di Maria Giovanna Farina
L'invidia è quel sentimento di odio, diverso dalla gelosia, nei confronti della fortuna altrui. In psicoanalisi il concetto di invidia fu introdotta da Freud nel 1908 con “l'invidia del pene”, quel sentimento ritenuto tipicamente femminile nato quando nell'infanzia la bambina scopre di non possedere un pene. Questa posizione troppo di “parte” e decisamente maschilista viene rivista nel 1957 da Melanie Klein precisando che è avvertita nella più tenera infanzia quando il bam
bino prova sentimenti simili all'invidia nei confronti del seno materno nel momento dell'allattamento. Invidia per quel seno che dà il latte solo quando vuole la madre. Ecco che l'invidia colpisce, giustamente, equamente entrambi i sessi. Una crescita equilibrata impedisce che questo desiderio distruttivo diventi predominante nel carattere.
Quando ci troviamo ad avere a che fare con l'invidia, non quella lieve e sana invidia che ci sprona a fare meglio, ma quella cattiva che è proprio malevolenza, allora diventa difficile convivere sia per chi la subisce sia per chi la prova. L'invidioso è una persona che fin dall’infanzia non ha raggiunto i propri scopi, non ha soddisfatto i propri desideri ed ha vissuto molto negativamente le mancanze che ne sono derivate: non è difficile ritrovare tracce di invidia già tra i bambini quando prendono di mira un compagno o una compagna di scuola che possiede quel qualcosa in più (bellezza, bravura, simpatia) rispetto ad altri.
L'invidioso vive una vita di sofferenza perché continua a desiderare ciò che non possiede. Come possiamo difenderci dagli attacchi dell'invidioso?
1- La cosa più semplice è quella di non mettere a conoscenza gli altri delle nostre fortune, mantenersi nel semi anonimato è uno strumento efficace
2- Se l'invidioso ci attacca fortemente allora dobbiamo farlo sentire in colpa e non c'è modo migliore se non quello di mostrarci feriti. Crede di aver vinto e questo lo fa allontanare da noi alla ricerca di altri da invidiare