a cui abbiamo aggiunto negli ultimi anni il successo dell’idrocultura con i pesci) con elevate emissioni di metano, protossido di azoto, scarti di macellazione, tonnellate di sangue ed acque reflue, oltre al consumo, per alimentarli, del 70% della produzione mondiale di cereali. Cereali che potrebbero servire a sfamare le popolazioni dei Paesi del Sud del mondo.
Inoltre il 98% del cibo viene venduto confezionato e questa montagna di packaging finisce tra i rifiuti inquinando sempre più. Quali sono le soluzioni? Ci sono e sono di vario tipo, l’Associazione Un pane per tutti ne ha fatto un elenco. Tutte e tutti possiamo fare qualcosa, ma non possiamo rimanere indifferenti. Dobbiamo mantenere la biodiversità, perché al punto in cui siamo è l’unica strada che abbiamo per mantenere sul pianeta le ricchezze vitali per le prossime generazioni.
Nessuno ci ha dato il diritto di distruggere. A volte un piccolo gesto genera un cambiamento. Pensiamoci.“E’ tempo di radunare le donne per salvare il mondo” dice Jean Shinoda Bolen”. Dalla Basilicata Valeria Singetta ha relazionato sulla sostenibilità e il ruolo delle donne nel mercato del lavoro. “Faludi, ci ha ricordato che il carattere distintivo delle programmazione nell’ambito della sostenibilità è il suo riferirsi a grappoli di decisioni interrelate, in altre parole il problema cui la pianificazione si rivolge è il coordinamento piuttosto che la risoluzione di singoli
problemi. Tale definizione ci conduce ad individuare delle modalità adeguate di coordinamento delle azioni sociali, in riferimento agli obiettivi assunti; in termini di benessere, di sostegno alle fasce deboli, di riconoscere la natura generale e ad ampio respiro delle decisioni di programmazione per poter ampliare le possibilità di scelta e le opportunità per tutti i cittadini facilitando il coordinamento durante il processo di programmazione, in modo tale da garantire un servizio diligente e accurato. Dunque proprio la programmazione ha immaginato che la società avesse un centro, che esistesse un’autorità gerarchicamente sovraordinata capace di assumere decisioni rilevanti e di grande respiro e di implementare le decisioni stesse attraverso il concetto della sostenibilità che negli anni settanta, ha assunto una notevole importanza proprio nelle problematiche dei limiti ambientali e dell’emergenza ecologica, spingendo il sociale a riproporre una soluzione e un ripensamento sulle problematiche inerenti i valori etici su cui si dovrebbero fondare le nostre comunità e le donne che accedono al mercato del lavoro.
La problematicità che esso presenta, e allo stesso tempo, il crescere di soggettività e autonomie sociali, ripropone una risorsa rilevante che deve essere il volano l’autonomia e l’emancipazione delle donne , le quali devono favorire una partecipazione consapevole non solo ai processi di sostenibilità , ma anche alle decisioni di programmazione che incidono sul loro benessere. Occorre quindi, realizzare la creazione di forum che implichino la partecipazione accompagnato dal coordinamento sostenibile delle autonomie sociali.”
Milena Barbieri Oppizzio,economista ,p.president ANDE di Milano scrive:”(…) sottoponiamo alla attenzione del Governo l’impegno delle donne per i vari aspetti politico-economici, sociali e sanitari dell’attuale emergenza umanitaria: bambini e bambine sole, giovani donne che arrivano dai vari Paesi nei nostri territori: povere vittime di guerre e sfruttatori. Noi, donne impegnate sul territorio, con le nostre competenze professionali, siamo ancor più sensibili e sopraffatte da tanto dolore ed in grado di agire concretamente. Ed è proprio il 20 novembre che si celebra la giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, sancita dalle Nazioni Unite nel 1989.
La Convenzione indica i principali strumenti per i trattati internazionali.
L’evolversi della storia, con eventi drammatici ed impensabili nell’89, ci induce a ritenere che vi debba essere un ripensamento più concreto ed incisivo della Convenzione.
Chi meglio di noi può chiedere di consentirci un’audizione alle Nazioni Unite per presentare un documento che sottoponga la grave situazione di inadempienza dei vari Paesi, nonché le iniziative che si debbono intraprendere .
La nostra attuale esperienza ci consente di esprimere ed anche proporre attuazioni e direttive nell’ambito di “Human protection” e “Human rights defenders””.
Avvicinarsi, confrontarsi, fare rete è la strada per superare le differenze e la chiusura che bloccano il progresso sia culturale sia socio-economico e che sfociano nella violenza di genere.
Emanuele Bonato, Dirigente Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Potenza scrive.”Il rispetto delle regole, il rispetto del prossimo, il rispetto delle diverse idee e opinioni, l’amicizia, la diversità, l’integrazione, ma anche il bullismo (pure nella sua forma “cyber”), la devianza, la dipendenza, lo stalking, l’educazione stradale, la pedopornografia, la prostituzione minorile. Da anni la Polizia di Stato è particolarmente attiva nelle scuole di ogni ordine e grado, su tutto il territorio nazionale, per promuovere e diffondere il seme della legalità e contribuire, così facendo, alla formazione di una vera e propria “cultura della legalità” affiancata alla cultura del sapere.
In piena sintonia d’intenti con gli Uffici Scolastici Regionali vengono avviate iniziative sui temi di maggior interesse, individuati dai singoli Dirigenti scolastici, con il coinvolgimento anche di psicologi dell’età evolutiva, dei Garanti Regionali per i Minori, degli esperti delle investigazioni informatiche.
Gli incontri non avvengono solo coi bambini, ragazzi e adolescenti, ma anche coi genitori, gli insegnanti e il personale non docente; l’obiettivo è quello di parlare “con una sola voce”, evitare dissonanze sul concetto di “legalità” per addivenire a una piena e totale condivisione del “precetto”, relegando a una seconda analisi il rischio della “sanzione”.
Ma come e perché trattare l’argomento nelle scuole? Ovviamente il taglio viene modulato a seconda che si tratti di bambini delle Scuole Elementari, di ragazzi delle Scuole Medie o di adolescenti delle Scuole Superiori.
Si andrà quindi dal “Rispetto del prossimo”, al “Rispetto delle diverse idee e opinioni”, alla “Violenza di genere”.
Con i genitori , gli insegnanti e il personale non docente l’approccio al problema è unico, dovranno essere poi loro a trasmettere il messaggio ai propri figli con le parole, con i comportamenti ma, soprattutto, con il loro “essere”.
Perché i ragazzi ripetono ciò che vedono e sentono; in famiglia, a scuola e negli altri contesti di aggregazione.
Negli incontri emerge spesso una difficoltà di relazione, orizzontale e verticale, tra i due sessi e tra appartenenti allo stesso sesso.
Le nuove tecnologie, se da un lato hanno avvicinato persone distanti tra loro anche migliaia di kilometri, dall’altro hanno allontanato persone, ragazzi soprattutto, magari abitanti nello stesso stabile.
Un tempo un pallone aggregava ragazzi e ragazze, ora uno smartphone li allontana, se non addirittura è uno strumento di “violenza”.
Ma l’istinto alla violenza è insito nei giovani (è, diciamo così, nel loro DNA) o si struttura nel tempo? E cosa si può fare per disinnescarlo?
La scienza è ormai concorde nel ritenere che la violenza esercitata ha origine da una violenza subita. Se è vero che non è automatico che un bambino maltrattato e/o abusato diventi un adulto maltrattante e/o abusante, è invece pressoché “normale” che nel vissuto di un adulto maltrattante e/o abusante vi sia almeno uno, se non più episodi di traumi subiti nei primi anni di vita. Anche semplici traumi da “distacco” dalle figure adulte di riferimento che hanno compromesso la sua crescita emotiva e relazionale.
La “violenza” subita non necessariamente è una violenza fisica, il danno è stato compiuto se il bambino l’ha vissuta come tale, se quindi non è stato in grado di sviluppare meccanismi di difesa (vuoi soprattutto per l’età) che gli abbiano consentito da un lato di essere “resiliente” e dall’altro di elaborare il trauma, confinandolo in uno dei tanti accadimenti nefasti della vita.
Come “disinnescare”, o quantomeno tentare di farlo, possibili adulti maltrattanti? Intervenendo sin dall’età preadolescenziale con mirate campagne di informazione che stimolino le capacità cognitive per aiutare a far prendere coscienza di eventuali, latenti, stati potenzialmente esplosivi da un lato, e dall’altro educando i bambini, ragazzi e giovani all’affettività, all’importanza del sano rapporto col prossimo (di entrambi i sessi), del valore dell’amicizia, della diversità e dell’integrazione.
Non bisogna farsi spaventare dall’erto cammino che ci attende, né dal tempo necessario per percorrerlo. Per noi appartenenti alle Forze dell’Ordine è il nostro “Pellegrinaggio per Compostela”; quando usciamo dalle classi, dagli incontri con gli studenti, i genitori e gli insegnanti e leggiamo sui loro volti che il seme che abbiamo lanciato è caduto su un terreno fertile, abbiamo la consapevolezza che parte della nostra missione, la prevenzione, è compiuta”.
Gli Stati Generali delle Donne contribuiscono attivamente alla battaglia contro la violenza di genere sostenendo nei Comuni italiani il progetto “Panchina Rossa” che, con la posa di una panchina colorata di rosso, si rivolge alle istituzioni, alle associazioni, alle scuole e alle imprese per una campagna di sensibilizzazione contro il femminicidio e la violenza sulle donne.
Non poteva certo mancare un’attenzione marcata per arrivare ad una politica attiva e non solo di denuncia contro la violenza alle donne; per le quali gli Stati Generali porranno una Panchina rossa su tutto il territorio nazionale in memoria di quelle donne che sono state vittime di femminicidio. Perché,come ha detto Tina Magenta, nel descrivere le modalità e le finalità del progetto “La panchina rossa deve disturbare, ricordare che esistono gli orfani di madri uccise, e’ una linea di sangue, un
fiume in piena che deve far pensare a chi si sente protetto tra le sue quattro mura, che c’è chi si occupa anche di quello che fa lui”.
Tina Magenta, ambassador del progetto scrive:”Un esempio di condivisione di intenti tra istituzioni e società civile portato da quel mondo “femminile” troppo spesso accantonato. L’eccellenza di un progetto unico raggiunto con l’unione di più idee sorrette dalla volontà di far progredire la società del futuro. Pensare il futuro al femminile, vuol dire che ognuno che sia maschio, femmina, giovane o vecchio ha una collocazione importante nel progetto, perché il ruolo di madre, che per natura la “femmina” ha di ognuno, sa vedere nella società una grande famiglia e le sue necessità. per questo è necessario una presa di coscienza forte perché finalmente si richieda da parte del mondo femminile la giusta attenzione , la pretesa di non essere discriminata, l’aiuto nel sociale. Stiamo discutendo condividendo, progettando, attività che tante donne non hanno potuto e non potranno mai più fare, perché tolte violentemente dalla società, dalle loro famiglie, dai loro figli, e proprio da chi diceva di amarle. Forse più diritti, più tutela, più parità e pertanto più sicurezza e più indipendenza avrebbe dato loro il coraggio e la forza di difendersi e di salvarsi.”
Durante tutta la durata degli Stati Generali delle donne, energia e speranza hanno permeato la discussione. Instancabili, le partecipanti si sono alternate con interventi di grande spessore, di testimonianze toccanti visibili sul nostro canale You Tube
Marta Ajò, Barbara De Amicis, Davide. G. Zardo e lo staff di Donna in Affari
oltre a numerose altre testate giornalistiche, hanno seguito i lavori della giornata.
I lavori si sono conclusi con i ringraziamenti e i saluti di Isa Maggi, coordinatrice degli Stati Generali delle Donne, che ha dichiarato:” Abbiamo alzato la qualità. Adesso con determinazione diventeremo, con i territori e con il supporto del Comitato scientifico, un laboratorio di sperimentazione per l’Europa che verrà. Completiamo con i contributi di oggi il Patto per le donne e speriamo nella lungimiranza del nostro Governo. L’appuntamento della plenaria degli Stati Generali delle donne è il 25 marzo 2017 a Roma per i 60 anni dell’Europa”.
Sintesi a cura di Isa Maggi
Altri contributi della giornata potranno essere inviati a isa.maggi.statigeneralidonne@gmail.com