L’iniziativa del convegno di pari o Dispare, alla sua seconda edizione, nasce dalla necessità di tenere viva l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla parità di genere come priorità strategica per l’Italia, stimolare la riflessione sull’adozione di strumenti innovativi e flessibili nei servizi di conciliazione, ribadire l’urgenza dell’occupazione femminile. Ed una riflessione importante si è sviluppata dopo l’intervento del Ministro Fornero che ha inquadrato la questione analizzandola attraverso i corsi del ciclo di vita delle donne.
Non vi è dubbio, ha affermato, che i primi semi della parità, vengano posti nel periodo dell’infanzia e si sviluppino nel periodo dell’adolescenza-formazione fino all’età adulta in cui la donna forma una famiglia, costruisce legami e partorisce figli. Solo dopo che quest’ultimi crescono, si può aprire un’altra fase in cui la donna riacquista l’indipendenza: subito dopo, nella maturità essa si avvicina velocemente alla fase dl pensionamento, diventa anziana e spesso accade che sia divorziata e in una condizione di debolezza.
Ma il ciclo di vita di una donna così com’è concepito è stato pensato in una funzione tipicamente maschile. Una visione in cui la donna non c’era o era assente, dove il marito ne faceva le veci in un’economia praticamente modellata su di lui come motore della famiglia e quindi della società.
Questo concetto di pertinenza maschile era valido soltanto quando l’uomo operava in un ciclo di lavoro continuativo nel tempo e nella retribuzione. Una caratteristica che oggi si è interrotta e la donna non è più solo moglie ma persona e il suo ruolo nella famiglia e nella società si è trasformato. In questo modello sociale che si è rotto rispetto al passato, i ruoli sono cambiati, ma la collocazione nel mondo del lavoro non ha ancora trovato risposte e soluzioni per affrontare questo nuovo dato e questa diversità.
I dati affermano che oggi, pur essendo le donne più istruite dei maschi hanno maggiore difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro. Esse si trovano davanti una curva piatta in cui non c’è spazio per il riconoscimento del merito all’interno delle professioni e una maggiore discontinuità del lavoro e del reddito che diventa, sempre più, una chimera.
Il modello sociale che si è spezzato, secondo quanto sostiene Fornero, sostituiva la mancanza di pari opportunità, mettendo in moto alcuni meccanismi riparatori e compensativi, offrendo alla donna alcuni ‘contentini’: la pensione anticipata, la pensione di reversibilità come se senza il marito la donna non potesse avere altri mezzi di sostentamento. “Occupati della famiglia e noi ci occupiamo di te“, quando sarai anziana
Oggi il modello si è rotto, cambia la competizione internazionale e siamo obbligati a ragionare in un quadro diverso: in una crisi come quella che oggi affronta il Paese la questione della partecipazione delle donne al mercato del lavoro non è più rinviabile. Per favorire la realizzazione di questo bisogna però anche tenere conto che il lavoro delle donne va incoraggiato attuando maggiori e più eque politiche di servizi di cura che, ha proseguito il Ministro, non possono ricadere interamente sulle donne.
Chi fa politica, ha sostenuto ancora Fornero, deve adottare delle misure, capire i rischi sociali, non aspettare l’evento negativo per agire con l’appoggio dei sussidi ma disegnare uno schema di redistribuzione dei rischi che sono: mancanza di un reddito, eventuale divorzio, una composizione familiare che muta, il rischio di povertà per donne anziane sole, la proprietà di una casa che può divenire un onere insostenibile, la mancanza di liquidità e la difficoltà del risparmio.
Sono rischi che non derivano dalla ‘natura’ ma dal modo in cui è fatta la società, dall’incapacità di gestire i pochi risparmi per mancanza di conoscenza finanziaria, che nelle donne è inferiore agli uomini. Altresì dalla longevità della donna che si trova senza mezzi di sostegno per più anni e sicuramente dalla sospensione dell’indicizzazione delle pensioni.
Ma il senso di una società cambia e subisce l’effetto della concorrenza internazionale: cambiano i rischi e le donne diventano più responsabili del benessere e del corso della loro vita.(attorno ai 30 anni è il periodo della maternità).
Negli altri paesi le lavoratrici fanno più figli perché sono aiutate dai servizi non più concepiti solo per le donne ma per uomo e donna, per fare i genitori senza conseguenze in termini di lavoro e di carriera. La riforma SalvaItalia, ha detto ancora il ministro, è sicuramente una riforma più dura per le donne che per gli uomini ma nel ridurre il divario di età pensionabile essa contiene un principio di equità a beneficio delle nuove generazioni. Il concetto di futuro non deve essere astratto ma prevede da subito interventi per dare speranze ai giovani che sono il futuro del paese.
La senatrice Maria Ida Germontani ha affermato la necessità di adeguarsi allo scenario che il Ministro ha posto e su cui dovranno orientarsi e muoversi i legislatori, orientare le iniziative e i provvedimenti. Ha ribadito la necessità di attivare meccanismi di maggiore educazione finanziaria, che è uno dei grandi problemi per l’accesso al credito.
A sua volta, la senatrice Rita Ghedini ha detto che molti sono gli equilibri da correggere. Fra quelli di maggiore interesse delle donne, ha sottolineato l’importanza di liberarle dal cappio, dal ricatto che la maternità assume nel mondo del lavoro con le procedure delle dimissioni in bianco. Deve essere riaffermata, garantendola, la libera scelta della maternità.
Ma anche le donne devono cambiare la loro “cassetta degli attrezzi“, sostiene la senatrice Cinzia Bonfrisco e bisogna mettere in moto nuove modalità e nuovi strumenti. Bisogna riguadagnare il tempo perduto, afferrare i cambiamenti derivati dalla crisi, percorrere altre strade perché cambia tutto il modello economico, non solo per le donne ma per tutti. La ricchezza deve esser distribuita diversamente, i servizi devono essere più moderni e rispondere alle esigenze di chi ne usufruisce. Bisogna trovare lo spazio per muovere e manovrare le leve per incidere nella vita delle persone.
Paolo Reboani, Amministratore Delegato Italia Lavoro, ha illustrato una sintesi dei risultati di uno studio che verrà presentato nella sua interezza prossimamente. I dati più rilevanti riguardano il tasso di occupazione femminile di almeno 20 punti sotto la Germania; una crescita di occupazione di 3 punti per le donne contro i 12 degli uomini.
I temi trattati dagli altri interventi hanno messo in rilievo l’importanza dei servizi e, ha sostenuto Anna Puccio, Direttore generale Gruppo Cooperativo CGM, la mancanza e la scarsa attenzione alle politiche sociali in cui l’Italia non ha investito. Un’interessante modalità di sostegno alla conciliazione, un welfare secondario e un’innovazione nel campo dei servizi, è stato illustrato da Graziella Gavezoti, Amministratore Delegato Edenred, che ha spiegato l’impiego dei ‘buoni di servizio’. Una formula di trasferimento di risorse, pubbliche o private, finalizzate ai beneficiari che li ricevono dai datori di lavoro e costituita da una rete di operatori rimborsati per ore di servizio nella trasparenza di tracciato e al servizio della clientela. Un ‘vaucher di conciliazione’ utilizzato dai lavoratori.
Perché non si parli di ‘fallimento del mercato’ è necessario ribadire che per il risanamento del Paese è oggi necessario riconoscere finalmente il contributo del lavoro femminile, valorizzando tutti i talenti. Il problema nasce in sostanza da una mancata presa d’atto dell’ ‘esistenza’ delle donne nel mondo del lavoro, in termini sociali, professionali e culturali.
Pari o Dispare afferma anche che con un ministro del Lavoro donna, due leader in Confindustria e nel maggiore sindacato italiano e con all’ordine del giorno la riforma del lavoro, si presenta un’occasione straordinaria per includere una reale prospettiva di genere nel nuovo ordinamento, modificando la situazione che vede l’Italia nelle ultime posizioni europee in termini di equiparazione.
lindro, 27 gennaio 2011