2024: Natale di guerra e di pace

da | Dic 17, 2024 | Editoriali

“L’#Avvento è un tempo di grazia per liberarci dalla presunzione di crederci autosufficienti, per andare a confessare i nostri peccati e accogliere il perdono di Dio, per chiedere scusa a chi abbiamo offeso” (Papa Francesco).

Ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire e il Mondo, o meglio coloro che ne determinano il destino, va avanti in controtendenza a queste parole.
L’esempio più evidente? Le guerre, messe in atto da egoismi e protagonismi di governi e poteri economici, che rappresentano in modo sempre più evidente la negazione del benessere e dello sviluppo umano, l’allargamento delle diseguaglianze e dell’emergenza umanitaria.

56 sono i conflitti armati riconosciuti nel mondo che mettono a rischio gli equilibri internazionali e la pace fra i popoli.
Non solo Israele, Palestina, Libano, Siria, Ucraina. Ma anche scontri di fazioni rivali, di crisi territoriali non trascurabili per la portata delle conseguenze sulle popolazioni civili. Situazioni solo apparentemente lontane ma che fanno temere il peggio anche per chi non ne è coinvolto temporalmente e direttamente.
Non è il numero dei morti che ne indica la gravità o il criterio di riferimento.

Le situazioni di crisi più evidenti, per approssimazione:
Ucraina: dall’invasione russa del 2022 si parla approssimativamente e per difetto di un milione di vittime su entrambi i fronti, tra morti e feriti.
Israele: strage di Hamas del 7 ottobre 2023 con la morte di più di 1.200 israeliani.
Gaza: la catastrofe umanitaria con oltre 45mila palestinesi, molti dei quali bambini, uccisi nei raid israeliani. Libano: più di 4mila morti e 16mila feriti in due mesi per il conflitto tra Israele e Hezbollah, esploso in seguito a quello a Gaza.
Siria: una situazione attualmente incerta per il defenestramento del regime di Assad ma che conta centinaia di morti e oltre 115mila sfollati per l’escalation di una guerra civile che perdura dal 2011.
Africa: un continente le cui popolazioni sono stremate da violenze e fame. Conflitti ignorati o dimenticati.
Sudan: 7.500 vittime per la guerra civile derivata da continui colpi di stato e di cui si calcola almeno quasi 7 milioni di sfollati in meno di due anni.
Sudamerica e Centroamerica: paesi in cui s’incrociano ripetuti conflitti interni per lo più legati alla criminalità organizzata.

Si segnalano poi crisi politiche e sociali anche all’interno di Paesi considerati  forti e non in situazioni di  belligeranza, ma è tutta un’altra faccenda.
D’altra parte,  in un mondo che tende alla globalizzazione che sviluppa altresì un incremento del fenomeno migratorio, è impossibile non considerarsi come un insieme.

Dunque come non cogliere in tutto questo contesto il monito del Papa di non crederci autosufficienti?
Chi, di coloro che hanno provocato e mantengono queste situazioni di abominio confesserà il proprio peccato o avrà mai il coraggio di chiedere perdono?
Ci saranno mai le scuse, drammaticamente tardive, ai perseguitati, ai morti, ai bambini privati di futuro, alle famiglie spezzate, alle solitudini delle sofferenze per le offese che sono state loro procurate?

Ma la pace è un’altra cosa. Non è solo quella che si ottiene fermando gli spari e le morti.
La pace a cui il Papa richiama, è quella dello spirito nella fraternità, ben più difficile da raggiungere, in guerra come in pace.
Intanto, sperando nel perdono, viviamo il Natale e le tradizioni eterne che ci rimanda.