Manifesto di Cernobbio: oggi parlare di donne conviene

da | Set 8, 2021 | L'opinione

di Isa Maggi*

 

La pandemia ha dimostrato che il tempo che stiamo vivendo è un sistema complesso e interrelato e che le semplificazioni, le letture superficiali, gli slogan e le convinzioni vissute come assolute producono disfunzioni e disastri. A maggior ragione questo è vero quando i non addetti ai lavori, e soprattutto chi non ha dentro di sé quelli che abbiamo imparato a chiamare “ i fondamentali del femminismo”, incomincia a parlare di noi donne.

Lo fanno le donne stesse che non si sono mai occupate di donne e lo fanno per business ( affiancare le idee di parità al proprio business model si è rivelato strategia vincente) o per elevato spirito caritatevole magari rivestendo un ruolo all’interno di un qualche cda in aziende, private e pubbliche, che di parità e sostenibilità non ne fiutano neanche l’aria.
Lo fanno gli uomini. Gli uomini della politica, gli uomini delle imprese, gli uomini della finanza.
Lo hanno fatto a Cernobbio nei giorni scorsi, presentando un manifesto a dir poco disdicevole nella sua rozza semplificazione.
Il discorso introduttivo all’annuale evento di Cernobbio,al The European House – Ambrosetti, è cosi titolato:”Usare solo la metà dell’energia e del talento delle persone non è una buona idea: women empowerment”. E’ a nome di Valerio De Molli, Managing Partner e amministratore delegato di The European House – Ambrosetti.

Di qui l’esigenza, oggi ancora più forte e necessaria, di creare un luogo di riflessione dove si possa ragionare liberamente sulla complessità del mondo femminile, nel tentativo di comprenderla senza semplificarla. Al di là di qualsiasi steccato disciplinare o barriera ideologica, come siamo abituate a fare, senza cedere a semplificazioni.
Diamo ad esempio un’occhiata al report pubblicato in questi giorni da Save the Children, dove emerge che la possibilità di frequentare la scuola rimane una prerogativa maschile: “se sono 3 milioni i bambini e ragazzi che nei prossimi anni non riusciranno mai ad accedervi, il numero delle coetanee arriva a triplicarsi. E a causa della pandemia le cose rischiano anche di peggiorare. Si stima che “tra i 10 e i 16 milioni di bambini rischiano di non tornare mai più a scuola perché costretti a lavorare o a contrarre matrimoni precoci”.
Le bambine che nei prossimi anni dovrebbero frequentare la scuola primaria ma che probabilmente non vi accederanno mai sono 9 milioni. Un numero tre volte superiore rispetto a quello dei coetanei maschi.
La prolungata chiusura degli istituti e le difficoltà nell'accedere alla rete Internet per seguire le lezioni a distanza potrebbe far crescere nei prossimi anni i tassi di analfabetismo e l'abbandono scolastico. Le persone analfabete nel mondo sono quasi 800 milioni, due terzi di queste sono donne. I paesi più penalizzati sono quelli dell'Asia meridionale e dell'Africa subsahariana.

La principale causa di esclusione di bambine e ragazze dal contesto scolastico è la discriminazione di genere. Nei paesi più poveri le difficoltà per accedere all'istruzione interessano in maniera indiscriminata maschi e femmine, ma se una famiglia ha la possibilità di investire sul futuro dei propri figli la scelta ricadrà sempre sui maschi. Ed è per noi evidente che impedire a una ragazza di frequentare la scuola è la negazione di un diritto fondamentale della persona.
E un recentissimo studio Unicef segnala anche il pericolo di un aumento esponenziale a causa del Covid dei matrimoni forzati tra ragazze minorenni e uomini adulti.

In sintesi:
– consentire alle bambine di avviare un percorso di studi che gli permetta di inserirsi in futuro nel mondo del lavoro porterebbe a un aumento della produttività, del reddito delle famiglie e, di conseguenze, alla crescita economica di un paese;
– le donne istruite sono più attente e informate riguardo alla propria salute e a quella dei propri figli/e;
– nei paesi dove alle ragazze è consentito studiare si è verificata una diminuzione significativa di violenze, sfruttamento, gravidanze precoci o indesiderate e di malattie come l'infezione da HIV.

Di questo non si è parlato a Cernobbio, naturalmente. Non si è entrato nel merito delle storie e delle criticità.
Il Manifesto che ne è uscito è una “pinkwashing action”e il “prendere il toro per le corna” come si legge nel documento è probabilmente un altro tentativo di aggiungere all’elenco delle cose da fare in Italia e nei paesi del G20 anche il think tank di Cernobbio, perché oggi, parlare di donne conviene.

E la frase del documento introduttivo di Cernobbio: “per indirizzare le politiche dei governi verso una maggiore inclusione femminile nell’economia, quello che gli anglosassoni definiscono con grande efficacia women empowerment” ci rivela proprio che alla loro base c’è ancora un’idea di donne che debbano essere”incluse” in un mercato del lavoro e in un modello di società dove chi detta le regole sono ancora una volta solo e sempre gli uomini o quelle donne che ne hanno accettato il paradigma per poter essere facilmente “ incluse”.

“If you can imagine it, it becomes possible” e quindi se si è detto a Cernobbio, allora si farà!

*Isa Maggi, coordinatrice nazionale degli Stati Gneeralii delle Donne