di Linda Laura Sabbadini
Le madri che vivono sole con figli minori sono in crescita, e stanno molto peggio delle altre madri. Sono 900 mila e 1 milione 200 mila i bambini che vivono con loro. Perché non se ne parla? Sono ignorate dalle politiche. Non rappresentano una novità, ci sono sempre state. Ma in passato, agli inizi degli Anni 80, erano meno della metà di adesso, e fra loro, la percentuale di vedove era elevata, il 39,3%. In tempi ancora precedenti le vedove costituivano la quasi totalità, le madri nubili erano poche e sottoposte a un forte stigma sociale. Molto tempo è passato, e le madri sole sono aumentate e profondamente cambiate. Si tratta in maggioranza di donne separate o divorziate, solo il 7% è vedova. Le nubili, il 34,6% del totale, sono triplicate rispetto al 1983, probabilmente anche in conseguenza della crescita delle libere unioni e delle separazioni fra partner di convivenze. Ebbene, queste madri sono più in difficoltà delle altre. Nel 42% dei casi sono a rischio di povertà e di esclusione sociale.
Nel Mezzogiorno arrivano al 58%. Quasi il 12% è in povertà assoluta. Più della metà non può permettersi una settimana di vacanza, e dichiara di avere risorse scarse o insufficienti. La loro situazione durante la crisi è peggiorata, hanno perso più di 7 punti di tasso di occupazione, fra loro cresce il part time che coinvolge il 39% delle madri sole occupate, per la stragrande maggioranza un part time involontario. Guadagnano meno e lavorano meno, pur non volendolo. L’assenza del marito fa risparmiare loro quaranta minuti di lavoro domestico al giorno rispetto alle madri in coppia, ma il tempo risparmiato non si traduce in più tempo libero, ma in più lavoro extradomestico delle altre. Queste donne si ritrovano sole nel circuito della povertà e della deprivazione, con conseguenze di disgregazione identitaria che non riguardano solo loro, ma anche i minori.
Le separazioni, in passato più frequenti tra le famiglie di ceto medio-alto, tenderanno ad estendersi alle coppie di status sociale medio basso, anche nel Mezzogiorno, con minore reddito e maggiore probabilità di cadere in povertà. Sta nelle cose, è successo in tutti i Paesi. E così le madri sole in peggiori condizioni economiche sono destinate a crescere. Per questo bisogna attrezzarsi in tempo, non si può far esplodere un’altra emergenza sociale. Non possiamo permetterci l’ennesimo processo di rimozione collettiva. Non basta il supporto della famiglia di origine o della rete amicale.
C’è da chiedersi dove siano le infrastrutture sociali a supporto delle donne sole con bambini, dove le detrazioni, dove i contributi per coprire spese quotidiane. Ci si dirà che non ci sono i soldi per attivare queste politiche di solidarietà. E proprio questo non va. Non possiamo continuare a tagliare la spesa sociale, danneggiando la qualità della vita dei cittadini. Dobbiamo imparare a tagliare gli sprechi. Nessuna comunità può dirsi civile se abbandona a sé stessi i suoi membri più vulnerabili.
Pubblicato su La Stampa del 20/04/2018